Prima ancora che un fatto politico, la storia del presunto avviso di garanzia a Meloni, Nordio e Piantedosi è una questione di dignità e di rispetto. Mentire spudoratamente in un video da lei stessa pubblicato è meschino per chiunque, ancor più per il Presidente del Consiglio dei Ministri della Repubblica italiana. E non è rispettoso verso i cittadini di questo disgraziato Paese che, nonostante tutti i loro difetti, non meritano di essere trattati in questo modo. Quello che brandiva sdegnosamente, infatti, non era un avviso di garanzia. In Italia, la Procura che riceve una denuncia verso un ministro deve, senza indagare, trasmetterla al Tribunale dei ministri, che poi deciderà sul da farsi, e informare i diretti interessati. E’ una cosa molto diversa, cara Presidente. Ma questa è solo una delle menzogne dette sul caso della scarcerazione scellerata di Njeem Osama Elmasry, il capo della polizia giudiziaria libica, noto come Almasri.
Intanto il fatto in sé. Scarcerare il capo della milizia che controlla le coste Libiche dopo aver dichiarato di voler perseguire i trafficanti di uomini in tutto il globo terracqueo (sic) è una cosa di una tale gravità sul piano politico da far pensare davvero che non solo Giorgia Meloni, ma il nostro Paese nella sua interezza, sia sotto ricatto. Non è sfuggito a nessuno, infatti, che nei giorni della detenzione di Elmasry ci siano state un numero di partenze dalla Libia di migranti largamente superiore al normale. A questo punto ci sono due possibilità. O è stato un errore di valutazione, e sarebbe già questa una cosa grave, un governo non può trattare con superficialità una questione di questo livello, o c’è dietro la volontà di dare protezione e impunità a un criminale per convenienza politica e a questo punto sarebbe lecito chiederci e chiedere alla Presidente Meloni perché all’Italia converrebbe riservare a un personaggio di questo tipo un trattamento di favore.
Ma l’elenco delle menzogne è ancora lungo. Il ministro Nordio, contrariamente da quanto da lui affermato era perfettamente al corrente, fin dal primo momento e come è giusto che sia, della vicenda. L’avvocato Li Gotti, autore dell’esposto che è stata la miccia che ha fatto deflagrare il caso, è stato sì difensore di noti pentiti come Giovanni Brusca, Tommaso Buscetta e Gaspare Mutolo (cosa peraltro non solo lecita ma obbligatoria secondo il diritto penale italiano), come ha accusato Meloni, ma è stato anche avvocato di parte civile nel processo per la strage di Piazza Fontana, ha assistito la famiglia del commissario Luigi Calabresi e ha partecipato ai processi sul caso Aldo Moro, sulla strage di Capaci, di via D’Amelio e sui fatti della scuola Diaz di Genova. La sua attività politica, poi, inizia negli anni ’60 a Crotone, nelle organizzazioni giovanili del Movimento Sociale Italiano (MSI), con cui è stato eletto consigliere comunale. Dopo il passaggio ad Alleanza Nazionale e una lunga militanza a destra, nel 1998 esce da AN e, quattro anni più tardi, nel 2002, passa all’Italia dei Valori e assume l’incarico di sottosegretario alla Giustizia nel governo guidato da Romano Prodi (2006-2008). Tutt’altro di un curriculum di sinistra.
Per ultimo non è vero che la scelta di rimettere in libertà Almasri era inevitabile. Il ministro Nordio aveva la possibilità di intervenire se solo ne avesse avuto la volontà. La verità è che c’è stato un becero calcolo politico intorno a questa vicenda che ha fatto prevalere l’opzione secondo la quale era più utile mettere Almasri su un aereo militare e riportarlo libero nel suo paese accolto, peraltro, come un eroe. Sovranismo, lotta all’immigrazione, lotta agli scafisti e ai trafficanti, tutta fuffa se quando hai nelle mani il capo dei tuoi nemici con in capo un mandato della Corte internazionale di giustizia lo lasci libero di tornare a fare quello che ha sempre fatto, ricattare l’Italia aprendo o chiudendo il rubinetto delle partenze dei migranti dalla Libia.