Diritti, Mondo

Inviati di guerra, l’allarme del Comitato per la Protezione dei Giornalisti

La guerra Israele-Gaza è entrata in una nuova fase con bombardamenti e operazioni di terra intensificati da parte delle forze israeliane. Il Cpj è fortemente allarmato dalle diffuse notizie di un blackout delle comunicazioni a Gaza. Mentre gli uffici stampa perdono i contatti con le loro troupe e giornalisti a Gaza, che testimoniano in modo indipendente per fornire informazioni sugli sviluppi e sul costo umano di questa guerra, il mondo sta perdendo una finestra sulla realtà di tutte le parti coinvolte in questo conflitto.
Nelle ultime tre settimane, il CPJ ha documentato il periodo più mortale per i giornalisti che si occupavano del conflitto da quando il CPJ ha iniziato a monitorare i fatti nel 1992. Dal 7 al 27 ottobre 2023, almeno 29 giornalisti sono stati tra gli oltre 8.000 morti di entrambe le parti dall’inizio della guerra. Questo bilancio mortale si aggiunge a molestie, detenzioni e altri ostacoli alle segnalazioni che includono la Cisgiordania e Israele. Poiché la capacità dei giornalisti di raccogliere notizie e ottenere resoconti di testimoni è diventata sempre più limitata, la capacità del pubblico di conoscere e comprendere ciò che sta accadendo in questo conflitto è gravemente compromessa, con probabili ramificazioni in tutto il mondo.

Un blackout delle comunicazioni è un blackout delle notizie. Ciò può portare a gravi conseguenze con un vuoto informativo indipendente e fattuale che può essere riempito con propaganda mortale, disinformazione e disinformazione. Il CPJ è consapevole che molti giornalisti rimangono sul campo a Gaza e che molti giornalisti internazionali si sono riversati in Israele per coprire la guerra. Ricordiamo a tutte le fazioni in guerra – anche al di fuori dei confini internazionalmente riconosciuti di Israele – che i giornalisti sono civili e devono essere rispettati e protetti da tutte le parti in guerra in conformità con il diritto umanitario internazionale. Prendere di mira deliberatamente i giornalisti o le infrastrutture dei media costituisce un possibile crimine di guerra.

In quest’ora buia, siamo al fianco dei giornalisti, di quei cercatori di verità il cui lavoro quotidiano ci tiene informati su fatti che fanno luce sulla condizione umana e aiutano a chiedere conto al potere.

Nella prima foto Ahmed Abu Hussein. Era stato ferito all’addome da un colpo sparato da un cecchino israeliano mentre per conto della radio “Voce del Popolo” seguiva le manifestazioni della Grande Marcia del Ritorno. Segue l’uccisione di Yasser Murtaja dell’agenzia el Ein

Nella seconda foto (in pagina a sinistra) Mohammad Salhi: è stato ucciso da un proiettile dell’esercito israeliano mentre seguiva gli eventi al confine a est di al-Bureij, nel centro della Striscia di Gaza

Condividi