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Juliette Binoche e il disagio degli ‘invisibili’

Porte chiuse tra ricchi e poveri perché alla fine, al di là di ogni temporaneo avvicinamento, prevale comunque la lotta di classe, la distanza.

Lo dimostra, con la giusta crudezza e senza alcuna concessione, TRA DUE MONDI di Emmanuel Carrère, già alla Quinzaine des Réalisateurs a Cannes e ora film d’apertura alla dodicesima edizione di ‘Rendez Vous, Nuovo Cinema Francese’, prima di approdare in sala con Teodora il 7 aprile.

Ritorno di Carrère alla regia, il film, che ricorda un po’ quelli di Ken Loach, è ispirato a sua volta al romanzo-inchiesta ‘Le quai de Ouistreham’ di Florence Aubenas, giornalista di Liberation che descrive in quest’opera il suo viaggio nel lavoro precario. Nel 2010 la giornalista (nel film si chiama Marianne ed è interpretata da Juliette Binoche), senza rivelare la propria identità, si presenta all’ufficio di collocamento e viene assunta, dopo non poche difficoltà, come donna delle pulizie sul traghetto che attraversa la Manica. Da qui uno straordinario e appassionante viaggio in quello che Georges Bataille chiamava il ‘basso materialismo’, ovvero quei luoghi di orrore, fascinazione e imbarazzo da cui distogliamo lo sguardo e che preferiamo affidare ad altri, come gli addetti alle pulizie.

TRA DUE MONDI racconta così molto bene i ritmi massacranti e le molte umiliazioni di chi fa questo lavoro, ovvero sistemare in poche ore centinaia di letti e pulire poi altrettanti bagni sempre con il rischio di non farcela, con le ossa doloranti, senza alcuna soddisfazione. Ora, come capita sempre negli eccessi, anche quei pochi ritagli, pause rubate per una sigaretta, diventano per questi addetti alle pulizie momenti straordinari e irripetibili in cui l’amicizia si fa solida ed affidabile, estrema. È il caso dei colleghi di Marianne, tutte persone ai margini, e soprattutto di Christèle (Hélène Lambert), madre single dallo sguardo fiero. Ma la vera identità della scrittrice, in questo film politico ed esistenziale allo stesso tempo, inevitabilmente non può restare nascosta. E alla fine ci si chiede se questo sia solo un espediente per mostrare ancora meglio tutta la distanza che c’è tra questi due mondi. “Fin dall’inizio si era stabilito di lavorare solo con attrici non professioniste – dice il regista – . Due di loro, Nadège e Justine, recitano addirittura nei panni di se stesse. Juliette ha dato un enorme contributo nel lavoro con le attrici, io stesso ero sorpreso dalla sua umiltà e generosità: le ha dirette almeno quanto me, non perché abbia impartito loro delle istruzioni, ma per il modo in cui ha interpretato il suo ruolo al loro fianco. Poiché la mia esperienza nel cinema resta limitata, quello che mi sono detto prima di iniziare le riprese è che se la chimica tra Juliette e il resto del cast avesse funzionato, il film avrebbe meritato di essere visto. E così è stato”.

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