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Islam sacrificato al carnevale

tahirFra qualche giorno ricorre la festa dell’Aid, detta festa del sacrificio, ossia della strage di milioni di montoni. Sacrificio che si crede islamico e invece non ha nulla di islamico. Sacrificio che i musulmani credono essere la continuazione di una sunna di Abramo ma che il profeta Mohamed aveva invece interrotto in quanto abitudine pre islamica. L’ha interrotta sacrificando sì un montone, ma dicendo: “questo è per la mia umma”, cioè per i musulmani presenti e quelli a venire, con un gesto che voleva essere quello della fine di una pratica. E quando venne da lui un uomo dicendo che non trovava un animale da sacrificare Mohamed gli disse: “tagliati i capelli e le unghie e depilati nelle parti intime, quello è il vero sacrificio”. D’altronde il Corano è chiaro: “Dio non se ne fa nulla delle carni e del sangue (degli animali che sacrificate)” (Hajj.37).

I compagni del Profeta avevano capito il messaggio e nessuno di loro celebrava l’aid sacrificando animali. In vari paesi africani (Senegal, Burkina Faso, Mali, Niger, Costa d’Avorio, Camerun…), l’Aid è chiamato “Tabaski“, da una parola berbera “Tafaska“, che deriva probabilmente dall’aramaico “Pascha” o dall’ebraico “Pesach”, cioè pasqua, perché questa festa “Tafaska” era una specie di carnevale di primavera, con maschere e sacrifici di animali le cui carni venivano equamente divise fra gli abitanti dei villaggi. Maschere che sopravvivono ancora nell’Atlante marocchino con Bouyelmawen, Herrma e Tamachoute (il capro e la scimmia).

In Nord Africa, l’Aid el Adha viene vissuto come un carnevale con tanto di arene da combattimento fra animali (combattimenti vietati nel modo più assoluto dall’Islam), spettatori e scommesse. Ormai è l’Islam che viene vissuto come un carnevale sociale e politico, con, a volte, derive macabre.

Tahar Lamri

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