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Elezioni, vincono le sardine

E quindi queste tre elezioni alla fine ci sono state. Dopo tanto attendere e dopo una campagna elettorale dai toni pesanti siamo arrivati ai verdetti. In Calabria la tradizione che vede l’opposizione vincente è stata rispettata. Da quando esistono le elezioni regionali nessuna coalizione è stata capace di farsi rieleggere.

Il PD e il M5S erano evidentemente così convinti che questo sarebbe successo che si sono dedicati a quello che sanno fare meglio; le faide interne. I due candidati nominati quasi fuori tempo massimo erano l’immagine della situazione, due persone capaci di far calare l’entusiasmo anche ad un clown.

Per quanto riguarda le altre due elezioni svoltesi in Emilia Romagna il 51,4% degli elettori ha deciso di confermare Stefano Bonaccini alla Presidenza della Regione mentre il 46,6% ha candidato Matteo Salvini alla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Della senatrice Lucia Borgonzoni si segnalano alcune comparsate dopo la conferenza stampa di presentazione della sua candidatura durante la quale, tra le altre cose, non seppe dire quali sono le regioni che confinano con l’Emilia Romagna.

Non è una novità che si voti per qualcosa pensando ad un’altra. A Mattei invertiti in questo Paese siamo riusciti a votare una possibile riforma elettorale con il quesito subliminale “pro o contro Renzi”. Sta di fatto che aver voluto trasformare un’elezione regionale in un mandato a governare l’intero Paese non sembra aver giovato all’intraprendente padano.

La domanda a questo punto sorge spontanea: Chi ha vinto? La risposta mai come in questa occasione è abbastanza semplice: hanno vinto le Sardine. Il 30% di votanti in più delle ultime elezioni è dovuto in gran parte all’azione di questo movimento. Nicola Zingaretti, che stupido non è, l’ha capito immediatamente ed altrettanto prontamente l’ha riconosciuto a reti unificate. Mettere subito in chiaro che riconosceva loro il merito della vittoria è un modo molto elegante di tentare di mettere il cappello PD sulla testa del povero Mattia Santori che dalla prima comparsa sulla scena politica ha il problema proprio di tenersi lontano dai democratici.

Vince sicuramente Giuseppe Conte che aveva deciso di disertare il meeting di Davos dopo aver letto sondaggi tutt’altro che rassicuranti e che ora si trova nella stessa situazione del governo precedente con i due maggiori partiti che hanno uno scambio di consistenza elettorale ma con il M5S che ora più che mai vede la caduta del governo come l’entrata nel tunnel senza fine dell’estinzione politica. Ergo, a meno che impazziscano tutti si terranno ben seduti sulle rispettive poltrone.

Vince Nicola Zingaretti che vede il suo peso politico all’interno della maggioranza aumentare con l’occasione più unica che rara di farlo pesare per effettuare quella famigerata discontinuità con il Conte 1 di cui nessuna traccia si è avuta fino ad ora. Ammesso che ne sia capace cosa ancora tutta da dimostrare.

Vince Giorgia Meloni che in Emilia Romagna raccatta la non trascurabile cifra di 184.000 voti contro i 23.000 del 2014. Anche in questo caso abbiamo un riposizionamento all’interno della coalizione di destra. Se prima la scalmanata leader identitaria era un po la ruota di scorta della ruspa salviniana, le elezioni regionali sia in Emilia Romagna che in Calabria la collocano su un piedistallo ben più alto proiettandola ben oltre il 10% su scala nazionale. Matteo Salvini da brava faina della politica è da tempo che ha annusato il pericolo e sta cercando di parare il colpo proponendo alla Meloni la candidatura a sindaco di Roma. Ma nel nostro Parlamento le faine non mancano di certo e l’interessata ha già fatto sapere che lei punta a salire la scalinata del Viminale in un prossimo possibile governo Salvini.

A perdere è sicuramente Matteo Salvini che ha puntato tutto sulla discesa trionfante della via Emilia verso Roma per dare una spallata al governo e che si è dovuto fermare non lontano dal Papeete e da quel Bibiano che ha votato massicciamente per il PD. Già dalle prime dichiarazioni a risultati acquisiti Salvini ha abbassato notevolmente i toni cercando di far valere il ragionamento che mai negli ultimi 50 anni l’opposizione al PD era salita sopra il 40%. Ragionamento da Prima Repubblica a dir poco, un goffo arrampicarsi sugli specchi che fa trasparire tutta la sua delusione. Cosa farà adesso l’uomo che ha perso il biglietto della lotteria? E’ presto per dirlo ma una cosa è certa più passano i mesi più si assottiglia l’elenco degli argomenti a suo favore. Ma l’uomo è un combattente e certamente saprà trovare qualche altro cavallo di battaglia politica.

Perde Matteo Renzi che, nella previsione di una sconfitta di Bonaccini, si è tenuto alla larga da tortellini e lambrusco e che ora sembra sia rimasto isolato a fare i conti con un PD più in sangue ed un’Italia Viva che sembra al più sopravvivere nonostante le spavalde dichiarazioni di Maria Elena Boschi che si è detta non preoccupata della proposta di sbarramento al 5% nella prossima ennesima riforma elettorale. Per ora i famosi sondaggi li danno tra il 4 ed il 5% in una fase di stagnazione che non giova ad un personaggio come il senatore toscano che ha bisogno di visibilità e iniziativa per dare il meglio (o il peggio dipende di punti di vista) di se.

Perde il M5S che in Emilia Romagna è nato con l’intento di cancellare il PD dalla faccia politica del Paese e che si ritrova a rappresentare una componente testimoniale del vaffa che fu. I motivi sono sotto gli occhi di tutti. Le giravolte politiche e programmatiche, l’imborghesimento della sua mediocre classe politica, gli errori tattici e strategici, le troppe e troppo grandi differenza tra le varie anime del movimento hanno portato alla disfatta totale. E adesso? Rimanere incollati alle poltrone del governo come se non ci fosse un domani che in effetti, alla luce delle ultime tornate elettorali, non sembra proprio esserci.

Perde, infine, tutto ciò che sta a sinistra del PD. Il Partito Comunista allo 0,4%, Potere al Popolo allo 0,3% stesso risultato di una terza lista di sinistra non lasciano margini ai dubbi: la sinistra radicale non esiste. Non esiste nel territorio, e non esiste nelle urne. Qui una riflessione profonda e definitiva sarebbe indispensabile ma conosco i miei polli….

Per ultimo bisogna dire che vincono gli elettori. Quelli che sono andati a votare e quelli che si sono astenuti perché anche l’astensione è una opzione politica praticabile e legittima. Per la maggioranza hanno prevalso la buona amministrazione regionale e la scarsa credibilità dell’alternativa salviniana. Per una grossa fetta di elettorato il malessere per le tante contraddizioni e le tante criticità del momento sono state sufficienti per puntare su un cambio di proporzioni storiche. Di questi elettori Bonaccini dovrà tenere conto se non vorrà continuare a commettere gli errori che hanno portato la sinistra nel suo complesso ad essere minoranza nel Paese.

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