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Hanno ucciso Sherlock Holmes

Scende la nebbia sulla Manica, il Continente è isolato. E questa volta non possiamo nemmeno dire “c’eravamo tanto amati” perché, diciamocelo sinceramente a noi quelli lì ci sono stati sempre un po sulle scatole. Ricambiati con altrettanta solerte alterigia. Sarà un addio al rallentatore, un percorso ad ostacoli che il 31 gennaio più che la fine è l’inizio di una lunga trattativa che dovrà trovare soluzione a diversi nodi. Dalla questione irlandese ai diritti di pesca nel Canale della Manica, dall’anomalia di Gibilterra ai regolamenti doganali per merci e persone le partite aperte sono tante e tutte complicate.

Per ora c’è una strana sensazione di perdita e di sollievo al tempo stesso. L’argomento Brexit aveva inflazionato il dibattito politico a livello internazionale fino a farci tirare un sospiro di sollievo quando la union jack è stata tolta dalla fila delle bandiere dei Paesi membri all’ingresso del Parlamento Europeo.

Un’immagine malinconica e un po’ triste quella dei due addetti che portano via la bandiera britannica. Adesso UE e GB devono imparare a fare a meno l’una dell’altra. In Gran Bretagna avranno non pochi problemi a dover far digerire a chi ha votato a favore dell’uscita che i cinquanta miliardi di risparmi annui che sarebbero andati a potenziare il traballante sistema sanitario britannico (cavallo di battaglia di Nigel Paul Farage) sono nella realtà non più di 15 e solo in piccola parte andrà a favore di ospedali e centri medici.

La campagna referendaria d’altra parte è stata infestata da una serie imbarazzante di fake news. Dovranno spiegare ai gallesi che i fondi sociali europei che hanno tenuto in piedi la loro economia negli ultimi anni non saranno sostituiti da altrettanti fondi statali. I soldi serviranno a pagare i costi dell’uscita che saranno pari a quanto pagato in contributi dall’inizio dell’adesione.

Dovranno convincere la Scozia a deporre l’arma del referendum indipendentista che questa volta, con la prospettiva di un pronto rientro nella Ue, sarebbe vinto largamente dal partito di Nicola Sturgeon che non ha atteso un minuto per dissotterrare l’ascia di guerra contro gli odiati inglesi.

Dovranno trovare una soluzione al confine tra l’Irlanda del Nord e la Repubblica di Irlanda prima che qualcuno possa riprendere le vecchie abitudini bombarole. C’è di che lavorare per Alexander Boris de Pfeffel Johnson che adesso si gode il suo momento di trionfo ma prima o poi dovrà pagare il conto di una decisione che per ora presenta più rischi che certezze.

Da parte sua la UE dovrà contenere le richieste britanniche al fine di non trovarsi un partner commerciale che ottenga agevolazioni in cambio di pochi obblighi. Se, come sembra, Donald Trump fosse rieletto la Gran Bretagna si troverebbe ad avere dall’altra parte dell’Atlantico un partner pronto a farle ponti d’oro pur di indebolire l’Unione Europea. Vantaggio non da poco viste le mirabolanti promesse fatte dallo scapigliato presidente Yankee.

Fin qui gli aspetti economici. Resta da vedere come si svilupperanno le relazioni sul piano colturale e umano. Il numero di cittadino Ue presenti stabilmente in Gb è così elevato da non poter essere ignorato l’impatto sia burocratico che psicologico che questa nuova situazione avrà su di loro. Fino a nuove normative specifiche che auspicabilmente verranno avviate, i cittadini Eu non avranno neanche lo status riservato a quelli del Commonwealth.

Dovranno, per esempio, essere riviste le norme che consentono la riunificazione sotto uno stesso regime dei contributi previdenziali pagati in diversi Paesi problema non da poco per chi ha lavorato, pagando regolarmente i contributi, sia in GB che in uno dei Paesi UE. Insomma c’è da lavorare e tanto.

Rimane il rammarico di non aver saputo costruire un’Unione che fosse davvero attrattiva per i popoli oltre che per la politica. Al netto dell’approccio aridamente mercantile che la Gb ha sempre avuto, il fatto che solo nell’area metropolitana di Londra ci sia stata una netta prevalenza per il remain dice tante cose.

Innanzi tutto che solo la componente della società britannica attrezzata culturalmente era riuscita ad andare oltre le mere considerazioni economiche e di politica spicciola vedendo il valore strategico e lungimirante di una Europa unita e pienamente consapevole delle proprie potenzialità.

In secondo luogo quanto, su queste questioni di principio, abbiano inciso l’insicurezza economica e la precarietà dello strato più povero della popolazione. Sul fuoco di queste paure hanno soffiato i fautori dell’uscita mentre l’incerto leader laburista Jeremy Bernard Corbyn non è riuscito ad apporre argomenti che andassero oltre la contingenza economica. Non è riuscito a contrastare le informazioni false e distorte propinate a man bassa da Farage e compagni facendosi, si è fatto prendere, anzi, dalla paura di perdere consensi nelle aree operaie del Paese. L’opposto esatto di quanto dovrebbe fare un vero leader politico.

L’unico aspetto positivo in tutta questa vicenda sta nel fatto che da quando è iniziata la diatriba per l’uscita dalla Ue della GB i nazionalisti di altri Paesi hanno smesso di parlare della possibile uscita anche per i loro Paesi. I costi e le difficoltà che sono emerse in questi lunghi e faticosi tre anni di trattative e quelli che si prospettano da adesso in avanti hanno fatto abbassare i toni indipendentisti di molti leader europei a cominciare dai nostri sovranisti. Se la Gb con la sua Sterlina e lo Zio Tom pronto all’abbraccio fraterno si può permettere questa decisione altrettanto non si può dire per Paesi come l’Italia che oltre all’uscita dalla Ue si troverebbe a tornare alla ben più traballante Lira.

Non risulta che David William Donald Cameron abbia scritto una sua autobiografia. Nel caso sarebbe interessante leggere come spiega l’assurda decisione di legare il proprio destino politico e quello del Paese e dell’Europa intera ad un referendum che solo lui e i suoi consiglieri pensavano che avrebbero vinto senza grandi sforzi. Un errore di valutazione che peserà comunque sulle vite di milioni di persone e sul futuro di un intero continente. Perché una cosa è certa, nulla sarà più come prima.

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