Diritti

Protocollo Italia-Albania: sedici richiedenti asilo usati come cavie su una nave vuota, un disastro e una crudeltà scritti ovunque

Nel cuore della notte all’inizio di una tipica settimana lavorativa, tra domenica 14 e lunedì 15 2024, sedici uomini sono stati intercettati dalla Guardia costiera italiana mentre tentavano di attraversare il Mediterraneo. Questi uomini sono stati poi inviati in Albania, come primi soggetti di prova del nuovissimo Protocollo Italia-Albania.Il Protocollo “per il rafforzamento della collaborazione sulle questioni migratorie” è stato firmato nel novembre dello scorso anno e ratificato nel febbraio 2024, ma non è stato eseguito fino allo scorso lunedì, 14 ottobre 2024, quando ha iniziato casualmente a influenzare la vita di queste sedici persone.Con questo atto, l’Albania riconosce all’Italia il diritto all’uso di un’area del porto di Schëngjin per le procedure di ingresso e di una struttura situata nell’entroterra, a Gjader, per lo svolgimento delle procedure di asilo e rimpatrio. Il ministero dell’Interno italiano ha confermato lunedì sera che dieci bengalesi e sei egiziani, tutti arrivati ​​dalla Libia, sono stati salvati domenica in acque internazionali e si trovavano in viaggio a bordo della Libra, una nave militare italiana, verso la nazione balcanica.

    Non esiste una soluzione rapida quando si ha a che fare con le migrazioni, poiché non sono un problema ma un fenomeno umano e, quindi, sono senza tempo e non finiranno mai   

 

La nave italiana attraccata a Schëngjin dopo due giorni di navigazione con una manciata di persone a bordo e una capienza di trecento persone mette a nudo l’inutilità di un simile trasferimento, costato più di 250mila euro. L’obiettivo, infatti, non è gestire i flussi migratori, le procedure di asilo o gli arrivi, ma piuttosto fare finta che a gestirli sia il governo italiano, solo per fini propagandistici.

Non esiste una soluzione rapida quando si ha a che fare con le migrazioni, poiché non sono un problema ma un fenomeno umano e, quindi, sono senza tempo e non finiranno mai. I dati lo dimostrano bene. Secondo il ministero dell’Interno italiano, il numero di sbarchi in Italia tra il 1° gennaio e il 31 dicembre 2023 è stato di 157.652. Nonostante le varie leggi e politiche implementate dal governo Meloni per frenare le migrazioni, come l’estensione della quantità di tempo che i migranti trascorrono nei centri di detenzione pre-espulsione (CPR), l’ordinanza di costruzione di nuovi CPR, l’ampliamento dell’elenco dei cosiddetti “paesi di origine sicuri” per negare più rapidamente l’asilo e l’ostacolo al lavoro delle navi umanitarie nel Mediterraneo , l’Italia nel 2023 ha visto un aumento del +80 per cento negli arrivi di migranti, rispetto all’anno precedente.

L’accordo tra Italia e Albania è elementare nelle sue aspirazioni (ridurre i flussi migratori verso l’Italia che il governo italiano ha ritenuto “illeciti” e trasmettere un senso di controllo all’opinione pubblica), ma il suo metodo di attuazione è complesso e sconcertante.

Il Protocollo, che costerà all’Italia 670 milioni di euro in cinque anni, riguarda le persone “salvate” solo in acque internazionali, recuperate solo dalla Guardia costiera italiana, solo se provenienti da Paesi di origine considerati sicuri dall’Italia e se ritenute non vulnerabili. Tutti questi elementi sollevano preoccupazioni, e l’ultimo in particolare ha già posto un serio problema in questa prima, pubblicizzata operazione.

La direttiva sulle condizioni di accoglienza dell’UE e la legge italiana nel suo decreto legislativo n. 142/2015 cercano di definire le “persone vulnerabili” in una citazione di cinque righe. Nessuna definizione legale, tuttavia, non importa quanto lunga o precisa, potrebbe catturare la realtà delle persone in fuga dalle loro case, costrette ad allontanarsi dalle loro famiglie, che rischiano di essere ridotte in schiavitù e torturate in Libia e che attraversano acque e confini internazionali sapendo che potrebbero morire.

Il quadro della “vulnerabilità” è comunque onnipresente negli accordi e nelle politiche legate alle migrazioni, e intende trasmettere un senso di tutela dei diritti umani fondamentali e di rispetto degli obblighi internazionali. Infatti, il Protocollo Italia-Albania prevede almeno tre momenti di screening delle persone a bordo, al fine di identificare potenziali vulnerabilità: uno sulla nave della Guardia costiera italiana; uno sulla Libra, che trasporta persone in Albania, e l’ultimo nel porto di Schëngjin. Tuttavia, solo gli individui che rientrano visibilmente e indubbiamente nelle categorie sopra menzionate sono considerati “vulnerabili”, ovvero donne, bambini, anziani e persone disabili. Nel frattempo, la vulnerabilità spesso nascosta delle persone che soffrono di disturbi mentali e/o che sono state sottoposte a tortura, violenza sessuale o tratta di esseri umani, che tende a non rivelarsi facilmente anche con il tempo e professionisti ad hoc , rischierà di essere trascurata e porterà questi individui, spesso uomini, in Albania, ad affrontare procedure di frontiera accelerate in centri simili a carceri e potenziali espulsioni.

Infatti, tra le sedici persone intercettate e condotte in Albania, almeno quattro (due minori e due persone con problemi di salute) avevano profili vulnerabili scoperti solo al terzo e ultimo screening. Hanno iniziato il viaggio di ritorno in Italia solo poche ore dopo aver messo piede sul territorio albanese.

