Attualità, Editoriale

E’ morto un re, e pure il sacrestano

Il prossimo martedì 26 settembre si terranno a Roma i funerali di Stato del Presidente emerito Giorgio Napolitano. La famiglia ha chiesto che si tengano in forma strettamente laica. Trattandosi di una esponente che proviene dal fu Partito comunista italiano questa decisione non dovrebbe sorprendere. Eppure l’uso del termine “laico” dopo un anno del governo più reazionario e confessionale della storia repubblicana sembra quasi stonare.

Abbiamo assistito a una campagna elettorale dove il definirsi cristiani (meglio ancora se cattolici apostolici e romani) era diventato il segno distintivo dei politici di destra. Dall’urlo (divenuto ormai iconico) al cospetto concordato-mussolinidei militanti di Vox della Meloni, alla richiesta di protezione sull’amata Patria della Madonna da parte di Salvini è stata tutta una rivendicazione della propria fede. Da quando questo governo si è insediato non passa giorno che non vi sia una proposta che ribadisca il carattere cattolico dell’Italia o che nasca una polemica su eventi che hanno a che fare a torto o a ragione con questioni religiose. Molto spesso confondendo cultura lingua e religione come nel caso dell’attacco al direttore del Museo egizio di Torino reo di aver preso (peraltro già da qualche anno) l’iniziativa di concedere una agevolazione a chi parli la lingua araba. In questo caso la nostra prode presidenta si è arditamente lanciata in una feroce polemica rivendicando la propria fede cattolica che sarebbe, a suo dire, discriminata rispetto ai mussulmani confondendo la lingua araba (parlata da non più del 50% dei seguaci di Allāh) con la fede musulmana. 

Il rapporto tra Stato e religione è un tema complesso che in Italia ha avuto i drammatici esiti che conosciamo ed è sancito dal Concordato che regola le relazioni tra lo Stato italiano e lo Stato Vaticano. L’accordo principale, conosciuto come i “Patti Lateranensi,” fu stipulato nel 1929 tra il Regno d’Italia e la Santa Sede, riconoscendo la sovranità della Città del Vaticano come uno stato indipendente e stabilendo una serie di accordi e disposizioni che regolano vari aspetti delle relazioni tra la Chiesa e lo Stato italiano.

Il Concordato ha subito alcune revisioni e modifiche nel corso degli anni per adattarsi ai cambiamenti sociali e politici, ma il quadro generale delle relazioni tra lo Stato italiano e la Santa Sede rimane invariato. Ad esempio, nel 1984 è stato firmato un nuovo accordo, noto come “Intesa tra lo Stato italiano e la Chiesa Cattolica,” che ha ulteriormente regolamentato vari aspetti delle relazioni tra le due parti, inclusi i finanziamenti alla Chiesa e l’insegnamento della religione nelle scuole.

Nella Costituzione italiana, alla laicità non viene dedicato uno specifico articolo. Tuttavia, il principio di laicità dello Stato italiano è sottolineato in particolare negli articoli 7 e 8.Articolo 7: “Le confessioni religiose sono eguali davanti alla legge. Le loro relazioni con lo Stato sono regolate per legge sulla base di intese con le relative rappresentanze.
“Articolo 8: “Tutte le confessioni religiose sono eguali davanti alla legge. Le confessioni religiose diverse dalla cattolica hanno diritto di organizzarsi secondo i loro statuti, in quanto non contrastino con l’ordinamento giuridico italiano.”Questi articoli stabiliscono che lo Stato italiano è laico solo nel senso che non favorisce né discrimina alcuna confessione religiosa.

L’influenza della componente cattolica nella Costituente è evidente. Basta fare un paragone con un altro Paese dalle profonde radici e tradizioni cattoliche come la Francia per comprendere come il retaggio del Concordato e la forte influenza politica degli ambienti cattolici abbiano compresso il concetto di “laicità” all’interno di distinguo e di interpretazioni senza definirne il senso compiuto. 

In Francia il concetto di laicità è fondamentale ed è conosciuto come “laïcité”. La laicità è un principio centrale nell’organizzazione dello Stato francese ed è sancita dalla legge. Essa ha una lunga storia che risale alla Rivoluzione Francese e alle idee illuministiche da essa promosse anche se, nel tempo, ha subito diverse evoluzioni. Rimangono comunque ben chiari e definiti i limiti tra lo Stato e la Chiesa. Il principio fondamentale e più importante della laicità in Francia, infatti, è la separazione completa tra le istituzioni statali e le istituzioni religiose. Questo significa che il governo e le istituzioni pubbliche non devono interferire nelle questioni religiose, e viceversa. A fronte della piena libertà di culto viene sancito il principio della neutralità in cui lo Stato richiede che le istituzioni pubbliche, tra cui le scuole, i tribunali e le forze dell’ordine, siano neutrali dal punto di vista religioso. Ciò significa che, ad esempio, le autorità pubbliche non possono mostrare preferenze religiose o promuovere una religione specifica e i simboli religiosi sono vietati espressamente in ogni istituzione pubblica (scuole, tribunali, ospedali ecc). Tutto molto lontano da ciò che vediamo in Italia.

E’ interessante notare comunque che, a fronte di una proterva asserzione di fede, di appartenenza, di riconoscimento esclusivo della famiglia tradizionale e di tutto l’armamentario reazionario anche in Italia si è potuti giungere alla promulgazione di leggi che si rifanno alla cultura laica nel suo più pieno significato segno evidente che la società progredisce per linee che difficilmente possono essere condizionate dalla politica.

La società in questo è più avanti dei politici. Nessuno più metterebbe in discussione il divorzio, l’aborto ma anche le unioni civili. Tanto ancora c’è da fare, si veda l’attacco alla dignità e alla sicurezza delle donne che arriva sempre più palesemente anche dalla comunicazione mainstream dove si tende sempre più a colpevolizzare le vittime di abusi e violenze. Ma tanto è stato fatto e ciò che potremo conquistare da adesso in avanti parte dalla strenua difesa di ciò che le lotte delle generazioni che ci hanno preceduti hanno conquistato. Prima di avanzare è bene non tornare agli anni bui nei quali l’avvocato difensore di uno stupratore poteva portare un ago e un filo in tribunale e dire al giudice “se l’ago non sta fermo, signor giudice, il filo non può entrare”. 

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