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Mentre entrano con pochi aiuti alimentari camion carichi di sudari, Netanyahu ringrazia l’alleata di partito Meloni e critica Francia, Regno Unito e Canada per aver chiesto a Israele di “fermare” il genocidio a Gaza

Lunedì il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha duramente criticato una dichiarazione congiunta di Francia, Regno Unito e Canada che condannava le crescenti operazioni militari di Israele a Gaza, accusando i tre paesi di premiare il terrorismo.

In un post su X di lunedì sera, Netanyahu ha attaccato duramente la dichiarazione, rilasciata da nazioni che il governo israeliano ha storicamente considerato sue amiche. “Chiedendo a Israele di porre fine a una guerra difensiva per la nostra sopravvivenza prima che i terroristi di Hamas al nostro confine vengano annientati e pretendendo uno Stato palestinese, i leader di Londra, Ottawa e Parigi stanno offrendo un premio enorme per l’attacco genocida contro Israele del 7 ottobre, invitando al contempo a commettere altre atrocità simili”, ha dichiarato Netanyahu.

“Questa è una guerra di civiltà contro la barbarie. Israele continuerà a difendersi con mezzi giusti fino al raggiungimento della vittoria totale”, ha scritto Netanyahu. Ma non mancano le proteste anche in Israele.

“Israele accetta la visione del presidente Trump e sollecita tutti i leader europei a fare lo stesso”, ha aggiunto il leader israeliano. Non è chiaro a quale piano di Trump si riferisca Netanyahu. Trump ha suggerito che gli Stati Uniti prendano il controllo di Gaza e si stabiliscano nel territorio devastato dalla guerra. Giovedì scorso, la NBC News ha riferito che l’amministrazione Trump stava lavorando a un piano per trasferire fino a un milione di palestinesi da Gaza alla Libia. L’ambasciata statunitense in Libia ha smentito domenica le notizie in una dichiarazione su X.

La dichiarazione congiunta, rilasciata giovedì dagli uffici del presidente francese Emmanuel Macron, del primo ministro britannico Keir Starmer e del primo ministro canadese Mark Carney, ha invitato il governo israeliano “a interrompere le operazioni militari a Gaza e a consentire immediatamente l’ingresso degli aiuti umanitari a Gaza”. Ha inoltre invitato il gruppo militante Hamas a rilasciare i 58 ostaggi ancora detenuti. 

“Abbiamo sempre sostenuto il diritto di Israele a difendere gli israeliani dal terrorismo. Ma questa escalation è del tutto sproporzionata”, si legge nella dichiarazione.

“Se Israele non cessa la rinnovata offensiva militare e non revoca le restrizioni sugli aiuti umanitari, adotteremo ulteriori misure concrete in risposta”, si legge nella dichiarazione. La dichiarazione non ha specificato quali potrebbero essere queste misure.

Tuttavia, i leader hanno minacciato di emanare sanzioni mirate contro coloro che tentano di espandere gli insediamenti in Cisgiordania, “che sono illegali e compromettono la vitalità di uno Stato palestinese e la sicurezza sia degli israeliani che dei palestinesi”.

Dopo 11 settimane di blocco degli aiuti umanitari a Gaza, Israele ha oggi consentito l’ingresso nella Striscia di cinque camion delle Nazioni Unite carichi di aiuti. Netanyahu ha pubblicato un video sui social media lunedì mattina in cui affermava che Israele aveva consentito l’ingresso degli aiuti “per ragioni pratiche e diplomatiche”, a seguito delle pressioni dei “più stretti amici” di Israele.

In verità, stando alla testiminianza di Majdi Balgouthi, dei cinque camion entrati ieri a Gaza, di cui i media internazionali parlano per migliorare l’immagine del sionismo, due erano carichi di sudari, donati da un paese arabo tramite le Nazioni Unite.

Sacchi bianchi con la scritta “Sudari” in blu: non si tratta di aiuti alimentari, ma di preparazione a una morte di massa. Gaza non viene nutrita, viene sepolta.

Il sottosegretario generale delle Nazioni Unite per gli affari umanitari e coordinatore degli aiuti di emergenza, Tom Fletcher, ha comunque accolto con favore l’iniziativa, definendola però “una goccia nell’oceano di ciò di cui c’è urgente bisogno”.

L’esercito israeliano ha annunciato domenica il lancio di una grande operazione a Gaza, denominata “Operazione Carri di Gedeone”, che prevede l’invio di truppe nel nord e nel sud del territorio. 

Lunedì, l’agenzia di stampa palestinese WAFA ha riferito che 136 persone sono state uccise e altre 364 sono rimaste ferite dall’inizio dell’operazione, ma ha osservato che il bilancio potrebbe aumentare, poiché molti rimangono intrappolati sotto le macerie. Secondo WAFA, il bilancio delle vittime a Gaza dall’ottobre 2023 ha raggiunto le 53.486 persone, con oltre 120 mila feriti.




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