Editoriale

ATTENTATO ALLA LOGICA la Russia non crede alla rivendicazione dell’Isis. Sconcertanti reazioni alla strage al Crocus City Hall. I nostri timori con l’analisi (video) del generale Mini e del prof. Francesco Dall’Aglio

A distanza di tre giorni dall’attentato al “Crocus City Hall” di Mosca ci sono più dubbi che certezze. A cominciare dalla dinamica dell’assalto al teatro. In una Mosca militarizzata e controllata in ogni angolo della città un manipolo di uomini armati di tutto punto possono assaltare un teatro in pieno centro, compiere una strage durata ben 18 minuti, salire su una comune vettura con targa bielorussa e andarsene tranquillamente verso un posto non meglio definito dato che la logica direbbe che la destinazione dovesse essere proprio Minsk mentre le autorità russe parlano di un tentativo di sconfinamento in Ucraina. L’attentato in questione, rivendicato dall’ala afghana dell’ISIS, è stato compiuto sicuramente da persone ben addestrate e capaci di gestire una sparatoria utilizzando armi di diverso tipo. Nell’auto intercettata e bloccata sono stati trovati quattro individui che hanno affermato di essere stati contattati su un qualche social con la proposta di effettuare la strage a fronte di un pagamento di cinquemila dollari.

Sembrerebbe del tutto evidente che questa ricostruzione sta alla verità come la relazione della commissione d’inchiesta del parlamento americano sta all’attentato dell’11 settembre. Non serve essere complottisti per dire che né i quattro “scappati di casa” accusati dell’attentato di Mosca né Atta e i suoi accoliti autori dei dirottamenti del 2001 possono aver agito come le rispettive autorità vogliono far credere.

La domanda da porci adesso è la seguente. Se l’attentato alle Torri gemelle (chiunque ne sia stato l’organizzatore) servì al governo americano per iniziare la campagna militare contro l’Afghanistan per cosa sarà utile a Putin la strage di Mosca? Un primo indizio ce l’abbiamo ed è proprio la destinazione finale del viaggio dei presunti attentatori. Tutto fa credere che fosse Minsk ma i russi affermano che la loro intenzione era quella di entrare in Ucraina passando attraverso il fronte con una macchina con targa bielorussa (se alla Disney sono furbi di questa storia ne faranno il prossimo cartone animati di successo). A cosa serve allora affermare una cosa così inverosimile? Si vogliono raggiungere apparentemente due scopi.

Il primo riguarda l’impegno preso da Putin di sradicare l’estremismo islamico e ceceno (“li cercheremo anche dentro il cesso” diceva nella sua prima campagna elettorale) e proteggere la popolazione russa. Nonostante questo formale impegno nel corso degli anni ci sono stati innumerevoli attentati con conseguenze drammatiche sia in termini di vittime che di immagine per la dirigenza russa. Ricordiamo per esempio l’attacco al teatro Dubrovka di Mosca nel 2002 quando un gruppo di militanti ceceni prese in ostaggio più di 800 persone durante una rappresentazione teatrale. Le forze speciali russe irruppero nel teatro dopo tre giorni di stallo, ma l’operazione causò la morte di più di 130 ostaggi, principalmente a causa del gas utilizzato per neutralizzare i sequestratori. Nel 2004, una serie di attentati dinamitardi colpirono due treni della metropolitana di Mosca, uccidendo oltre 40 persone e ferendone centinaia. Gli attacchi furono attribuiti a militanti ceceni.

Sempre nel 2004 ci fu l’episodio più grave quando un gruppo di militanti armati prese in ostaggio più di 1.100 persone, principalmente bambini, all’interno di una scuola nella città di Beslan, nell’Oblast’ di Ossezia del Nord. Dopo tre giorni di stallo, le forze speciali russe intervennero nell’edificio, ma l’operazione si concluse in una sparatoria che causò la morte di oltre 330 persone, inclusi più di 180 bambini.

Nel 2015, un aereo di linea russo della Metrojet (Volo 9268) si schiantò nella penisola del Sinai in Egitto poco dopo il decollo da Sharm el-Sheikh. Tutte le 224 persone a bordo persero la vita nell’incidente. Il gruppo Stato Islamico (ISIS) rivendicò la responsabilità dell’attentato, affermando di aver piazzato una bomba a bordo dell’aereo.

E’ del tutto evidente che questo ennesimo attentato mina la credibilità del presidente russo proprio in un momento nel quale il recente plebiscito popolare ne aveva consolidato l’immagine. Far nascere il sospetto che dietro l’attentato ci siano i servizi ucraini e non solo semplici terroristi serve a sviare l’attenzione dell’opinione pubblica dalla sicurezza interna ad un elemento della guerra in corso contro uno stato estero. La differenza non è irrilevante.

La seconda ragione per questo tentativo oltremodo goffo di coinvolgere gli ucraini risiede nella fatto che questa versione degli eventi offre a Putin una ragione/scusa per giustificare una possibile (forse inevitabile o forse addirittura già in atto) escalation degli attacchi all’Ucraina e in maniera particolare alla città di Kiev con l’inevitabile coinvolgimento della popolazione civile. Il ragionamento alla base di questa decisione sarebbe “fino ad ora i combattimenti hanno coinvolto quasi esclusivamente gli eserciti, adesso che avete attaccato direttamente la nostra popolazione civile abbiamo mano libera ad agire contro la vostra”.

Di orrore in orrore si va verso un allargamento del conflitto che sembra che tutti i capi politici e militari di entrambi i fronti ritengano inevitabile. Ma ci si può arrendere di fronte ad uno scenario così catastrofico? Tra le tante domande che ci si pone in questo momento quella sulla inevitabilità di una guerra generalizzata questa dovrebbe essere la più impellente, quella da non evitare, la risposta da cercare a tutti i costi.

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