Editoriale

Indignatevi senza protestare

Nell’indifferenza generale si sta ripetendo, con toni e pratiche ancor più aggressive, ciò che abbiamo già visto nei primi mesi della guerra in Ucraina: la censura delle voci non allineate sulle posizioni di Israele. In Italia il ministro della Cultura Sangiuliano, ha vietato di esporre bandiere palestinesi sui monumenti italiani in quanto simboli «anti-Israele».

Moni Ovadia ha dato le dimissioni da direttore del Teatro di Ferrara dopo gli attacchi per le sue idee a favore dei palestinesi. Gli organi di informazione sono tutti compattamente a favore di Israele. Ad Adania Shibli, scrittrice palestinese, è stato sospeso un premio letterario affinché fosse data maggiore visibilità a «voci israeliane ed ebraiche». Questo solo per citare gli episodi più eclatanti.

A Roma è stato sfregiato il murales in memoria di Shireen Abu Akleh, corrispondente palestinese di Al Jazeera, brutalmente uccisa dall’esercito israeliano l’11 maggio 2022. Ultimo grave episodio quello accaduto due giorni fa a Roma dove l’influencer italo palestinese Karem Rohana noto per il profilo Ig, Karem from Haifa, ha subito un’aggressione appena rientrato dalla striscia di Gaza ad opera di due individui incappucciati. 

Anche negli altri Paesi europei le cose non vanno diversamente. Il governo francese ha proibito qualsiasi manifestazione di piazza pro-Palestina. Una iniziativa parlamentare è stata presentata contro Karim Benzema, giocatore della nazionale francese reo di aver espresso opinioni filo arabe proponendo addirittura la cancellazione della nazionalità francese.

Uno dei casi più eclatanti è quello di Motaz Azaiza, giornalista palestinese residente a Gaza e collaboratore dell’UNRWA (l’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi) che, attraverso la propria pagina Instagram, documenta dall’interno della Striscia gli avvenimenti di questi giorni. Il suo profilo è stato oscurato diverse volte, al punto da rendere necessaria la creazione di un profilo secondario. Anche all’attivista italo-palestinese Karem Rohana è toccata la stessa sorte. Meta ha sospeso la pagina Instagram dell’Harvard Undergraduate Palestine Solidarity Committee dopo che una trentina di studenti avevano lasciato un post che denunciava le responsabilità di Israele nella crisi attuale. 

La censura anti-palestinese non poteva non colpire anche i social media, dove sempre più utenti denunciano la rimozione o l’oscuramento di contenuti per il semplice fatto di riportare posizioni a sostegno della causa palestinese. Questi sono solo alcuni episodi indice di un clima di generale censura che sta oscurando qualsiasi tentativo di articolare analisi che non siano allineate sulle posizioni di Israele. La libertà di informazione è imprescindibile in ogni Paese che vuole definirsi democratico, la censura sulle idee, spacciata per contrasto all’appoggio ad atti terroristici deve essere combattuta con forza e lo devono fare più di tutti quei giornalisti e quegli organi di stampa che sono le prime vittime di questa situazione. Purtroppo le pressioni sono tali da impedire che si alzi con forza la voce della stampa libera. Aspetteremo tempi migliori. 

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