Israele ha giurato di vendicarsi dopo che l’Iran ha lanciato circa dueceto missili balistici contro lo stato ebraico martedì sera alla vigilia di Rosh Hashanah, il capodanno ebraico. L’attacco iraniano è seguito all’uccisione da parte di Israele di Hassan Nasrallah, leader del gruppo militante Hezbollah sostenuto dall’Iran, nonché di un vice del Corpo delle guardie rivoluzionarie islamiche.
Sono stati visti proiettili muoversi sopra Amman, in Giordania, verso Israele, mentre a tutti i residenti israeliani era stato ordinato di rimanere nei rifugi antiaerei.
Il consigliere per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti Jake Sullivan ha detto che l’attacco ha segnato una “significativa escalation”. Ha aggiunto: “Abbiamo chiarito che ci saranno conseguenze, gravi conseguenze, per questo attacco e lavoreremo con Israele per far sì che ciò accada”. Il portavoce del Pentagono, il maggiore generale Patrick Ryder, ha detto che “due cacciatorpediniere della Marina degli Stati Uniti, l’USS Cole e l’USS Bulkeley, hanno lanciato circa una dozzina di intercettori in stretto coordinamento con le forze israeliane”.
Giovani palestinesi ispezionano un proiettile caduto dopo che l’Iran ha lanciato una raffica di missili contro Israele in risposta all’uccisione del leader libanese di Hezbollah Nasrallah e di altri militanti sostenuti dall’Iran, a Ramallah, nella Cisgiordania occupata, il 1° ottobre 2024. (Getty Images)
Il presidente iraniano Masoud Pezeshkian ha dichiarato “non entrate in conflitto con l’Iran” in un post su X in seguito all’attacco dell’Iran contro Israele.
Nel frattempo, lunedì sera l’esercito israeliano ha annunciato di aver avviato un’invasione terrestre limitata nel Libano meridionale per liberare Hezbollah dalla zona a sud del fiume Litani, segnando la prima operazione israeliana del genere in Libano in 18 anni.
Che farà Israele?
La leadership israeliana, tramite il premier Benjamin Netanyahu, ha assicurato che lo Stato ebraico risponderà adeguatamente. Il sito americano Axios, citando funzionari israeliani, scrive che Tel Aviv lancerà una “significativa rappresaglia” entro pochi giorni, che potrebbe colpire gli impianti di produzione petrolifera in Iran e altri siti strategici. Se ciò dovesse accadere, sostengono le stesse fonti, tutte le opzioni saranno sul tavolo, compresi raid contro gli impianti nucleari iraniani, già oggetto di sabotaggi e attacchi a distanza negli ultimi anni. Il dossier nucleare, d’altronde, è una vecchia ‘ossessione’ di Netanyahu (indipendentemente da quanto l’Iran sia o sia stato effettivamente vicino all’atomica). Teheran ha già fatto sapere che, in un simile scenario, ci sarà immediatamente una contro-risposta a Israele, in un gioco al rilancio che fa aumentare drammaticamente la posta in gioco. Come andrà a finire? Ad aprile era stato l’Iran a ‘passare la mano’. Tsahal, come viene chiamato in ebraico l’esercito israeliano, aveva risposto all’attacco iraniano di allora con raid limitati contro una base aerea nei pressi di Isfahan. La Repubblica islamica aveva dichiarato di aver respinto l’attacco, senza però rispondere a sua volta.
Cosa può succedere?
Quello di oggi è tutto un altro Medio Oriente rispetto a quello di pochi mesi fa. L’apertura del fronte libanese, inaugurata con le esplosioni dei cercapersone e culminata con l’uccisione di Nasrallah, ha cambiato completamente lo scenario. Secondo i critici, i missili iraniani avrebbero dato a Israele il pretesto definitivo per attaccare frontalmente, ma vale la pena chiedersi se Tel Aviv avesse effettivamente bisogno di un pretesto. Netanyahu, che nei giorni scorsi ha parlato apertamente della possibilità di creare “un nuovo ordine” in Medio Oriente, potrebbe cogliere l’occasione per colpire duramente quello che, almeno fino a qualche tempo fa, risultava un boccone ancora troppo grosso (l’Iran). Il rischio, però, è che i fronti aperti diventino davvero troppi, per un paese come Israele in cui la demografia è a dir poco decisiva. Oltre a quello di Gaza, che è ben presente anche se in secondo piano, il fronte più pericoloso di tutti potrebbe essere quello ‘interno’. La prova sta in quanto accaduto martedì sera, praticamente in contemporanea con i raid iraniani, quando 7 persone sono state uccise e altre 16 sono rimaste ferite in un attentato nei pressi della stazione metro Giaffa, presso Tel Aviv. La polizia ha ucciso uno dei due aggressori e catturato l’altro, entrambi palestinesi ventenni provenienti dalla Cisgiordania.
Il commento
Di Luigi Toninelli, ISPI MENA Centre
“L’attacco iraniano di ieri notte ha nuovamente evidenziato la reticenza della Repubblica islamica a farsi trascinare in un conflitto regionale. Sebbene questo attacco sia stato più deciso rispetto a quello di aprile, diversi dettagli di come è stato condotto rivelano che l’intento di Teheran fosse quello di ristabilire una certa deterrenza nei confronti di Israele senza chiudere del tutto le proprie vie d’uscita dall’escalation. In attesa della risposta israeliana, che sarà determinante per capire se ci si avvia verso un conflitto regionale, l’attacco iraniano appare finalizzato a sottolineare il potenziale terremoto che il coinvolgimento di Teheran in un conflitto potrebbe causare nella regione. L’attacco, infatti, non sembra alterare gli equilibri nei teatri di Gaza e Libano, dove Israele continua a operare senza interferenze significative e gli alleati di Teheran sembrano essere destinati a cavarsela da soli”.
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