L’Istat diffonde le stime preliminari della povertà assoluta per l’anno 2023 insieme alle stime preliminari delle spese per consumi delle famiglie che, come noto, costituiscono la base informativa per gli indicatori della povertà assoluta. Ricordiamo che sono classificate come assolutamente povere le famiglie con una spesa mensile pari o inferiore a una soglia minima corrispondente all’acquisto di un paniere di beni e servizi considerato essenziale a garantire uno standard di vita minimamente accettabile nel contesto di riferimento e a evitare gravi forme di esclusione sociale. Le stime definitive saranno rese disponibili il 10 ottobre 2024 (Spese per consumi) e il 17 ottobre 2024 (Povertà).
Nel 2023 la spesa familiare in valori correnti cresce trainata dall’inflazione
La serie storica della spesa media mensile delle famiglie dal 2014 al 2023, ricostruita secondo la nuova classificazione COICOP 2018 introdotta lo scorso anno, mostra come nel periodo considerato la spesa media delle famiglie sia cresciuta da 2.519 a 2.728 euro mensili, con un aumento in valori correnti dell’8,3%. L’aumento, secondo l’Istat, è stato più accentuato nel Mezzogiorno (+14,3%), dove la spesa è salita da 1.955 a 2.234 euro mensili, e nel Centro (+11,4%), dove è cresciuta da 2.651 a 2.953 euro mensili. Nel Nord, invece, l’incremento è stato del 4,5% (dai 2.837 euro mensili del 2014 ai 2.965 del 2023), ben al di sotto del dato nazionale. Al netto dell’inflazione, nel 2023, la spesa delle famiglie diminuisce in termini reali del 10,5% rispetto al 2014.
La serie mostra una sostanziale stabilità in valori correnti del fenomeno fino al 2017, quando si registra un aumento statisticamente significativo della spesa rispetto all’anno precedente (+1,5%), più forte nel Centro (+3,6%). Per la prima volta dal 2014, aumenta anche la disuguaglianza: il rapporto tra la spesa totale equivalente delle famiglie dell’ultimo quinto e quella delle famiglie del primo (S80/S20) sale a 5,1, a fronte del 4,8 degli anni precedenti. “Nel biennio successivo – sottolinea l’Istat -, la spesa media non evidenzia ulteriori significative variazioni, per effetto anche degli interventi di redistribuzione a sostegno del potere di acquisto delle famiglie, come l’introduzione, nel 2018, del Reddito di Inclusione (REI), e nel secondo trimestre del 2019 del Reddito e Pensione di Cittadinanza (RdC), che ha affiancato il REI fino al definitivo superamento di quest’ultimo. Nello stesso arco temporale, la disuguaglianza si riduce dapprima leggermente nel 2018, per poi stabilizzarsi, nel 2019, a 4,8”.
Continua l’Istat: “Nel 2020, con l’insorgere dell’emergenza sanitaria legata alla pandemia, la spesa si contrae fortemente (-9,7%). La flessione, diffusa su tutto il territorio nazionale, risulta più intensa nel Nord (-10,5%). Nello stesso anno, la disuguaglianza scende a 4,7, valore più basso dell’intera serie storica, per lo più a causa degli effetti delle restrizioni introdotte a contrasto della pandemia, che hanno riguardato soprattutto i capitoli di spesa che pesano maggiormente sul bilancio delle famiglie più abbienti (mentre sono rimasti invariati solo i capitoli relativi alle spese per alimentari e abitazione). Alla ripresa dell’attività economica, nel 2021, contribuisce anche l’espansione della spesa delle famiglie, che sale in tutto il Paese (+4,4%), ma soprattutto nel Nord (+5,8%). Aumenta inoltre la disuguaglianza, che si riporta ai valori pre-pandemia (4,9). L’espansione della spesa prosegue anche nel 2022 (+8,7%; nel Mezzogiorno +9,9%), in un contesto di rallentamento della crescita economica, principalmente a causa della rapida accelerazione dell’inflazione. Ritorna ai valori pre-pandemia anche il tasso di risparmio lordo delle famiglie consumatrici (8,0%), che era cresciuto molto nel 2020 (+15,6%) e nel 2021 (13,8%), accompagnandosi a un ingente calo delle spese. La disuguaglianza si mantiene invece stabile sui valori dell’anno precedente (4,9)”.
Nel 2023, la stima preliminare della spesa media mensile delle famiglie residenti in Italia è pari a 2.728 euro mensili in valori correnti, in crescita del 3,9% rispetto ai 2.625 euro dell’anno precedente. “Tale crescita, tuttavia, risente ancora in larga misura dell’aumento generalizzato dei prezzi (+5,9% la variazione su base annua dell’indice armonizzato dei prezzi al consumo); in termini reali, la spesa media si riduce infatti dell’1,8%. La disuguaglianza rimane ancora stabile a 4,9”, evidenzia l’Istat. Che aggiunge: “Rispetto al 2022, il 2023 è stato caratterizzato da un’inflazione in rallentamento, ma ancora sostenuta, e da segnali di ripresa economica leggermente più deboli (+6,2% la variazione su base annua del Pil in termini correnti, ma solo +0,9% in volume). Nel contempo, il tasso di risparmio lordo delle famiglie consumatrici, nei primi tre trimestri dell’anno, è sceso al 6,6%, dunque molto al di sotto dei valori pre-pandemia, segnalando che le famiglie, per far fronte al forte incremento dei prezzi, hanno diminuito la propria capacità di risparmio”.
