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Il risultato perfetto del calcio? 0 a 0!

Lo ha detto Paolo Casarin lo scorso martedì 13 ottobre, intervenendo all’incontro organizzato con i partecipanti al corso di Match-Analysis in svolgimento a Roma, in un’aula dell’Università di Tor Vergata presso la facoltà di Medicina. Presenti all’interessante chiacchierata pure Stefano D’Ottavio, docente di Teoria, tecnica e didattica degli sport individuali e di squadra e Gianvito Piglionica, allenatore professionista e responsabile del corso dei Video-Analisti. Casarin ha ripercorso con occhio critico le tappe della storia del calcio, da un angolo di osservazione differente dal solito: lo sviluppo di un gioco che fin da subito, dai tempi di Scozia-Inghilterra del 30 novembre 1872 (terminata 0 a 0) prima partita ufficiale tra due Nazionali di calcio, è stato capace di portare dietro a sé migliaia di spettatori. In pieno tempo di Rivoluzione Industriale, era già diventato lo svago preferito dopo la dura settimana di lavoro e sarebbe ben presto stato business.

Paolo Casarin nasce a Venezia il 12 maggio 1940. Appartiene alla sezione AIA di Milano, per questo si definisce un milanese che ama la città di Roma: per effetto delle sue esperienze, non solo da arbitro. Il 23 maggio 1971 fa il suo debutto in Serie A dirigendo Bologna-Torino, conclusasi con la vittoria dei padroni di casa per 1 a 0. A livello internazionale arbitra Francia-Cecoslovacchia (1-1) e Germania Ovest-Spagna (2-1) nel Mondiale iberico del 1982, quello dell’Italia di Pertini che torna a casa in aereo con il trofeo più ambito del mondo. Poi la finale di Coppa delle Coppe 1984-85 (Everton-Rapid Vienna 3-1) e Olanda-Inghilterra (3-1) valida per gli Europei del 1988. Nel suo album dei ricordi anche le semifinali di Coppa Uefa 1983-84 (Tottenham-Hajduk) e Coppa dei Campioni 1985-86 (Barcellona-Göteborg).

In Italia tante direzioni di prestigio, ma anche qualche sospensione per aver parlato troppo, fuori dal campo. Poi, come un fulmine a ciel sereno, il racconto di Cremonese-Juventus terminata 3 a 3 nel gennaio ‘96. Ma perché ricordare quella partita ricca di gol, che tanto non piace a Paolo Casarin? Perché Stefano D’Ottavio a un certo punto, interrompendo l’ex-arbitro e designatore, dice ai corsisti che il recupero l’ha inventato proprio Casarin. Le solite polemiche su una Juve (con Lippi in panchina e Conte in campo) che non deve perdere mai, con l’arbitro di turno compiacente (in quell’occasione si trattava di Stafoggia) fino a che convenga alla squadra più blasonata (e chiacchierata) d’Italia, portano infatti all’intuizione di Casarin di trovare una soluzione al problema, visto che al 90° nessuno può ancora immaginare cosa abbia in mente il direttore di gara, pensando al recupero di quel tempo. E dopo giorni e giorni trascorsi a discutere, si comincia ad indicare il recupero.

Ma torniamo a Casarin arbitro. È il 4 aprile del 1982: una domenica di calcio. Tutta la Serie A si consuma soltanto al primo pomeriggio. È anche la domenica di Paolo Valenti e delle prime immagini di un campionato che si può soltanto ascoltare alle radioline. Tutti insieme, appassionatamente. Il servizio da Firenze, montato subito dopo la gara nel camper con l’antenna poco fuori lo stadio, è del solito inviato, il “toscanaccio” Marcello Giannini ma c’è pure Gian Piero Galeazzi, richiamato a bordocampo per le interviste della gara più importante del giorno di riposo italiano. Fiorentina e Juventus lottano per i due punti (non ancora tre) e per lo scudetto finale. Sono gli anni dei nuovi stranieri e delle prime sponsorizzazioni sulle maglie. J.D. Farrows sopra il giglio viola di colore rosso, la scritta Ariston a spezzare invece il bianconero verticale. Dirige, appunto, Paolo Casarin di Venezia che però viene da Milano.

Comincia dunque la partita più attesa della giornata e, forse, del campionato. La Viola di capitan Antognoni, che non sa ancora di vincere un Mondiale da protagonista, parte forte ma “Ciccio” Graziani spara alto da ottima posizione e la sfera raggiunge la curva. Zoff salva sulla linea, come farà il prossimo giugno in Spagna contro il Brasile, mentre Antognoni stende il suo compagno Bertoni con una zuccata involontaria. Si riprende a giocare, ora il capitano ha anche lui la fascia in testa. L’irlandese Brady ci prova con destro e sinistro, ma non va. Lo fanno pure il sardo Virdis e l’argentino Bertoni. Nella ripresa la Fiorentina ci prova ma la Juve è sorniona, come ricorda Giannini. Nel frattempo il gigante Galeazzi fa quello che vuole a bordocampo e va in panchina da De Sisti per un’intervista che oggi non sarebbe possibile. Picchio è ottimista e lo dice, ma finisce 0 a 0 e il Trap ottiene il punto che vuole. Ma – lo scopriamo solo oggi – il più soddisfatto di tutti è proprio Paolo Casarin. Nessuno poteva immaginarlo allora. Ce lo ha detto lo scorso martedì, nel primo pomeriggio in un’aula dell’Università di Tor Vergata a Roma, proprio nello stesso orario in cui per ben 200 volte ha ordinato l’inizio di una partita del campionato italiano. Tornando a parlare come fa spesso, ma senza il fischietto in bocca: «Date retta a me, il calcio vero è lo zero a zero».

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