Sono anni terribili per Westlandia. I reduci della Seconda Guerra Identitaria tornano a casa: invalidi, disperati, profughi si accampano in cerca di aiuto. Il cibo è poco, i soldi pochissimi e i residenti nei rifugi atomici delle megalopoli si contendono le tessere annonarie. Non hanno nulla di superfluo da dare ai bisognosi. Con i reduci, giunge in città l’epidemia di peste cosmica dovuta all’esposizione alle astriparticelle senza più la protezione dello strato di ozono.
Elinda è una madre, ha superato i 35 anni. E’ una donna matura che si arrangia lavorando nelle rimesse di detriti astrali e andando a servizio nei bunker dei cosmonauti abbienti. Non ha più l’età dei colpi di testa, delle passioni che si dispiegano in un donarsi ingenuo. Nello scegliersi un amante, Elinda non ha illusioni di vita coniugale, non un pensiero al domani, nessuna speranza. Ma di certo nutre il bisogno di un momentaneo sollievo alla fragilità che la circonda.
Enea è suo figlio e sarà l’unica felicità della sua vita. E’ nato per caso, durante la guerra con lei distratta dalle vicende sue e dell’intera comunità. Una guerra scoppiata dopo pochi mesi dalla fine del primo conflitto, quello seguito al collasso delle Nazioni Unite. Comunque sia, viene registrato nel libro delle presenze in vita della comunità numero 12587 del dominio di Westlandia come figlio di NN che, in un momento di estrema importanza delle origini e dell’adesione identitaria ad un gruppo etnico, nella provincia del dominio, è un marchio di vergogna indissolubile.
Nel 2048, un padre posticcio, Aristide Campanella, lo riconosce davanti a un notabile salvandolo dalla deportazione. Elinda deve tutto a Aristide. Non è il padre di suo figlio ma se ne fa carico, non è il suo compagno ma la ama senza chiederle fedeltà. Dopo qualche anno, al compimento dei suoi 18 anni, Enea avrebbe la possibilità di affrancarsi da Aristide arruolandosi alla Settima Compagnia Partica del Corpo di Spedizione Astrale di Difesa Missilistica. Non lo farà, sceglierà quell’uomo come padre perché gli consente di mantenere anche il cognome materno. Risolto il problema giuridico, se ne dimentica. Di Aristide, della madre e del suo passato sconosciuto. Non gli interessa sapere chi dei tanti amanti della madre lo ha generato, in quale circostanza fu concepito, se sotto i mortai lanciati dalle armate delle forze della Coalizione dell’Est o dagli obici con testata nucleare arrivati dalle basi lunari installate dopo l’invasione della luna del 2029 da parte della Sovranità Democratica Transatlantica.
Erano i tre raggruppamenti usciti dal collasso delle economie capitalistiche degli anni ’20. Una serie rapidissima di avvenimenti hanno portato nel giro di qualche anno al crollo di tutte le nazioni che avevano creduto di poter riprendere la propria sovranità uscendo da tutti i contesti aggregativi, dall’ONU alla Comunità Europea, dalla Federazione Russa alla Federazione degli stati americani. Il crollo delle economie nazionali portò alla fine delle società organizzate come conosciuto fino a quel momento. Le comunità più forti ebbero buon gioco a occupare e distruggere i propri vicini costituendo di fatto tre blocchi potentissimi e fortemente armati. Tutto precipitò velocemente, furono chiuse le scuole, le università, furono distrutte le biblioteche, i musei.
L’arte e la cultura furono accusate di aver creato le condizioni di un isolamento elitario delle classi dominanti. Al popolo fu fatto credere che soltanto distruggendo il passato si sarebbe potuto costruire il futuro. Un popolo senza memoria dimenticò l’orrore della guerra e fu facile scivolare verso il primo conflitto tra i tre blocchi. Nulla fu più come prima. Di fronte ad una devastazione di questa portata che importanza può avere un nome, quando lo stesso ha deciso di chiamarsi con innumerevoli pseudonimi, fino a scegliere Astro Enea? Enea dimostra una precoce intelligenza. Partecipa alle lezioni clandestine di una docente che non si è rassegnata alla fine della cultura. Si ritrovano nei sotterranei di una vecchia scuola.