L’aumento delle spese per consumi delle famiglie è diffuso su tutto il territorio nazionale, ma è più accentuato nel Centro (+5,7%) e nel Mezzogiorno (+4,2%), seguiti dal Nord (+3,1, con una variazione non statisticamente significativa nel Nord-ovest). In valori assoluti, la spesa media più elevata si osserva nel Nord, dove si attesta a 2.965 euro mensili, e nel Centro (2.953 euro), seguiti a maggiore distanza dal Mezzogiorno (2.234 euro).
Sostanziale stabilità della povertà assoluta rispetto al 2022
La serie storica della povertà assoluta, analizzata dal 2014 con i dati ricostruiti secondo la nuova metodologia di stima, presenta una crescita dell’incidenza familiare e individuale nell’arco dei nove anni considerati (2014-2023).
L’incidenza di povertà familiare, che nel 2014 è risultata pari al 6,2%, nei due anni successivi è rimasta stabile, crescendo in maniera significativa nel 2017, quando l’indicatore familiare è arrivato al 7,2%. Quest’ultimo si stabilizza di nuovo nel 2018, per poi decrescere nel 2019 al 6,7%, in concomitanza con l’introduzione del Reddito di cittadinanza di cui, a partire dal secondo trimestre, hanno beneficiato circa un milione di famiglie in difficoltà.
Nel 2020, anno della pandemia, l’incidenza riprende a crescere, arrivando al 7,8% e interessando oltre 2 milioni di famiglie, per poi stabilizzarsi nel 2021. Tale andamento risente principalmente del calo della spesa dovuto alle misure restrittive introdotte nel corso dell’emergenza sanitaria e al loro impatto sui comportamenti di spesa delle famiglie. Nel 2022, l’incidenza torna ad aumentare e arriva all’8,3%, in larga misura a causa della forte accelerazione dell’inflazione, che ha colpito in particolar modo le famiglie meno abbienti. Le spese di queste ultime non sono riuscite infatti a tenere il passo dell’aumento dei prezzi, incluso quello dei beni e servizi essenziali considerati nel paniere della povertà assoluta.
Nel 2023, secondo le stime preliminari, l’incidenza di povertà assoluta è pari all’8,5% tra le famiglie (8,3% nel 2022) e al 9,8% tra gli individui (9,7% nel 2022), in un quadro di sostanziale stabilità rispetto al 2022: si tratta di oltre 2 milioni 234 mila famiglie, per un totale di circa 5 milioni 752 mila individui.
Dal 2014 al 2023, la dinamica dell’incidenza individuale segue quella familiare, anche se su livelli più elevati e con un leggero distanziamento nel corso del tempo. Si passa dal 6,9% del 2014, fino all’8,3% del 2017 e 2018; nell’intero periodo si nota un’unica flessione significativa nel 2019, quando l’incidenza individuale scende al 7,6%. Dal 2020, l’indicatore riprende la sua crescita e dal 9,1% arriva al 9,8% nel 2023, anno in cui la povertà assoluta coinvolge oltre 5,7 milioni di persone.
Nel 2023, +9% alimentari e bevande analcoliche, +2,8% il non alimentare
Nel 2023, l’aumento di spesa più elevato rispetto all’anno precedente si osserva per il capitolo Servizi di ristorazione e di alloggio (+15,7%), sebbene sia comunque meno intenso rispetto all’incremento osservato nel 2022; a seguire, gli aumenti registrati per Beni e servizi per la cura della persona, servizi di protezione sociale e altri beni e servizi (+13,9%) e per Servizi assicurativi e finanziari (+13,5%), capitoli che avevano già riportato un segno positivo nel 2022 ma che nel 2023 mostrano una crescita più forte. Continua anche il recupero della spesa per Ricreazione, sport e cultura (+10,1%, anche in questo caso meno intenso rispetto al 2022.
A fronte del forte incremento dei prezzi di Alimentari e bevande analcoliche (+10,2% la variazione su base annua dell’IPCA), le spese delle famiglie per l’acquisto di questi prodotti crescono del 9% rispetto al 2022. Anche i dati Istat sul commercio al dettaglio per la vendita di beni alimentari registrano in media, nel 2023, un aumento tendenziale in valore (+2,8%) e una diminuzione in volume (-3,7%), a testimonianza del fatto che le famiglie continuano a modificare le proprie strategie di acquisto per far fronte all’aumento dei prezzi.
