Lettera al direttore

REDAZIONALE Ecco le scomode verità sul pane artigianale. Parola di fornaio

Molto spesso sentiamo parlare di grani antichi, teneri e duri, ma di quali varietà specifiche si tratta? E perché sono diversi dai grani moderni?

Purtroppo dobbiamo stare attenti a tutta la filiera perché in ogni singolo passaggio si potrebbe nascondere una frode o una differenza sottile ma fondamentale per l’esito finale, del resto il grano da sempre è uno degli alimenti più consumato al mondo.

Si parte dalle semenze, le vere varietà antiche hanno un nome ben preciso, che corrisponde anche ad un territorio ben preciso. Per esempio Timilia, Pierciasacchi, Russello, Biancolilla sono tutte varietà di grano duro coltivate in Sicilia. Ogni regione di Italia ha le sue varietà autoctone, coltivate prima della rivoluzione industriale.

Le varietà antiche hanno una caratteristica comune, la loro taglia alta (spighe alte come una persona) da constatare in campo, spighe meno produttive che si trasformano in una farina con un glutine particolare: molto più digeribile, ma anche più difficile da lavorare e molto più sensibile alle temperature.

Nella maggior parte dei casi la frode sta nel chiamare grani antichi anche certe miscele di varietà singole, selezionate dai mugnai per creare il proprio brand (nel loro mulino). In verità, nella maggior parte dei casi, hanno solo una o due varietà veramente antiche su cinque/dieci varietà totali utilizzate.

In altre occasioni, invece, sono solo mono varietà moderne vendute, senza scrupolo, come antiche a scopo di lucro: tanto non esiste una specifica legge a tutela del consumatore, tanto per molti un nome vale l’altro.

E’ giusto dunque definire grani antichi anche quelle varietà semplicemente vecchie o addirittura moderne?

Per esempio il “Senatore Cappelli”, uno dei grani più famosi, viene considerato antico anche se in realtà andrebbe definito vecchio perché non ha nemmeno un secolo di vita. Si tratta di un intreccio naturale ma con uno dei due genitori nord africano. Nonostante il “Senatore Cappelli” sia un ottima varietà, occorrerebbe più trasparenza. Meglio sarebbe dal punto di vista nutrizionale consumare i prodotti lì dove vengonocoltivati rispettando il ciclo delle stagioni.

Infine esistono anche i miscugli evolutivi (da non confondere con i brand moderni, vecchi o antichi) che sono più varietà mescolate a tutela della biodiversità e per resistere maggiormente al cambiamento climatico. E’ una ricerca di un miscuglio che si fa sul campo che si adatta al clima e al territorio, di anno in anno, per sviluppare una resilienza alle intemperie e per garantire sempre un raccolto minimo.

Purtroppo realizzare una farina davvero antica è molto meno produttiva per il coltivatore, di conseguenza poi sarà più cara per i rivenditori e purtroppo sarà anche più difficile da lavorare per i vari trasformatori di pani, pizze, paste e dolci proprio per il suo glutine meno resistente.

Le varietà antiche hanno un glutine più digeribile formato dalle proteine Gliadina e Glutenina con percentuali inferiori nella prima. Nei grani moderni invece abbiamo alterato chimicamente la catena proteica del glutine invertendo la percentuale maggiore con la proteina Gliadina, responsabile della celiachia (ovvero l’allergia al glutine).

Oltre alla varietà bisogna tenere in considerazione anche la provenienza, perché in coltivazioni UE/non UE si possono usare pesticidi, erbicidie diserbanti con dosaggi maggiori anche nel regime biologico. Inoltre, dato che il grano industriale è predisposto per viaggiare tanto tempo e per tanti chilometri, viene trattato chimicamente anche dopo la raccolta addizionando alla farina enzimi (alpha e beta amilasi), acido citrico, anti agglomerante e glutine secco (il tutto senza obbligo di dichiarazione). Per questo chi di solito tratta grani naturali ci tiene anche a scrivere “Senza aggiunta di sostanze chimiche”, proprio per distinguere il loro mestiere artigianale dalle pratiche occulte di una produzione industriale. 

Fondamentale è la varietà selezionata ma subito dopo sono importanti anche il coltivatore e il terreno. Anche il mugnaio svolge un ruolo fondamentale, bisogna conoscere il materiale delle pietre usate (le cave francesi o le pietre laviche sono le migliori) e il tipo di molitura. Molto spesso molini industriali macinano a cilindri, degradando il grano, in seguito uniscono l’amido alla crusca (scartata in precedenza) e così producono una farina da una base raffinata, ma venduta come integrale anche se non è stata macinata tutta insieme. Questa operazione serve per eliminare nella farina il germe che sottoposto ad alte temperature irrancidisce e diminuisce la Shelf Life di una farina.

