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COME E’ BELLA LA CAMPAGNA La protesta degli agricoltori vuole il palco dell’Ariston con Lollobrigida in difesa e Salvini in versione Masaniello

Se quasi la metà della produzione mondiale di frutta e verdura finisce al macero qualcosa vorrà dire. Se dal 2005 ad oggi oltre un terzo delle aziende agricole ha chiuso i battenti un motivo ci sarà. Un senso, infine, ce l’avrà la scienza quando da anni si sforza di raccomandarci una strategia di trasformazione del nostro sistema agroalimentare, sviluppando adeguate misure all’interno del Piano Strategico Nazionale e della Politica agricola comune per favorire la diffusione di colture e sistemi agroalimentari meno idroesigenti. Per il bene di tutti bisognerebbe, dicono, promuovere la diffusione di misure mirate all’incremento della funzionalità ecologica dei suoli agrari e della loro capacità di trattenere l’acqua.

La parola sostenibilità ha dunque a un suo perché se viene adottata anche per ordinare un caffè. Dovrebbe essere, di conseguenza, ormai dato per scontato che i cambiamenti climatici ci impongono di rivedere le strategie sul fronte dell’offerta andando oltre una visione novecentesca e meccanicistica del Capitale Naturale per arrivare a riconoscere l’importanza e l’utilità della funzionalità degli ecosistemi a partire da una maggiore attenzione alle risorse idriche. Pur tuttavia cecità individuali con interessi economici e politici hanno condotto 1300 trattori a place de Luxembourg con manifestanti che lanciano bottiglie e uova contro la sede del Parlamento europeo, appiccando roghi e abbattendo una statua. Anche se l’agricoltura non era all’ordine del giorno, i leader europei  si sono così ritrovati a parlare di agevolazioni fiscali sui carburanti agricoli, limitazioni ai prodotti alimentari di importazione e sostenibilità ambientale nelle colture e negli allevamenti. I blocchi stradali, che hanno paralizzato la capitale belga, sono stati rimossi in serata, solo dopo che i 27 avevano promesso di rivedere le norme ambientali, ridurre la burocrazia e ripensare la parte del Green Deal relativa al comparto, chiedendo ai ministri dell’Agricoltura di presentare un piano per il 26 febbraio. In Francia, dove negli ultimi giorni gli agricoltori avevano bloccato le autostrade intorno a Parigi e in tutto il paese, il primo ministro Gabriel Attal ha annunciato una serie di misure, tra cui l’impegno a riconsiderare le limitazioni sui pesticidi e un possibile divieto di importazione per frutta e verdura trattate con insetticidi vietati dalla normativa nazionale. La Francia è il principale produttore agricolo dell’Ue e il maggior beneficiario di sussidi provenienti dalla Politica Agricola Comune (Pac), pari a quasi 60 miliardi di euro annuali.

La protesta a Roma, il leader della mobilitazione annuncia: “Domani daremo la data”
“Domani sera daremo la data”. Queste le parole che il leader della rivolta degli agricoltori, Danilo Calvani, ha rilasciato all’Ansa, riferendosi alla protesta annunciata nei giorni scorsi a Roma.

“La protesta si farà”, ha aggiunto precisando che il luogo “è da concordare con le Forze dell’ordine,” e non si esaurirà in un giorno: la data “non sarà ‘il’, ma ‘dal’: a Roma “ci sarà una prima protesta”, nella quale sono previsti solo gli agricoltori e non i mezzi. “Quelli arriveranno in seguito”. Le proteste intanto “continuano in tutta Italia, da nord a sud – ha aggiunto – e sono previste per quasi tutta la settimana”.

Cosa lamentano gli agricoltori? Risponde Alessia De Luca  (ISPI Advisor for Online Publications)

Nel mirino degli agricoltori, ci sono le normative nazionali e quelle dell’Unione Europea, in particolare la cosiddetta ‘Farm to fork’ – parte del Green Deal che mira a rendere il blocco dei 27 climaticamente neutro entro il 2050 – e che prevede, tra le altre cose, di dimezzare i pesticidi, ridurre di un quinto l’uso di fertilizzanti, aumentare i terreni ad uso non agricolo – ad esempio lasciandolo a riposo o piantando alberi non produttivi – e raddoppiare la produzione biologica portandola al 25% di tutti i terreni agricoli dell’Ue. La guerra in Ucraina ha peggiorato le cose. Ad una prima fiammata dei prezzi per alcuni prodotti come il grano è seguito uno sconvolgimento dei flussi commerciali che ha provocato un eccesso di offerta e una corsa a misure protezionistiche da parte di alcuni paesi dell’Europa Orientale. E se le preoccupazioni variano da paese a paese – dalle proteste tedesche contro i tagli ai sussidi per il gasolio a quelle francesi contro gli accordi di libero scambio – ci sono anche lamentele comuni: una di queste riguarda l’aumento dei prezzi dell’energia e dei fattori di produzione, combinato con il crescente divario tra i margini di profitto dei produttori e quelli dei grandi colossi dell’agro-industria e delle catene di supermercati. Non a caso, fra i bersagli delle proteste degli ultimi giorni figurano le sedi di diversi colossi agroalimentari, davanti ai quali i camionisti in sciopero hanno rovesciato grossi carichi di letame.

