Qualche anno fa durante un incontro con un gruppo di studenti in un liceo di Ciampino mi divertii a proporre loro una serie di frasi estrapolate dalla Bibbia e da autorevoli intellettuali cattolici. Erano frasi di una violenza e di una misoginia vergognose. Chiesi agli studenti e alle studentesse presenti da quale testo avevo preso quelle frasi. La risposta fu unanime “dal Corano”.
Il gioco di estrapolare frasi da testi e discorsi è vecchio quanto la storia della comunicazione. Lo si può fare a fin di bene, come nel mio caso, per scardinare preconcetti o lo si può usare, a mio avviso, molto ingenuamente, per becera lotta politica.
Alla signora Meloni qualcuno dovrebbe ricordare due cose. La prima è che lei non è più all’opposizione, la seconda è che riveste il ruolo di presidente del consiglio di un importante Paese europeo, un dato di realtà che sembra dimenticare troppo spesso.
Se avesse avuto l’intelligenza, la cultura e la sensibilità politica di contestualizzare il contenuto del Manifesto si sarebbe ricordata che fu scritto nel 1941 in un contesto, quello della “vacanza” (Berlusconi dixit) a Ventotene degli oppositori al regime fascista, che non può non aver condizionato, per momento storico e per condizioni ambientali, lo stile narrativo.
In tal caso si sarebbe ricordata che Spinelli è considerato in tutto il continente il padre dell’Europa Unita che abbiamo oggi. Senza Altiero Spinelli, Ernesto Rossi e Eugenio Colorni e senza quel Manifesto non avremmo l’Europa che è riuscita a conservare la pace (almeno all’interno dell’Unione) per oltre 80 anni, prima volta nella storia.
E se avesse avuto l’onestà intellettuale di citare più compiutamente il pensiero di Spinelli avrebbe potuto leggere, nella sintesi propinata al Parlamento e al popolo di questo Paese, parole che criticano aspramente anche la dittatura sovietica, facendo dell’autore un anticipatore delle posizioni critiche che portarono all’allontanamento del PCI dalla sfera di influenza sovietica molti decenni più tardi.
Dovremmo ringraziare Giorgia Meloni per questo suo scellerato intervento anziché criticarla. In pochi minuti, ha finalmente gettato la maschera. Adesso è ancor più palese quanto finora alcuni volevano negare: l’impossibilità, la mancanza di volontà, la mancanza di forza e lucidità politica di allontanarsi dalle sue radici fasciste. Ieri è stato evidente, come non mai dall’inizio di questa nefasta avventura governativa.
Se Giorgia Meloni, o chi per lei (Fazolari, Donzelli, Arianna Meloni?), pensavano di dare una spallata alle radici democratiche e antifasciste di questo Paese hanno sbagliato i conti. Dal Parlamento della Repubblica nata dalla resistenza è uscita una Presidente del consiglio più debole, il re è nudo più che mai.