Crescono, nel 2023, anche le spese per Trasporti (+8,7%) e per Salute (+3,4%), ma in entrambi i casi meno del 2022. Infine, diminuiscono significativamente (-2,8%) le spese per Abitazione, acqua, elettricità, gas e altri combustibili (spese che includono anche gli interventi di ristrutturazione), essendo in larga misura rientrata la forte accelerazione dei prezzi degli energetici registrata nel 2022. Per tutti gli altri capitoli di spesa, non si osservano variazioni statisticamente significative rispetto al 2022.
La spesa equivalente scende in termini reali per famiglie più e meno abbienti
Nel corso del 2023, la dinamica della spesa equivalente risulta moderatamente più intensa per le famiglie meno abbienti (+4,5%) rispetto a quelle nell’ultimo quinto (+3,6%), principalmente a causa dell’aumento dei prezzi al consumo del capitolo Alimentari e bevande analcoliche, che pesa di più sulla spesa delle famiglie più povere. In particolare, la dinamica inflazionistica, decrescente al migliorare delle condizioni economiche, risulta compresa tra il +6,5% delle famiglie meno abbienti e il +5,7% delle più abbienti.
Nel 2023, l’andamento dei prezzi ha dunque leggermente indebolito sia la posizione delle famiglie più disagiate (primo quinto) sia quella delle più abbienti (ultimo quinto): in entrambi i casi, tenendo conto dell’IPCA riferito a ciascuna classe di famiglie, si registra una variazione negativa della spesa equivalente in termini reali pari a -2%.
Si conferma il forte disagio economico fra i minori
L’incidenza di povertà assoluta familiare per ripartizione mostra, nel 2023, il valore più elevato nel Mezzogiorno (10,3%, coinvolgendo 866 mila famiglie), seguito dal Nord (8,0%, un milione di famiglie) e dal Centro (6,8%, 365 mila famiglie). L’incidenza individuale conferma il quadro tratteggiato in precedenza, con il Mezzogiorno che mostra i valori più elevati (12,1%), sebbene, rispetto al 2022, il Nord presenti segnali di peggioramento (9% dall’8,5%; 2,4 milioni di persone).
L’intensità della povertà assoluta, cioè la distanza media della spesa per consumi delle famiglie povere dalla soglia di povertà, nel 2023 rimane stabile rispetto all’anno precedente (18,2%), con dinamiche differenziate fra le ripartizioni: è in crescita nel Nord (18,6%, dal 17,6% del 2022), mentre segna una riduzione nel Mezzogiorno (scende al 17,9%, dal 19,3%).
Le stime preliminari 2023 mostrano per le diverse tipologie familiari una stabilità dell’incidenza, confermando il quadro del 2022. Le famiglie più numerose presentano i valori più elevati: quelle con cinque e più componenti si attestano al 20,3% (tornando ai valori del 2021), mentre il valore più basso è quello relativo alle famiglie con due componenti (6,1%).
La presenza di figli minori continua a essere un fattore che espone maggiormente le famiglie al disagio; l’incidenza di povertà assoluta si conferma più marcata per le famiglie con almeno un figlio minore (12%), mentre per quelle con anziani si attesta al 6,4%.
Nel 2023, l’incidenza di povertà assoluta individuale per i minori è pari al 14%, il valore più alto della serie storica dal 2014; i minori che appartengono a famiglie in povertà assoluta, nel 2023, sono pari a 1,3 milioni. Rispetto al 2022, le incidenze di povertà sono stabili anche tra i giovani di 18-34 anni (11,9%) e tra gli over65 (6,2%), che restano la fascia di popolazione a minore disagio economico.
Per le famiglie con persona di riferimento (p.r.) di 18-44 anni, dunque in piena età attiva, si continuano ad osservare nel 2023 valori elevati dell’incidenza di povertà assoluta, che superano l’11% (rispettivamente, 11,8% per le famiglie con p.r. 18-34 anni e 11,7% per le famiglie con p.r. di 35-44 anni); tali famiglie registrano, peraltro, il valore più elevato per l’intera serie storica dal 2014.
La povertà assoluta tra le famiglie con persona di riferimento occupata si attesta all’8,2% (era il 7,7% nel 2022), raggiungendo il picco dell’intera serie storica dal 2014; per le famiglie con p.r. dipendente si segnala, invece, un peggioramento significativo: 9,1% nel 2023 (dall’8,3% del 2022), anche in questo caso il valore più elevato della serie. Fra i non occupati l’incidenza rimane elevata per le famiglie con p.r. in cerca di occupazione (20,6%), mentre si conferma più contenuta per le famiglie con p.r. ritirata dal lavoro.
Stabile, infine, la povertà per le famiglie composte da soli stranieri (35,6%), sebbene si confermi il grande divario (con valori dell’incidenza superiori di quasi sei volte) rispetto alle famiglie composte solamente da italiani (6,4%).
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