Mondo

GUERRA Cosa cerca la Germania in Russia. Tutte le minoranze che portano al conflitto. Che intelligence

Uno dei più saggi detti popolari recita “meglio prevenire che curare”, vale anche per la guerra? Dovrebbe certamente essere valido anche quando si affronta un argomento delicato come quello dei conflitti internazionali. Molte volte, riferendoci in maniera particolare alla crisi russia ucraina, si è parlato di accordi non rispettati e di occasioni perse per evitare che la situazione degenerasse. Vale quindi la pena mettere sotto la lente di osservazione una situazione particolarmente delicata che è già fonte di preoccupazioni, specialmente dopo la dichiarazione dell’ex e probabile futuro presidente americano Donald Trump, quella che riguarda la minoranza russofona nelle repubbliche baltiche ed in particolare in Estonia. 

Secondo l’ufficio statistico estone, 1.451.489 sono gli abitanti dello stato estone ma solo il 63,5 per cento si possono considerare etnicamente estoni. Degli altri il 28,2% pari a 409.111 sono di origine russa. La minoranza russa, quindi, costituisce l’80% di tutti i residenti non estoni. Tutto questo si deve per lo più all’immigrazione dalla Russia nel periodo di appartenenza dell’Estonia all’Unione Sovietica. All’atto dell’indipendenza nel 1991, l’Estonia riprese la denominazione precedente l’annessione all’URSS del giugno 1940 in conseguenza del patto Molotov Ribbentrop. In conseguenza di questa restaurazione sono state promulgate le leggi del 1992 e del 1995 basate sulle norme dello ius sanguinis e della naturalizzazione. In base a queste due leggi nel 1992 in Estonia quasi mezzo milione di immigrati dall’Unione Sovietica non fu riconosciuto come cittadino estone. L’Estonia, quindi, ha adottato una linea dura nei confronti dei russi non concedendo, di fatto, loro la cittadinanza nel momento della transizione dall’Unione sovietica all’indipendenza (eccezion fatta per i russi residenti nel Paese già da prima del 1940, anno dell’occupazione sovietica).

Quello che abbiamo appena descritto è esattamente lo scenario che si è visto in Ucraina dopo il colpo di stato del 2014 con la minoranza russofona. La vicinanza alla Russia (basti pensare che San Pietroburgo si trova molto più vicina a Tallinn che non a Mosca), le rilevanti minoranze russe e la storia di questa area, hanno portato a pensare all’eventualità che la prossima Crimea si trovi proprio in una delle tre repubbliche baltiche.

Con un articolo il cui titolo non lascia dubbi sul futuro prossimo venturo: “Documento segreto esclusivo: possibile escalation contro la NATO già nel 2024. La Bundeswehr (forze armate tedesche) si prepara a un conflitto armato contro la Russia”, il giornale Bild del 16 gennaio 2024 ha delineato il calendario del prossimo conflitto Russia-NATO. E lo ha fatto partendo proprio dall’analisi della situazione sul confine tra Russia e repubbliche baltiche con al centro, in particolare, la gestione del corridoio Suwalki, che attraversa Polonia e Lituania e collega la Bielorussia a Kaliningrad, l’enclave russa. La Lituania ha, infatti, isolato l’exclave di Kaliningrad bloccando il corridoio. Quest’area, come ad esempio Gibilterra (enclave britannica in Spagna) o Melilla (enclave spagnola in Marocco), non è autonoma e si regge sui commerci con i Paesi circostanti. Con le sanzioni imposte in risposta all’invasione dell’Ucraina, si sono interrotti i rapporti commerciali con i Paesi UE riducendo i rifornimenti al solo mezzo rimasto attivo cioè il condotto ferroviario che la unisce alla Russia attraverso parte della Lituania oggetto di accordi stipulati con la presidenza Eltsin nel 2002 e nel 2004. La chiusura del corridoio Suwalki che impedisca alla Russia di portare rifornimenti alla propria enclave può significare la condanna a morte di un milione di abitanti. Questo sarebbe il pretesto per un’azione militare russa contro i paesi baltici che farebbe scattare l’applicazione dell’articolo 5 della NATO secondo il quale tutti i Paesi membri sono obbligati a soccorrere lo stato attaccato da forze esterne.

E’ uno scenario drammatico che la comunità internazionale sembra aver accettato come possibile senza che scatti una reazione o una seria iniziativa per impedire l’escalation. Non si è così ingenui da pensare che basti tutelare i diritti delle minoranze russe in quella parte di Europa per scongiurare una guerra che ha interessi e ragioni che vanno ben al di là di semplici questioni locali. Ma se nessuno si pone il problema di fare la cosa giusta (e la tutela dei diritti delle minoranze ovunque nel mondo è comunque una cosa giusta) perché meravigliarsi quando questi fatti vengono presi a pretesto per nuove guerre?


Questo giornale vive di donazioni. Ecco come fare per offrire nuova linfa all’informazione indipendente

Puoi effettuare una donazione una tantum, mensile o annuale, utilizzando PayPal.

Condividi