Diritti

Russia, cinque anni di carcere al sociologo Kagarlitsky per un post sgradito

Kagarlitsky viene accusato di giustificare il terrorismo, anche alla luce della sua netta contrapposizione alla cosiddetta operazione speciale in Ucraina

Cinque anni di carcere per un post su Telegram sgradito al Cremlino: è la pena che il sociologo anti-guerra e teorico marxista, Boris Kagarlitsky, deve scontare. Lo ha deciso una corte d’appello russa.

Nel testo apparso sull’app di messaggistica, Kagarlitsky metteva in relazione l’attacco ucraino al ponte di Crimea, nella sua valenza simbolica, al disegno espansionista di Putin. Nel post, l’intellettuale – una delle voci più autorevoli dell’opposizione in Russia – poneva l’accento sul legame tra le istanze della guerra e la corruzione delle oligarchie industriali russe, pronte a speculare e guadagnare sulle macerie del conflitto.

Kagarlitsky, una vita all’opposizione e in carcere

Kagarlitsky era stato già schedato come agente straniero nel 2022 ma, in realtà, ben prima di Putin, il sociologo era stato un aperto critico di Eltsin e delle oligarchie che hanno lucrato dopo la caduta dell’URSS.

Aveva conosciuto la repressione e il carcere anche in epoca sovietica (fu arrestato nel 1982 “attività antisovietiche”) a causa dei suoi scritti sui samizdat, i fogli del dissenso dell’epoca. Kagarlitsky venne scarcerato l’anno successivo, ma poté riprendere la sua attività pubblicistica e di studio solo nel 1988, grazie alla perestroika di Mikhail Gorbaciov.

Non si tratta del primo arresto: l’ultima volta che Kagarlitsky è finito in manette è stato nel 2021 per aver appoggiato ed esortato le manifestazioni di protesta contro i brogli elettorali. Viene ora accusato di giustificare il terrorismo, anche alla luce della sua netta contrapposizione alla cosiddetta operazione speciale in Ucraina.

In Italia l’intellettuale, che per anni ha cercato di riunire le forze della sinistra, ha anche collaborato con il quotidiano Il Manifesto.

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