Diversi partiti dell’opposizione libanese hanno respinto la guerra in corso nel Paese da lunedì, quando l’esercito israeliano ha incrementato i bombardamenti in diverse zone del Libano. Il leader del partito maronita Forze libanesi (Fl, il blocco più grande d’opposizione), Samir Geagea, ha chiesto: “Qualcuno può spiegarmi cosa ha impedito finora al presidente del Parlamento, Nabih Berri, di convocare d’urgenza l’aula per discutere della tragedia che il popolo libanese sta vivendo in questo momento, soprattutto se ricordiamo che dieci deputati avevano presentato una richiesta scritta il 22 luglio per fissare una data per interrogare il governo sulle misure da adottare per risparmiare il Sud e il Libano dalla guerra?”. In una dichiarazione rilasciata oggi, Geagea ha aggiunto: “Non è ammissibile che il popolo libanese continui a soffrire. Le difficili crisi finanziarie, economiche e sociali non sono un fardello abbastanza pesante per aggiungere una guerra contro la quale avevamo messo in guardia in diverse occasioni e che è arrivata a farlo sfollare nel cuore della sua patria?”. Il leader ha affermato che si tratta di “una tragedia mentre lo Stato è praticamente assente”.
A sua volta, il movimento di opposizione Rinnovamento ha espresso il proprio sostegno alla “causa palestinese e alla sua legittimità”, precisando però che “la strada per la Palestina non passa attraverso la distruzione del Libano”. In una conferenza stampa tenuta al Parlamento di Beirut, il movimento si è rivolto a Hezbollah: “Quando è troppo è troppo. Basta con il gioco d’azzardo e l’incoscienza, basta con gli slogan distruttivi e le accuse di tradimento, perché solo lo Stato ci protegge tutti e il vero eroismo non consiste nel condurci al suicidio collettivo, ma nel riconoscere i nostri errori e correggerli”. Il movimento Rinnovamento comprende tre parlamentari, Michel Moawad (ex candidato dell’opposizione libanese alla presidenza della Repubblica), l’ex ministro della Giustizia, il generale Achraf Rifi e l’imprenditore miliardario Fouad Makhzoumi (entrambi sunniti). In un’intervista ad “Agenzia Nova”, Ibrahim Mrad, presidente dell’Unione siriaca libanese (partito cristiano di opposizione), è stato molto più esplicito e ha chiesto chiaramente “l’applicazione della risoluzione 1559 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, adottata nel settembre 2004, che prevede il disarmo di tutte le milizie in Libano”.
“La milizia di Hassan Nasrallah (il partito sciita filo-iraniano Hezbollah) è responsabile dell’assassinio del popolo libanese”, ha dichiarato Mrad, che ha esortato “i partiti, i parlamentari e le forze sovraniste a tenere una riunione urgente e a inviare un messaggio alla comunità internazionale: la maggioranza del popolo libanese rifiuta la presenza delle milizie di Hezbollah e sta pagando il prezzo della distruzione del Libano e dell’assassinio del suo popolo a beneficio dell’Iran, che lo ha venduto sul mercato degli schiavi”, chiedendo “la rapida attuazione della risoluzione 1559, che è la salvezza per il popolo libanese prigioniero e porrà fine alle guerre senza senso”. Mrad ha anche sottolineato l’importanza che “l’esercito libanese rimuova le basi e i depositi missilistici dalle case, dai villaggi e dalle aree al di fuori dell’ambiente delle milizie”.
Anche alcuni membri della comunità sciita si sono espressi contro l’egemonia di Hezbollah in Libano. Tra questi, il fondatore del movimento Taharror (Liberazione), Ali Khalifé, che ha dichiarato ad “Agenzia Nova” che “Hezbollah sta seminando distruzione, portando con sé quattro milioni di libanesi”. “Una parte dell’ambiente (termine usato per indicare i sostenitori sciiti) sottoposto al lavaggio del cervello di Hezbollah vive nella negazione e considera la sconfitta come una vittoria e l’umiliazione come orgoglio e dignità”, ha affermato Khalifé. Il leader ha poi proposto la soluzione della “neutralità come progetto politico praticabile per le società pluraliste come il Libano”. “Chiediamo anche una risoluzione pacifica del conflitto con Israele per porre fine non solo a questa escalation ma anche a un itinerario sanguinoso che ha paralizzato il Libano per anni, collegandolo all’asse iraniano”, ha aggiunto il politico. Khalifé è arrivato a chiedere “dopo tutto quello che sta accadendo, la revoca della nazionalità libanese di Hassan Nasrallah (segretario generale di Hezbollah)”.
Ieri, giovedì, il leader del partito maronita Kataeb, il deputato d’opposizione Sami Gemayel ha invitato Hezbollah, “che ha aperto il fronte di sostegno a Gaza a fermarsi senza indugio e a consegnare le sue armi ed equipaggiamenti all’esercito libanese”. In una conferenza stampa, Gemayel ha espresso ha criticato aspramente il leader del movimento filo-iraniano. “Abbiamo ascoltato l’ultimo discorso di Hassan Nasrallah una settimana fa e vogliamo dirgli che nessun partito o individuo ha il diritto di trascinare il Libano in una guerra”, ha affermato il leader maronita. “Quando è troppo è troppo”, ha detto Gemayel criticando l’argomentazione di Nasrallah secondo cui il fronte meridionale è una “carta importante” nei negoziati per il cessate il fuoco nella Striscia di Gaza. “Ma le vite dei libanesi non sono una carta che può essere sfruttata”, ha protestato Gemayel, ricordando che le operazioni israeliane hanno causato più di 620 vittime da lunedì 23 settembre.
Dal 23 settembre, data di inizio dell’operazione militare israeliana su larga scala contro Hezbollah, diversi villaggi in Libano sono stati colpiti. Le famiglie piangono tra le macerie delle loro case danneggiate. Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha dichiarato ieri che il suo governo non ha risposto alla richiesta degli Stati Uniti di un cessate il fuoco di 21 giorni con Hezbollah. Al contrario, secondo un comunicato dell’ufficio di Netanyahu, il premier ha ordinato all’esercito di “continuare a combattere con tutta la forza necessaria”.
Fonte: Agenzia Nova