Ambiente

ITALIA LIBERA La Puglia proibisce per tre anni la pesca dei ricci, crescono le scorribande pugliesi lungo le coste laziali

Brutte notizie per i ricci del mare laziale. Negli ultimi anni, infatti, le cronache hanno segnalato numerosi casi di pescatori abusivi, provenienti soprattutto dalla Puglia e dalla Sicilia, sorpresi e multati dalla Guardia di finanza e dalla Guardia costiera di Civitavecchia con decine di migliaia di ricci  prelevati illegalmente (il massimo sono 50 ricci a persona) nel mare di Civitavecchia e S. Marinella. 

Oggi c’è il fondato rischio che questi predoni del nostro mare aumentino. Infatti, per salvare i suoi ricci, nel 2023 la Regione Puglia ha emanato una legge, vietando, per il suo mare territoriale e per tre anni, «il prelievo, la raccolta, la detenzione, il trasporto, lo sbarco e la commercializzazione degli esemplari di riccio di mare (Paracentrotus lividus) e dei relativi prodotti derivati freschi», consentendo, in questo periodo, la commercializzazione solo di ricci provenienti da altri mari; precisando espressamente che l’intervento è motivato dai «massicci prelievi» di ricci effettuati nelle aree prospicienti la costa pugliese, ed evidenziando il rilievo di simile risorsa nell’ambito delle tradizioni locali, amplificato dal suo impiego ai fini del turismo.

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Pochi giorni fa la Corte costituzionale ha dichiarato questa legge pienamente (a parte un minimo rilievo formale) legittima, anzi necessaria per assicurare, in conformità al dettato comunitario, che «lo sfruttamento delle risorse biologiche marine vive ricostituisca e mantenga le popolazioni delle specie pescate al di sopra di livelli in grado di produrre il rendimento massimo sostenibile»; escludendo, peraltro, un’invasione delle competenze statali in quanto si tratta di disposizioni che, «in materia di pesca, producono l’effetto di elevare, in relazione a specifiche esigenze del territorio, il livello di tutela ambientale».

E pertanto, a questo punto, è prevedibile un massiccio aumento delle scorribande dei predoni pugliesi nel nostro mare per rifornirsi di ricci che non possono più pescare nel loro, con il rischio di una rapida estinzione dei frutti di mare. L’unica buona notizia è che la legge regionale, per la commercializzazione in Puglia, richiede che la loro provenienza da altri mari sia garantita «con certificazioni e tracciabilità secondo legge». La speranza, quindi, è in una intensificazione immediata dei controlli su queste certificazioni, purtroppo facilmente falsificabili.

Gianfranco Amendola

Dal 1967 Pretore a Roma, inizia ad occuparsi di normativa ambientale dal 1970. Dal 1989 al 1994 parlamentare europeo, vice presidente della commissione per la protezione dell’ambiente. Dal 2000 al 2008 Procuratore aggiunto a Roma con delega ai reati ambientali, poi Procuratore della Repubblica a Civitavecchia fino al pensionamento (2015). Ha ricoperto numerosi incarichi pubblici partecipando a tutte le vicende che hanno visto nascere ed affermarsi il diritto dell’ambiente in Italia. Ha insegnato diritto penale dell’ambiente in varie Università scrivendo una ventina di libri fra cui “In nome del popolo inquinato” (7 edizioni). Attualmente fa parte del comitato scientifico dell’Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare ed è docente di diritto penale ambientale presso le Università “La Sapienza” e Torvergata di Roma.

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