Ormai di Filippo Turetta, l’assasino di Giulia Cecchetin, sappiamo tutto, fatto salvo se hanno iniziato in qualche modo a curarlo. Ma mentre i media ci alluvionano con inezie e fiumi di retorica la cronaca non smette di mostrarci di continuo il volto sgraziato della malattia mentale. Solo poche ore fa le agenzie “battevano” la notizia di uno studente di 14 anni accoltellato da un 15enne all’uscita dalla scuola, a Capoterra (Cagliari). Ferito gravemente, è in pericolo di vita. E’ stato portato in ospedale con l’elisoccorso in condizioni disperate. L’aggressore è stato fermato dai carabinieri. Il 15enne ha affrontato lo studente davanti alla scuola e lo ha colpito al cuore con un coltello. Sconosciute, al solito (?), le ragioni dell’aggressione. Rischia l’accusa di tentato omicidio.
Un 30enne pregiudicato è stato invece arrestato a Ravenna dopo aver massacrato di botte la compagna 38enne e la sorella di quest’ultima. I fatti risalgono alla serata di sabato quanto i carabinieri sono intervenuti in un’abitazione della frazione di Piangipane trovando le due donne gravemente ferite, con graffi ed ecchimosi ai volti, mentre l’uomo, in evidente stato di alterazione alcolica, continuava a minacciarle. La lite sarebbe scaturita per futili motivi. Il trentenne si trova ora in carcere mentre le donne sono state accompagnate al Pronto soccorso.
“Le donne continuano a essere ammazzate e ci sembra che davvero si stia facendo poco, da parte delle istituzioni e della politica. Siamo stanche e arrabbiate. Chiediamo che non si parli di violenza contro le donne solo il 25 novembre e dopo un femminicidio. Bisogna fare informazione sempre”. A parlare è la presidente di Telefono Rosa, Maria Gabriella Carnieri Moscatelli, che Redattore Sociale ha interpellato, nei giorni in cui l’attenzione mediatica e politica verso la violenza contro le donne sembra inesorabilmente calare. Dopo giorni di prime pagine e prime serate, dedicate alla drammatica storia di Giulia e poi alla ricorrenza del 25 novembre, il rischio è che torni il silenzio e si spengano i riflettori. Un rischio che andrebbe scongiurato, visto che l’informazione sembra aver accresciuto la consapevolezza e il coraggio di denunciare, fino a raddoppiare il numero delle telefonate ricevute dal 1522, il numero di emergenza del Dipartimento per le pari opportunità.
Tutto giusto, ma non guasterebbe neanche una serie riflessione a sinistra sulla cura della malattia mentale. Per intendersi basterebbe ritornare all’omicidio della psichiatra dell’ospedale di Pisa Barbara Capovani ad opera di Gianluca Paul Seung, una persona affetta da un disturbo mentale che era stata in cura presso l’Spdc che lei dirigeva. All’epoca, a sinistra si gridò allo scandalo e alla speculazione ideologica solo perché si attribuì da destra (sob) gran parte della responsabilità all’antipsichiatria. Ma non avevano del tutto torto a vedere le foto che mostravano Seung insieme a Peppe Dell’Acqua, storico collaboratore di Basaglia, nonché direttore del Dsm di Trieste per 17 anni. In pratica anziché curare Seung questi basagliani lo invitavano come relatore a convegni dove era lecito sparlare dei medici che curano secondo scienza e coscienza. Doremmo rifletterci.