Ambiente

La primavera Trentina delle mele avvelenate

Il Trentino è la terra dei sogni, delle alte montagne e dei grandi laghi, una regione ricca di storia, di tradizioni e di paesaggi mozzafiato.

Il Trentino dovrebbe essere una favola, infatti ricorda molto bene quella di Biancaneve: dove delle aziende in cerca della mela perfetta, preferiscono avvelenare territorio, animali e cittadini con un consumo spropositato di pesticidi, protetti spesso dallo specchio magico delle autorità che non intervengono per proteggere gli interessi più grandi del reame.

Dalla favola alla realtà: la regione autonoma risulta essere una delle regioni Italiane che utilizza più fitofarmaci in assoluto: (qui il rapporto Ispra)  in un Paese, l’Italia, che risulta essere a sua volta uno dei più grandi consumatori di fitofarmaci a livello Europeo (Fonte WWF e Ispra).

Infine non si può non tenere in considerazione, il rapporto Ispra 2016, pubblicato da pochi giorni, il quale ha segnalato un aumento dei pesticidi nelle acque superficiali e sotterranee in tutta Italia.

Certamente, la questione più dibattuta del momento è quella riguardante i reali rischi a lungo termine di questi prodotti. Di recente, medici, esperti, cittadini e contadini si sono riuniti in Val di Non, dove il consumo di fitofarmaci è consistente da ormai molti anni, per via delle ben note coltivazioni di mele. Il dibattito tenutosi in marzo ha portato ad interessanti discussioni riguardo temi forti e dati piuttosto allarmanti, come riportano questi passaggi dell’articolo di un giornale locale: «Il dibattito sui pesticidi c’è ed è pure molto acceso».

Nell’affollatissima sala dell’Istituto comprensivo di Cles, si è svolto il convegno «Ambiente è salute: esposizione cronica a pesticidi e Dna umano», presentazione della prima ricerca scientifica su alcuni residenti della Val di Non ed organizzata dal Comitato per il diritto alla salute. In quel frangente Il dottor Marco Tomasetti dell’università politecnica delle Marche ha spiegato l’azione dei pesticidi sul Dna umano:«anzitutto essi – ha spiegato – creano una rottura del genoma, poi inibiscono la naturale funzione ricostruttiva e, proprio per questo, obbligano la cellula a riprodursi in maniera errata. Questo non significa certo malattia istantanea, ma è comunque una premessa a tumori o malattie neurodegenerative.» 

Evidentemente qualche rischio c’è, o per lo meno c’è qualcosa di cui parlare, qualcosa della quale assicurarsi: i pesticidi a quale distanza da persone, case, scuole e strade dovrebbero essere irrorati per non causare danni in modo assoluto? Certo le fonti di inquinamento chimico sono molte, ma il tema in questione non vuole essere una lotta diretta verso una categoria, ma piuttosto una tutela verso tutti, anche chi si trova ad utilizzare questi prodotti per lavoro.

Dal punto di vista dei cittadini qualche legge a riguardo già esiste, con un regolamento che stabilisce le distanze minime da abitazioni, scuole, strade, etc.. e degli orari consentiti per l’irrorazione di sostanze pericolose.

Non sempre però queste leggi vengono rispettate ed i cittadini Trentini lo sanno bene. Come tutelarsi allora? I vigili urbani ad esempio sono attivi solo dopo le sette del mattino, mentre le irrorazioni molto spesso avvengono molto prima, alle prime luci dell’alba. Ci si può allora rivolgere ai carabinieri, ma anche questi ultimi nella fascia oraria che precede le sette del mattino hanno poco personale attivo e spesso questo è impegnato in quelle che sono considerate operazioni di maggiore rilevanza.

Quindi in definitiva, un cittadino che osserva un trattore irrorare pesticidi tossici alle sei del mattino a cinque metri da casa sua, sarà lasciato solo: difficilmente le autorità arriveranno in tempo per cogliere sul fatto l’irroratore e multarlo.

Sappiamo che da circa tre anni molte persone stanno vivendo in prima persona questo processo, fatto di denunce, filmati, discussioni e promesse. Nulla è ancora cambiato: a Trento Nord, in un piccolo campo di appena trenta metri per trenta, circondato dalle case, si irrora almeno una volta in settimana prima delle sei del mattino e le denunce si costruiscono sulla base di foto e filmati di pochissimi cittadini virtuosi che si espongono per vedere un loro diritto rispettato.

I vigili dicono che i cittadini hanno ragione, i carabinieri dicono che la legge da ragione a chi subisce questo trattamento iniquo che mette a rischio la salute. Eppure sono tre anni che alcune famiglie denunciamo questa situazione senza ottenere nulla. A cosa serve quindi avere una legge quando non è possibile farla rispettare?

Questi piccoli campi (nella foto uno di questi) vengono irrorati in due minuti e trenta secondi, peccato che il tempo che serve per alzare il telefono, spiegare la situazione alle autorità e aspettare che arrivino, sia molto più lungo. L’ingranaggio è bloccato, non si va avanti, non si torna indietro e nel frattempo i cittadini rischiano la salute mentre si sentono abbandonati dalle autorità e dalla regione che dovrebbe proteggerli.

Se pensate che questo sia un problema solo Trentino, vi sbagliate di grosso. Purtroppo seppur in misura minore in tutta Italia si usano pesticidi in modo intollerabile e la legge nazionale è ancora più confusa di quella regionale. Il gruppo No Pesticidi di Facebook, vanta 12.000 iscritti in 8 mesi ed ha alle spalle una petizione firmata da 11.000 persone per tutelare da pesticidi e diserbanti, chi vive in campagna.

Sul gruppo troverete una bacheca talmente fitta di testimonianze da far rabbrividire, ma vi sono anche tantissime splendide alternative naturali per garantire risultati soddisfacenti, senza distruggere la biodiversità. Troverete un dialogo acceso tra agricoltori che provano nuove tecniche, sperimentano e rischiano per salvaguardare l’ambiente e le persone che fanno parte del nostro ecosistema, ormai sin troppo fragile.

Il discorso è vecchio come il mondo, la colpa è del sistema, del consumatore che vuole belle mele, delle multinazionali dei pesticidi e del mercato che danneggia gli agricoltori. Vero, ma non possiamo dimenticare che questi fitofarmaci alla lunga danneggiano il terreno, entrano nelle falde acquifere, uccidono le api e danno origine ad un ciclo poco sostenibile.

Una regione così bella, così innovativa e così ricca come il Trentino dovrebbe essere un esempio di sostenibilità, dovrebbe tutelare agricoltori e cittadini, promuovendo l’agricoltura vera, quella di una volta, quella senza veleni. Non sarebbe bello essere il polmone verde del nostro Paese?

A Malles, in Alto Adige, cittadini e contadini sono arrivati ad un accordo soddisfacente. Il dialogo è una soluzione, il dialogo è democrazia e tutela. Proviamoci anche noi, facciamo le leggi e facciamole rispettare. Dopotutto, voi accettereste la mela avvelenata?

Veronica Isernia (lavocedeltrentino)

 

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