Ma attenzione perché mangiare integrale non ci garantisce nulla. Ricordate che un cereale integrale è meglio mangiarlo biologico perché nella crusca si depositano tutte le sostanze tossiche e quindi anche tutti i residui dei pesticidi, erbicidi e diserbanti.

Quindi non ci deve interessare la sede italiana di un mulino se poi macina grano estero o raffinato, e non ci deve interessare la certificazione biologica se poi sono varietà moderne provenienti da coltivazioni UE/non UE, dove sono molto più flessibili sull’utilizzo di veleni prima, durante e dopo la coltivazione.

A conclusione della filiera, dopo aver capito che la maggior parte dei produttori preferisce il profitto a scapito della qualità, bisogna fare i conti con chi trasforma acqua e farina in pane. Molti sono i colleghi che acquistando una farina prestante e stabile si convincono che anche determinati molini siano naturali trascurando l’origine della materia prima, la varietà.

Tra lazzi e intrallazzi si è riusciti così a modificare il gusto del consumatore. Tutti ora prediligono un pane con alveoli esagerati dal gusto neutro che non hanno nulla a che vedere con una buona fermentazione, ma sono strettamente correlati con una buona quantità di glutine. Usare grani biologici, ma scegliere varietà moderne e raffinate (anche con percentuali di grani antichi) è l’ideale per avvicinare le persone verso un prodotto più salutare. Così facendo si riesce anche ad abbassare notevolmente i costi per se e per chi acquista pane e pizza a standardizzando un prodotto che comunque non sarà mai tutti i giorni uguale.

Pacco e contropacco

I trucchi più diffusi tra chi usa cereali antichi macinati a pietra sono tanti, per esempio l’usare un lievito raffinato in alte percentuali in modo da aumentare il glutine di una farina debole: il nome rimane del grano antico nonostante sia pieno di glutine industriale della pasta madre.

Un altro trucco sta nella cattiva gestione del lievito naturale e impasti a temperature controllate. Molti non sanno che un pane a pasta madre deve crescere a temperatura ambiente per sviluppare tutti i benefici di questa tecnica antica. In frigorifero i batteri lattici si addormentano mentre la minima percentuale di lieviti (presenti nella madre naturalmente) prendono il sopravvento ottenendo così un pane a lievito naturale, ma con un contenuto di batteri lattici molto limitato rispetto a una maturazione con temperatura ambiente.

In molti preferiscono questa tecnica perché evitano le controindicazioni della pasta madre che anche se migliora un prodotto dal punto di vista nutrizionale dall’altra parte purtroppo complica la produzione. 

Infatti una pasta madre gestita a temperatura ambiente ha il potere di degradare il glutine, abbassare l’indice glicemico e limitare le sostanze anti nutrizionali presenti nella crusca. Fortunatamente una lievitazione in frigorifero (pane a lievito naturale ma poco nutritivo) si riconosce perché su tutta la crosta del pane ci saranno tante piccole bolle d’aria in rilievo, una sorta di morbillo trasparente.

Altri invece semplicemente aggiungono un pizzico di lievito di birra per essere sicuri di ottenere una lievitazione nei tempi prestabiliti e con una leggerezza apparentemente maggiore. Altri, invece, oltre al lievito aggiungono anche una percentuale di farina forte, grano raffinato e moderno, e ciò nonostante chiamano il grano sempre antico, e sempre macinato a pietra, e sempre a lievito naturale. 

Concludendo anche un finto pane artigianale è sempre meglio del pane dei classici forni tradizionali, la qualità è molto più elevata, ma prima di fare un pane veramente naturale bisogna conoscere tutta la filiera perché, purtroppo, troppo spesso si sentono nominare i grani antichi anche quando non lo sono. Le mie sono constatazioni amichevoli ottenute dopo oltre dieci anni nel settore del pane artigianale, dove quotidianamente ho avuto modo di provare moltissimi molini o coltivatori biologici e non, grano raffinato e non, ho provato tante tecniche, usato tanti lieviti e posso assicurarvi che la filiera del grano è piena di millantatori.

Pensate che in passato ho lavorato in una attività che vendeva biscotti confezionati “Gentil rosso” anche senza aver mai avuto quella varietà in laboratorio.

È importante conoscete direttamente il piccolo produttore, ma assicuratevi di capire sempre la trasparenza e l’onestà del prodotto, perché per fortuna c’è anche una minoranza di seri professionisti responsabili che mettono al primo posto la salute di persone e ambiente.

Quindi ricordatevi che l’unico modo per riconosce un vero pane artigianale è ripetere questo mantra prima di acquistarlo: “Quando gli alveoli sono esagerati i grani sono moderni e raffinati”.

Manuel di INFARINATURA

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