Politica

CAMPAGNA ELETTORALE. Protesta degli agricoltori. Salvini e Meloni scendono in campo lanciandosi forconi. Schlein, Bonelli e Conte fanno meline

Anche quest’anno siamo arrivati all’ultima giornata del Festival di Sanremo. Per gli agricoltori in agitazione si tratta dell’ultima possibilità di avere un palcoscenico nazional popolare per lanciare il loro grido di dolore e di lotta. La rivolta degli agricoltori sta infiammando l’Europa ormai da un paio di settimane con delle differenze anche notevoli tra un Paese e l’altro.

Le rivendicazioni sono comuni a tutti i Paesi interessati, riguardano le richieste di redditi e aiuti più alti, l’opposizione ai rigidi paletti del Green Deal accusato di far perdere al settore agricolo europeo competitività su un mercato sempre più globalizzato. Altre rivendicazioni riguardano gli eventi climatici estremi, il caro energia, le epidemie come l’aviaria e la concorrenza delle importazioni, temi per i quali gli agricoltori chiedono maggiori tutele e finanziamenti.

L’agricoltura in Europa ha subito significativi cambiamenti dal dopoguerra ad oggi, influenzati da una serie di fattori che sono sia socio-economici sia politici e tecnologici. A partire dagli anni ’60 e ’70, l’Europa ha sperimentato una “rivoluzione”, che ha portato all’adozione diffusa di pratiche agricole intensive, con notevole uso di fertilizzanti chimici, pesticidi e nuove varietà di colture ad alta resa. Ciò ha migliorato la produttività agricola, ma ha anche portato a preoccupazioni riguardo all’ambiente e alla sostenibilità.

Negli ultimi 30 anni inoltre c’è stata una crescente meccanizzazione dell’agricoltura in Europa, con l’introduzione di macchinari agricoli avanzati come trattori, mietitrebbie e attrezzature per la lavorazione del suolo. Questo ha aumentato l’efficienza e ridotto la dipendenza dal lavoro manuale. La necessità di investire sempre maggiori capitali per sostenere il processo di meccanizzazione della produzione ha portato le aziende ad una sempre maggior capitalizzazione con la conseguente crescita in termini di dimensione e loro riduzione. L’ISTAT ha rilevato che negli ultimi quaranta anni le aziende agricole in Italia sono passate da tre milioni ad un milione di unità.

Un cambiamento notevole si ebbe nel 1962 con l’istituzione della Politica Agricola Comune dell’Unione Europea, che ha avuto un impatto significativo sull’agricoltura continentale. La PAC ha introdotto sostegni finanziari, prezzi garantiti e misure di gestione del mercato per i prodotti agricoli, influenzando fortemente i modelli di produzione agricola e la struttura del settore.

Negli ultimi decenni c’è stata una crescente consapevolezza ambientale e una maggiore domanda da parte dei consumatori di prodotti agricoli biologici e sostenibili. Questo ha portato a un aumento dell’interesse per pratiche agricole biologiche, agricoltura sostenibile e agricoltura biologica certificata. Tuttavia le aziende “bio” sono ancora un numero relativamente ridotto. La necessaria conversione ecologica che sta investendo tutti i settori economici sul sistema agricolo rischia però di impattare contro una serie di interessi e di pratiche consolidate che gli agricoltori fanno fatica a modificare. Tuttavia, ci sono sfide continue da affrontare, come la necessità di bilanciare la produttività con la sostenibilità ambientale e l’equità sociale. La maggiore obiezione che viene posta dagli agricoltori riguarda la disparità di regole tra i produttori europei e i loro competitors extra europei. Le importazioni secondo gli agricoltori europei non sono soggette alle stesse regole comunitarie e rappresentano, pertanto, una forma di concorrenza sleale.

In Italia, la rivolta si basa su due pilastri principali. Il primo è un livello di retribuzione giudicato inadeguato e il ricollocamento dei sussidi. L’agricoltura italiana genera una filiera agroalimentare allargata che ha sviluppato un fatturato di oltre 600 miliardi di euro nel 2023 messa a rischio, secondo gli agricoltori, dalle “politiche folli dell’Unione Europea”. Il secondo è la frattura che si è andata aggravando tra agricoltori e associazioni di rappresentanza. Un episodio emblematico è quello della bandiera Coldiretti bruciata a Viterbo. Le grandi confederazioni agricole, secondo i leader della protesta avrebbero tradito i loro associati diventando questa contrapposizione una delle ragioni principali della loro mobilitazione.

Questo ultimo aspetto è una pessima notizia per Giorgia Meloni perché Coldiretti è uno dei maggiori alleati di FdI. C’è, inoltre, il mai domo Salvini a cavalcare la protesta degli agricoltori in funzione anti-Meloni fino al punto da prospettare la presenza nelle liste elettorali della Lega proprio dei capi dell’attuale rivolta. Si tratterebbe di una guerra fratricida, l’ennesima, dove si fronteggerebbero nuovi e vecchi rappresentanti del mondo agricolo.

L’unica consolazione per Meloni è l’assenza, anche questa l’ennesima, del Partito Democratico. Nulla si muove dalle parti della Schlein, ancora una volta la linea della segreteria sembra essere avvolta dalla nebbia. Prima o poi un colpo dovrà batterlo e allora capiremo come la Schlein intende conciliare la vocazione green della quale si professa paladina con le richieste del mondo agricolo o, per lo meno, di quella parte che oggi è in piazza.

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