Politica

MAFIA IN COMUNE, arrestato a Palermo ex consigliere comunale di FdI. Ecco la storia di “fifuzzu” killer del generale dalla Chiesa

I carabinieri hanno arrestato l’ex consigliere comunale di Palermo di Fratelli d’Italia MimmoRusso. L’esponente politico, storico referente dei precari palermitani, è accusato di concorso esterno in associazione mafiosa, voto di scambio politico-mafioso, concorso in estorsione aggravata e concorso in corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio. L’inchiesta è stata coordinata dalla Dda di Palermo guidata dal procuratore Maurizio de Lucia.

Insieme all’esponente di Fdi sono indagati Gregorio Marchese, definito dal gip la «costola» del politico e figlio dello storico killer della famiglia mafiosa di Corso dei Mille, Filippo Marchese, e il consulente d’azienda Achille Andò. Per entrambi, accusati a vario titolo di corruzione ed estorsione, sono stati disposti i domiciliari. L’indagine è stata condotta dai carabinieri.

Politico di lungo corso, negli anni ’90 consigliere di circoscrizione, poi, dal 2001 al 2022, consigliere comunale, Mimmo Russo ha cambiato più volte casacca politica passando da Alleanza Nazionale, al Mpa, da Azzurri per l’italia al movimento Palermo 2022 che sosteneva Leoluca Orlando, fino ad approdare a Fratelli d’Italia.Secondo la procura di Palermo, che ne ha chiesto ed ottenuto l’arresto, per anni avrebbe utilizzato per i propri interessi la funzione pubblica. Referente dei precari storici di Palermo, in occasione delle campagne elettorali che lo vedevano candidato, avrebbe promesso e procurato posti di lavoro a mafiosi e a loro familiari presso supermercati Conad o cooperative e associazioni finanziate con fondi pubblici come la Social Trinacria Onlus. Russo, inoltre, avrebbe messo a disposizione il proprio ufficio Caf per l’affidamento in prova ai servizi sociali di diversi condannati per mafia che, grazie al suo aiuto, sarebbero così riusciti a lasciare il carcere. Dall’indagine, che si basa sulle dichiarazioni di numerosi collaboratori di giustizia e decine di intercettazioni, è emerso che l’ex consigliere dava soldi e buoni benzina a esponenti mafiosi che venivano poi usati dai clan per comprare voti nei quartieri della città. Cosa nostra avrebbe avuto così di fatto il controllo delle elezioni comunali e regionali. L’indagato avrebbe anche regalato denaro alle famiglie mafiose per l’organizzazione delle feste di quartiere, occasioni utilizzate storicamente dalle cosche per aumentare il proprio consenso sul territorio.

Filippo Marchese è nato a Palermo, l’11 settembre del 1938. È morto nel capoluogo siciliano nel settembre del 1982. Secondo gli inquirenti, sarebbe stato una figura di spicco della mafia siciliana ed è stato sospettato di decine di omicidi. Avrebbe ricoperto il ruolo di boss della famiglia di Corso dei Mille e i suoi soprannomi sarebbero stati “mulinciana” o “fifuzzu”.

Di lui, prima della seconda guerra di mafia, si sa molto poco. La sua figura emerse solo durante il maxiprocesso di Palermo, grazie alle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia. Si sarebbe avvalso di affiliati insospettabili. Avrebbe rappresentato per i corleonesi una risorsa preziosa, soprattutto tra il 1981 e il 1982. Gli furono attribuiti diversi omicidi, tra cui quello di Carlo Alberto dalla Chiesa.

La strategia di Filippo Marchese avrebbe incluso una cosiddetta “Camera della Morte”, cioè un piccolo appartamento abbandonato, sito in piazza Sant’Erasmo, sul lungomare di Palermo. Avrebbe ucciso le vittime con l’uso della garrota, sciogliendo i loro corpi nell’acido o tritandoli, per poi gettarli in mare. Le forze dell’ordine stimano che circa un centinaio di mafiosi sarebbero stati uccisi in questo modo.

Nell’estate del 1982  Marchese sarebbe stato autore di vari omicidi nella provincia di Palermo, tra Altavilla Milicia, Casteldaccia e Bagheria, conosciuto come “Il triangolo della morte”. In particolare, l’agosto del 1982 fu un momento molto sanguinario degli anni Ottanta, con un serie di omicidi in successione.

Marchese avrebbe rappresentato una minaccia per Michele Greco e Totò Riina, vista la sua natura violenta e sanguinaria. Per questo motivo sarebbe arrivato l’ordine di ucciderlo e scioglierlo nell’acido, nel settembre del 1982. All’inizio del Maxiprocesso circolarono le prime voci sulla sua scomparsa, menzionate per la prima volta da Salvatore Contorno.  Anche il nipote Giuseppe Marchese confermò la morte dello zio dopo il suo pentimento nel 1992 finché nel 1997 il killer Salvatore Cucuzza si pentì a suo volta, confermando le dichiarazioni precedenti.

Filippo Marchese aveva due nipotiAntonino e Giuseppe Marchese; quest’ultimo, dal settembre 1992, iniziò a collaborare con la giustizia. Nel dicembre del 2022, invece, venne diffusa la notizia che Antonino era morto d’infarto nel carcere di Secondigliano, dove si trovava al regime del 41 bis: “È stato uno dei killer più spietati di Cosa nostra e da oltre 40 anni era ormai rinchiuso in carcere. Ed è lì che è morto, in una cella del penitenziario di Secondigliano, a Napoli, Antonino Marchese, 65 anni, fratello di Pino – il primo pentito della mafia “vincente” dei Corleonesi – ma anche di Vincenzina, la moglie del boss Leoluca Bagarella, che si suicidò nel 1995, nonché nipote di Filippo Marchese, alias “milinciana”, storico boss di corso dei Mille e “amministratore” della Camera della morte di Sant’Erasmo.”, si legge su PalermoToday.it.

 

 

 

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