L’imbarazzo di Prandini . Gli italiani contestano la “Lollotax”
La Legge di Bilancio per il 2024 reintroduce l’Irpef per tutti gli agricoltori e al tempo stesso impone anche ai giovani agricoltori di versare i contributi previdenziali. Questo perché i due regimi di esenzione fiscale e previdenziale non sono stati prorogati, come pure era prevedibile e atteso, provocando ora anche una prima reazione delle organizzazioni agricole: Confagricoltura chiede un ritorno graduale all’imposta sui redditi, mentre Cia – Agricoltori Italiani vorrebbe un passo indietro del Governo con un emendamento al Decreto Milleproroghe. Il caso più eclatante riguarda proprio l’imposta sul reddito delle persone fisiche, per l’ampia ricaduta sul tessuto imprenditoriale agricolo.

Il regime di esenzione dall’Irpef che non c’è più. Manca infatti la proroga dell’esenzione Irpef per i redditi dominicali e agrari concessa, negli ultimi sette anni, ai coltivatori diretti e agli imprenditori agricoli professionali iscritti nella previdenza agricola. Si torna dunque, in mancanza di correttivi sul Milleproroghe, ad attuare le vecchie norme. L’esenzione fu introdotta dalla Legge numero 232 del 2016 (Legge di Bilancio per il 2017) al fine di sollevare il comparto agricolo colpito da un periodo di crisi. La misura – varata dal Governo di Matteo Renzi (ministro alle Politiche Agricole Maurizio Martina) – era stata poi prorogata di anno in anno fino alla Legge di Bilancio per il 2023 – Legge numero 197 del 29 dicembre 2022 – che aveva stabilito, con riferimento all’anno d’imposta 2023, che non concorrevano alla formazione della base imponibile ai fini Irpef i redditi dominicali e agrari relativi a terreni dichiarati dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali iscritti nella previdenza agricola.
Il governo ha promesso di tornare indietro sul taglio dell’Irpef, la prima ministra Giorgia Meloni da Catania ha annunciato che otto miliardi del Pnrr – il Piano nazionale di ripresa e resilienza finanziato dalla Commissione europea per risollevare l’economia dopo la pandemia, saranno destinati all’agricoltura, deputati ed esponenti del governo sono intervenuti a sostenere le ragioni della protesta dichiarando di essere un argine alle politiche europee. Le promesse e il sostegno del governo però non hanno fermato le proteste, che prendono di mira soprattutto Fratelli d’Italia e la Coldiretti, la maggiore organizzazione agricola che è accusata di essere vicina al governo, mentre non sfiorano la Lega, che appare invece come il partito più vicino ai manifestanti.

Più cibo e più green
Non sarebbe corretto, però, ridurre la battaglia degli agricoltori europei a una lotta di resistenza contro il Green Deal e le misure volte a favorire la transizione ecologica del continente. Il settore agricolo, che causa appena l’11 per cento delle emissioni di gas serra dell’Ue, è il primo a pagare il prezzo degli eventi meteorologici estremi dovuti ai cambiamenti climatici, che negli ultimi anni hanno influenzato sempre più la produzione. Tanti agricoltori sono costretti a cambiare le colture a causa di periodi prolungati di siccità, mentre altri, che vorrebbero preservare quelle tradizionali, reclamano nuovi bacini e infrastrutture di raccolta dell’acqua a cui i governi non sempre danno la giusta priorità. Dal 2005 ad oggi oltre un terzo delle aziende agricole ha chiuso i battenti, in un panorama che vede sorgere sempre più colossi e in cui le realtà più piccole sono sempre meno competitive. Più in generale, oltre a sentirsi perseguitati da una burocrazia che sa poco della loro attività, molti agricoltori lamentano di sentirsi intrappolati tra due fuochi: la richiesta di produrre più di cibo a basso costo, ma rispettando al contempo il clima e l’ambiente. Sostengono che le politiche verdi per come sono concepite attualmente sono ingiuste, economicamente insostenibili e che alla fine si riveleranno autodistruttive.
Di fronte a una protesta così diffusa e massiccia, i governi nazionali corrono ai ripari: Berlino ha cancellato il taglio ai sussidi per i carburanti agricoli e Parigi ha annullato l’aumento della tassa sul diesel, e soprattutto ha promesso di fare pressione sulla Commissione per frenare l’accordo di libero scambio con il Mercosur, che gli allevatori denunciano come un atto di ‘concorrenza sleale’ poiché consentirebbe un aumento delle importazioni di carne bovina, semi di soia e altri prodotti non sono soggetti alle stringenti normative europee. I critici delle proteste, tuttavia, sottolineano che nonostante l’alto livello di sussidi – pari a un terzo del bilancio dell’Ue – il settore agricolo opponga una forte resistenza ad ogni forma di cambiamento strutturale. Inoltre, c’è chi lamenta l’influenza che la lobby agricola già esercita sul processo decisionale a Bruxelles e nelle capitali europee in vista delle prossime elezioni, dato che gli agricoltori ricevono sempre più sostegno dai partiti di estrema destra . Il cambiamento è significativo: mentre un tempo l’indignazione degli agricoltori trovava la sua voce nella sinistra – che prendeva di mira gli accordi di libero scambio e le multinazionali – questa volta a cercare di cavalcarla sono i partiti di destra, intenzionati a far crollare l’attuale maggioranza a Bruxelles e il suo Green Deal.

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