Secondo il Protocollo, le persone saranno identificate a Schëngjin e poi trasferite in un’ex base militare a Gjader, dove saranno trattenute in alloggi prefabbricati, circondati da alte mura e telecamere di sicurezza, in attesa che le loro domande di asilo vengano esaminate dall’Italia. Dovranno anche fare i conti con un sistema di videoconferenza che getta seri dubbi sulla qualità, l’equità e l’efficienza di tali procedure per la determinazione dello status di rifugiato.

I richiedenti asilo potranno comunicare con i loro avvocati allo stesso modo, da remoto, e ci si aspetta che ricevano le decisioni definitive entro 28 giorni, a differenza dell’Italia, dove i richiedenti asilo aspettano anche anni per le loro udienze e le decisioni definitive. Tuttavia, in Italia, sono almeno in grado di incontrare numerose associazioni di aiuto che lavorano per supportarli durante i loro periodi di attesa, sia attraverso assistenza legale, corsi di lingua italiana, orientamento al lavoro, supporto psicologico, eccetera, e per riflettere sul loro passato e sui loro possibili traumi.

I richiedenti asilo le cui richieste vengono respinte in Albania saranno trattenuti prima del loro eventuale rimpatrio, ma né il Protocollo né il disegno di legge di ratifica forniscono indicazioni su come verrà eseguito in pratica l’espulsione. Inoltre, non viene individuata alcuna soluzione chiara né per quei migranti che vengono riconosciuti come bisognosi di protezione internazionale, come se non dovesse mai accadere, né per coloro che non richiederanno affatto protezione internazionale.

In effetti, si prevede che la stragrande maggioranza delle richieste verrà respinta con il pretesto che i paesi da cui proviene il maggior numero di richiedenti asilo sono considerati sicuri, secondo un elenco che è stato recentemente ampliato da 15 a 21 nazioni, tra cui Bangladesh, Colombia, Perù ed Egitto, tra gli altri.

La designazione del Paese di origine di un richiedente asilo come sicuro ha conseguenze procedurali significative: una procedura di frontiera accelerata con limiti di tempo limitati per l’udienza, la decisione e l’appello; un’inversione dell’onere della prova, in modo che spetti al richiedente asilo confutare la presunzione di sicurezza del Paese e dimostrare le minacce che affronta; e l’applicazione non automatica della sospensione delle operazioni di rimpatrio durante l’appello, che normalmente garantisce il diritto del richiedente a rimanere sul territorio in attesa della decisione. Questi impatti gravemente negativi colpiscono tutti i richiedenti asilo che saranno condotti in Albania.

Dal 1° gennaio al 22 ottobre 2024 sono sbarcate in Italia 55.036 persone , in prevalenza bengalesi (11.102) e siriani (10.315), seguiti dai tunisini (7.259), ma la maggioranza sono persone considerate “Altre” con nazionalità non specificata (11.477). Non si capisce, quindi, come sia possibile separare le persone in base alla nazionalità durante le operazioni SAR o allo sbarco e portare in Albania solo persone provenienti da determinati Paesi di origine presumibilmente “sicuri”, con tutte queste conseguenze procedurali, quando persino i verbali ufficiali del Viminale italiano mostrano nella maggior parte dei casi tale difficoltà nell’identificare una nazionalità.

La designazione di alcuni Paesi come “sicuri”, anche se prevista da Direttive UE, è stata sempre più criticata e la sua legittimità condannata, anche di recente dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea. La sentenza del 4 ottobre 2024 della Grande Sezione della Corte di Giustizia dell’Unione Europea nella causa C‑406/22  afferma alcuni principi fondamentali del diritto UE in materia di procedure di asilo per i richiedenti asilo provenienti da Paesi di origine designati come sicuri, ed è destinata ad avere effetti particolarmente importanti sul Protocollo Italia-Albania.

La Corte di giustizia dell’Unione europea ha affermato che la designazione di un paese come paese di origine sicuro dipende dalla possibilità di dimostrare che “in modo generale e uniforme non vi sia mai ricorso a persecuzioni, torture o pene o trattamenti inumani o degradanti” e che tali condizioni devono essere rispettate su tutto il territorio del paese terzo interessato. Ciò significa che se un paese terzo fornisce prove di profili o regioni che stabiliscono che vi sono possibilità di persecuzione, non importa quanto piccole o remote, tale paese non può essere considerato uno stato sicuro in cui rimpatriare i cittadini, né può essere giustificata l’applicazione di procedure di asilo accelerate.

Grazie a questa importante sentenza, il Tribunale di Roma il 18 ottobre non ha convalidato il trattenimento dei 12 migranti condotti in Albania, in quanto i loro Paesi di origine non possono essere considerati sicuri, e ne ha ordinato il trasferimento in Italia nell’ambito del sistema di accoglienza ordinaria.

Nel frattempo, mentre queste persone venivano portate in Albania solo per poi fare ritorno in Italia e nel suo normale quadro normativo in materia di immigrazione e asilo, e il governo italiano ha avviato un ricorso contro la decisione del Tribunale di proteggere il futuro del Protocollo Meloni-Rama, più di duemila persone sono sbarcate da sole sulla piccola isola di Lampedusa, nel sud Italia, proprio come in precedenza.

Michela Pugliese (Euro-Med Monitor)

On the night of May 11, we rescued 67 people from a wooden boat in danger of sinking in Maltese SAR zone. Later the same night, we rescued another 29 persons from a rubber boat in distress also in Maltese SAR zone. There was a total lack of coordination from Maltese authorities against their obligation to provide assistance to boats in distress.
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