Finisce un anno cruciale per le sorti del mondo, se ne apre un altro altrettanto importante e sarà un anno segnato pesantemente dalla prossima presidenza USA. Donald Trump sorprese molti vincendo la Casa Bianca nel 2016, poi ha guidato gli Stati Uniti attraverso un mandato caotico che includeva il primo anno di pandemia e un periodo di proteste a livello nazionale, e che si è concluso con la sua sconfitta alle elezioni per soli sette milioni di voti, la qual cosa provocò il violento attacco al Campidoglio degli Stati Uniti il 6 gennaio 2021. Quell’episodio sembrava essere la pietra tombale sulla sua carriera politica. Alla vigilia della sua seconda presidenza invece tutti, detrattori o sostenitori, sanno che dal prossimo 20 si entrerà nell’era di Trump.
Donald Trump ha vinto intercettando la frustrazione per l’aumento dell’inflazione evento che ha impoverito la classe media peraltro non abituata ad una oscillazione dei prezzi così importante e beneficiando di una svolta globale contro l’establishment. Contrariamente a quanto previsto da molti analisti ha ottenuto la più alta percentuale di neri americani e il maggior numero di elettori latini di qualsiasi altro candidato repubblicano. Anche nell’elettorato femminile, la cui rabbia per le restrizioni ai diritti imposti dai governatori repubblicani in vari stati dell’unione era considerata una garanzia di adesione alla candidata democratica, è stato favorevole a Trump.
Come sarà la presidenza Trump sembra essere abbastanza chiaro nelle sue linee generali. Il prossimo presidente ha espresso già chiaramente l’intenzione di imporre tariffe del 10-20 per cento sui prodotti europei e del 60 per cento su quelli cinesi, con l’obiettivo di proteggere l’industria nazionale e riequilibrare la bilancia commerciale. Queste misure potrebbero innescare tensioni commerciali e ritorsioni da parte dei partner internazionali, influenzando negativamente il commercio globale. Un approccio protezionistico in linea con il suo slogan elettorale “America first” che potrebbe deteriorare le relazioni con l’Unione Europea, principale partner commerciale degli Stati Uniti. Settori chiave come quello farmaceutico potrebbero subire contraccolpi significativi, con possibili ripercussioni anche sull’export italiano. In tema di politica interna l’amministrazione Trump potrebbe implementare il “Project 2025”, un’agenda conservatrice che prevede riforme radicali in vari settori, influenzando le dinamiche geopolitiche e le alleanze internazionali.
Nonostante il rischio che le politiche protezionistiche e le tensioni commerciali potrebbero rallentare la crescita economica mondiale, aumentando l’incertezza nei mercati finanziari e influenzando negativamente gli scambi internazionali, l’effetto più significativo della nuova presidenza dovrebbe manifestarsi in politica estera. La già annunciata intenzione di esercitare un ruolo di mediazione sul conflitto ucraino è solo la più eclatante differenza con la precedente presidenza democratica. Con la rielezione di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti, è prevedibile che la politica estera americana subisca significativi cambiamenti, orientandosi verso un approccio più unilaterale e focalizzato sugli interessi nazionali.
Trump ha storicamente promosso una politica estera che privilegiasse gli interessi statunitensi e mostrato scetticismo verso le alleanze multilaterali. Questo approccio potrebbe tradursi in un ridimensionamento dell’impegno degli Stati Uniti in organizzazioni internazionali come la NATO e l’ONU e favorire accordi bilaterali che ritiene più vantaggiosi per il Paese. È del tutto plausibile che Trump mantenga una posizione dura nei confronti della Cina, riprendendo la guerra commerciale già avviata durante la sua prima presidenza a cominciare dai dazi su prodotti cinesi per proteggere l’industria americana oltre ad intensificare le restrizioni sulle aziende tecnologiche cinesi, come Huawei, per limitare l’influenza di Pechino nel settore tecnologico globale.
In Medio Oriente, Trump potrebbe adottare una politica pragmatica, sostenendo alleati tradizionali come Israele e Arabia Saudita senza porre particolare enfasi sul rispetto dei diritti umani. È possibile che riprenda il modello degli Accordi di Abramo nel tentativo di negoziare nuovi accordi di pace o normalizzazione tra Israele e altri paesi arabi, le monarchie del Golfo sono altrettanto importanti e strategiche per gli USA dell’alleanza con Israele. Per quanto riguarda l’Europa, e in particolare l’Italia, la presidenza Trump evidenzia la necessità di assumere maggiori responsabilità in ambito di difesa e sicurezza, data la possibile riduzione dell’impegno americano. Il governo Meloni tenterà di cogliere opportunità per rafforzare i legami bilaterali con gli Stati Uniti, specialmente in settori come la tecnologia e l’energia.
Un’incognita sarà il rapporto con Elon Musk. Averlo come alleato potrebbe presentare opportunità significative per Donald Trump, ma anche rischi rilevanti. Elon Musk è una figura polarizzante. Le sue dichiarazioni pubbliche su temi politici, economici e sociali spesso suscitano reazioni forti e producono forti divisioni anche all’interno dello schieramento trumpiano. Questo potrebbe portare a un aumento delle critiche verso Trump per la vicinanza a un alleato controverso. Musk è stato criticato per il suo approccio libertario su questioni come la regolamentazione delle aziende tecnologiche e le sue scelte aziendali, che potrebbero mettere Trump in una posizione delicata. Il suo appoggio a movimenti e partiti di estrema destra sta già causando attriti con paesi come la Germania. Inoltre Musk gestisce aziende con interessi globali, tra cui Tesla, SpaceX e X, alcune di queste aziende dipendono da relazioni con paesi come Cina, Russia e altri stati sensibili e questo potrebbe creare conflitti di interesse.
Le relazioni di Tesla con il mercato cinese, per esempio, potrebbero essere viste come un problema, specialmente in caso di un’escalation delle tensioni tra Stati Uniti e Cina. Senza contare il rischio di sovrapposizione mediatica, Musk ha il controllo di X, una delle principali piattaforme di comunicazione, che potrebbe essere usata sia per rafforzare che per indebolire Trump, a seconda degli interessi del momento. Pertanto, mentre l’alleanza con Musk potrebbe fornire a Trump un potente alleato nel settore tecnologico e della comunicazione, i rischi legati alla polarizzazione, ai conflitti di interesse e all’imprevedibilità di Musk potrebbero rivelarsi problematici, minando la stabilità politica e la coerenza del messaggio di Trump. A quello che si legge sulla stampa americana i primi dissensi rispetto all’alleanza Trump/Musk cominciano a emergere dall’interno dell’entourage del prossimo presidente.
Dati tutti questi elementi è indiscutibile che la seconda presidenza Trump inizi con molti punti interrogativi e altrettante aspettative. Le presidenze USA normalmente sviluppate sul doppio mandato vedono i presidenti piuttosto prudenti durante i primi quattro anni per poi utilizzare il secondo mandato per caratterizzare maggiormente la propria impronta sulla politica nazionale ed internazionale agendo con più spregiudicatezza. Donald Trump è il primo presidente ad avere due mandati non continuativi ciò nonostante sarà un presidente che ha già sperimentato il ruolo e che avrà bisogno di meno tempo per ambientarsi al complicato clima politico di Washington, avrà idee più chiare e capacità maggiori per imporle anche tenendo in considerazione dell’ampia maggioranza che gode in entrambi i rami del Parlamento. Sarà interessante vedere come andrà a finire, sperando che ci si limiti all’interesse e che questa presidenza non diventi un incubo per le sorti non solo del suo Paese, ma anche nel resto della comunità internazionale.