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Dopo il flop della controffensiva la guerra in Ucraina giunge al giorno 654. Ma per i russi una pace duratura torna ad essere possibile

Lo si evince dai video dove i genieri del battaglione russo Karbyshev bonificano il terreno. Nei filmati i militari parlano dell’Ucraina come un grande campo minato nel mondo. Dopo quasi due anni di guerra estenuante, con una controffensiva fallita malgrado i lunghi mesi di preparazione e i miliardi di dollari spesi dagli alleati occidentali, nella capitale ucraina emergono pericolose divisioni ed è palpabile la disillusione.

La “controffensiva di primavera”, poi rimandata all’estate, nelle aspettative era stata descritta come una campagna potenzialmente decisiva contro l’occupazione russa, che ne avrebbe spezzato il corridoio terrestre che unisce il Donbass alla Crimea, addirittura minacciando il controllo russo di quest’ultima.

La tanto sbandierata controffensiva ha invece intaccato solo marginalmente la linea fortificata delle difese russe, al prezzo di enormi perdite per gli ucraini.

I pochi sostenitori della diplomazia, ed alcuni esperti militari, avevano sottolineato che una vittoria ucraina era estremamente improbabile, dato lo squilibrio di forze tra i due paesi. Essi avevano ammonito che l’Ucraina avrebbe pagato un prezzo altissimo, per poi essere costretta a negoziare un accordo con Mosca in condizioni più sfavorevoli rispetto a quelle iniziali.

Queste voci isolate sono state invariabilmente attaccate, accusate di tradimento, tacciate di propagandismo filorusso. L’Ucraina avrebbe vinto, si diceva.

Non solo. Secondo Roberto Iannuzzi di Intelligence for the People, le possibilità di negoziato sono state attivamente e intenzionalmente sabotate nei primi mesi del conflitto, in particolare da inglesi e americani, come un insieme crescente di prove e testimonianze ha ormai indiscutibilmente dimostrato.

L’ultima conferma che un accordo di principio fra Mosca e Kiev era stato raggiunto nel marzo 2022, per poi essere silurato in primo luogo dal premier britannico Boris Johnson, proviene dalle recenti ammissioni del consigliere del presidente ucraino Zelensky, David Arakhamia.

Kiev poteva e doveva puntare ad una vittoria militare, dissero Londra e Washington, che cominciarono ad inviare all’Ucraina massicce quantità di moderne armi occidentali affinché sconfiggesse Mosca sul campo di battaglia.

Fu solo dopo l’offensiva, spiega Iannuzzi, ucraina a Kharkiv e Kherson, e dopo l’attacco al ponte di Kerch che unisce la Crimea alla Russia, nell’ottobre del 2022, che Mosca cominciò a distruggere le infrastrutture ucraine, a partire dalla rete elettrica.

E fu nei mesi successivi che Kiev iniziò a perdere centinaia di soldati al giorno nella disastrosa battaglia di Bakhmut. Malgrado la seguente controffensiva ucraina quest’estate, complessivamente nel 2023 la Russia ha conquistato più territorio di quanto non abbiano fatto le forze di Kiev.

D’altronde a Putin non mancqano i militari. Non c’è solo la nuova, massiccia mobilitazione annuale dei russi under 30, che recentemente il Cremlino ha raddoppiato portando i coscritti da 260mila e 420mila. A combattere sul fronte ucraino, volenti o nolenti, ci finiscono anche i migranti, compresi quelli intenti a trovare il modo di entrare in Europa. Lo scrive la BBC dopo aver raccolto testimonianze dirette di persone arrestate perché il loro visto era scaduto. Rinchiuse nei centri di espulsione, si sono viste avvicinare da militari e offrire un “lavoro per lo Stato“. Chi ha firmato pur di evitare l’espulsione è stato portato in un campo di addestramento al confine ucraino. E all’emittente britannica parla di imbroglio, che nulla era stato spiegato riguardo alla guerra e all’Ucraina.

Intanto la guerra in Ucraina giunge al giorno 654 e il ministero degli Esteri russo torna a parlare di pace duratura possibile se “l’Occidente smetterà di inviare armi e se Kiev accetterà le “nuove realtà territoriali”. Lo riporta Ria Novosti. Zakharova ha sottolineato anche che Mosca è aperta ai negoziati, ma ha aggiunto che per il momento Mosca non vede né a Kiev né in Occidente la volontà politica di portarli avanti.

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