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Venezuela, Maduro vince il refendum, ma la ricca Guyana Esequiba non si darà per vinta

Come tutti gli “uomini forti” o dittatori che dir si voglia anche Nicolás Maduro ha bisogno, di tanto in tanto, di assurgere ai prosceni del teatrino internazionale. Non è la prima volta e non sarà l’ultima, il personaggio è quello che è. Questa volta lo ha fatto organizzando, e vincendo ovviamente, un referendum per l’annessione al Venezuela della Guyana Esequiba. Questa è una regione contesa situata tra il Venezuela e il Guyana. La disputa riguarda principalmente l’area a ovest del fiume Essequibo, che è un territorio ricco di risorse naturali, tra cui petrolio e gas. La storia della disputa risale al periodo coloniale.

E’ una delle migliaia aree di confine che sono contese nel mondo e sono generalmente retaggi del periodo coloniale quando le potenze europee reclamavano e stabilivano i propri territori in base a trattati e accordi che spesso mancano di chiarezza e legittimità. Nel caso della Guyana Esequiba, la disputa ha radici nelle rivendicazioni fatte da Spagna, Paesi Bassi e Regno Unito nel corso dei secoli.

Nel 1899, la controversia fu portata all’arbitrato internazionale alla Corte di Arbitrato di Parigi. La corte emise una sentenza a favore della Guyana britannica, assegnando la maggior parte della Guyana Esequiba al Regno Unito.

Tuttavia, negli anni successivi, il Venezuela rifiutò di accettare la decisione e mantenne le sue rivendicazioni sulla Guyana Esequiba. Nel corso del XX secolo, la disputa rimase una fonte di tensione tra il Venezuela e la Guyana che aveva ottenuto l’indipendenza dal Regno Unito nel 1966. Negli ultimi decenni, la questione è rimasta irrisolta e ha generato periodi di tensione tra i due Paesi.

La domanda a questo punto sorge spontanea per parafrasare il compianto Lubrano: perché riaprire questo capitolo ora? Normalmente gli “uomini forti” o dittatori che dir si voglia aprono contenziosi internazionali per coprire difficoltà interne e distogliere l’attenzione dell’opinione pubblica da crisi economiche o per smorzare una crescente spinta da parte delle opposizioni. Il prodotto interno lordo del Venezuela è cresciuto del 17,7 per cento nel corso del 2022, un dato sorprendente se si tiene conto del fatto che la nazione latinoamericana è reduce da sette anni di una devastante crisi economica, dovuta al calo del prezzo del petrolio e anche le previsioni per il 2023 volgono al bello. C’è da ritenere quindi che siano altri i motivi per questo insensato referendum che non può che essere foriero di altre iniziative che si spera rimangano nell’ambito della diplomazia.

Una ragione la si può trovare nella situazione internazionale. Stati Uniti e Gran Bretagna padroni assoluti dei destini di quella parte di mondo sono distratti dalla guerra in Ucraina e dalla crisi di Gaza e potrebbero non essere interessate a sostenere adeguatamente la Guyana in un eventuale escalation militare in Esequiba. Questa previsione potrebbe aver spinto Maduro ad intraprendere un passo che in altri tempi sarebbe stato più rischioso.

Quale che siano le motivazioni c’è da sperare di non vedere l’ennesimo fronte bellico presentarsi sul panorama internazionale. Di tutto sentiamo il bisogno tranne che di un nuovo conflitto armato.

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