Enea riesce a trovare l’accesso a quella che una volta era la biblioteca. Pur essendo stata devastata rimanevano tra gli scaffali polverosi dei volumi che recuperò e portò con sé nella stanza che condivideva con la madre. Sapeva di rischiare la vita, possedere libri era vietato, ma lui era curioso, voleva leggere e imparare nuove cose.
Elinda per sbarcare il lunario esercita il mestiere di cartomante. La gente di fronte a due guerre, alla devastazione delle città, alle rovine radioattive dove è costretta a vivere, cerca certezze chiedendo alle cartomanti. Le autorità lo vorrebbero proibire ma è una pratica ormai troppo diffusa, la paura del futuro fa il resto. Sono tutti estremamente poveri.
Il 2045 è un anno importante nella vita di Enea. Durante un raduno di reduci al quale partecipa insieme a Aristide Campanella, conosce il primo astronauta che, con un’azione memorabile ed eroica riuscì con una capsula lanciata da un satellite artificiale in orbita geostazionaria sull’equatore a perforare le difese informatiche della Coalizione dell’Est, lanciare un attacco nucleare e rientrare alla base incolume.
Una missione al limite dell’impossibile che affascinò Enea che vide quest’uomo come fosse un funambolo che dà spettacolo attraversando su una corda la piazza di un paese. Per lui quella missione era il massimo tanto da rimanergli indelebilmente impresso nella memoria. Il giovane Enea probabilmente vede in quell’astronauta eroe una sorta di alter ego, colui che si libera dalle costrizioni sociali e cammina nel cielo a rischio della vita.
La seconda cosa importante è che, dopo diversi traslochi, si trasferisce definitivamente in un bunker antiatomico alla periferia del lotto 545 sempre della comunità numero 12587. Quello stanzone diventerà leggendario. Il luogo del suo esilio. Enea si formò una corazza che fece di lui una figura dolce e fiera, sognatrice e temeraria. Leggeva di cinema, di teatro, di pittura, un po’ di politica, sui libri e sulle riviste salvate dalla distruzione. Divenne esperto di arti che non esistevano più, senza alcuna censura, con limpidità e verità.
Era un uomo ardente, appassionato e avrebbe trascinato nelle sue passioni chiunque ne fosse venuto a contatto se solo fosse stato possibile. Ma c’era un limite invalicabile: la porta del bunker nel lotto 545. Nessuno riuscì ad attraversare quella soglia, chi lo conosceva lo aspettava dabbasso, in uno di quei tipici cortili tetri e incolore ma vivacizzati dall’umidità dolente, vuoto e povero, con ferraglia ammucchiata sulle mura scrostate e le poche biciclette da operaio con un freno solo ancora circolanti ammassate in un angolo.
Enea viveva nel suo bunker in uno stanzone poveramente ammobiliato con un grande letto, un tavolo ingombro di libri, una stufa arrugginita, un tubo di ferro che lo solcava per tutta la sua lunghezza. Un interno dickensiano, dove gli odori della cucina si sommavano alla poca aerazione per non disperdere il calore durante l’inverno e la muffa si apriva a fiori sulla soffitta intrisa di fumo.
Enea cominciò a scrivere e divenne uno scrittore straordinario e sfuggente, angelico e diabolico. Si può essere uomini buoni e buoni scrittori fin nel profondo dell’anima ma se si è costretti a nascondere il proprio talento agli amici, se si recita una quotidiana menzogna per omissione, non si può che diventare sfuggenti e diabolici. La scrittura forse acquista strati ma la vita reale assume i tratti di un girone infernale. Enea è condannato e si condanna ad un perpetuo esilio a causa del tradimento dei valori del passato.
La sua pena più profonda e segreta ha ben altre sorgenti, affonda nel rimpianto di quella perduta stagione in cui sogni e realtà, sogno e possibilità di realizzazione si sovrapposero e si confusero nel corpo e nell’anima di una identità irripetibile. L’esilio era collegato alla grandezza, un segno di distinzione, il suo bunker era, nel contempo, maledizione e gloria. Ne ha abbastanza lui, che è un umanista, di quel mondo capovolto, indecoroso, volgare e irredimibile. Ode in lontananza gli echi di una ennesima guerra, un altro conflitto scatenato da chi ha voluto credere che l’identità si difende con la menzogna e con la violenza, con l’odio e la disumanità. Attende il suo destino come tutti e soffoca nelle sue stesse parole pensate e poi scritte.