Con la nuova presidenza Trump l’UE potrebbe trovarsi nella non invidiabile condizione di essere un vaso di coccio tra vasi di ferro. Già durante la prima presidenza, Trump ha avviato un periodo di rinegoziazioni, con rapporti USA-Europa caratterizzati da maggiore frizione e incertezza. La politica estera aggressiva e protezionista di Trump potrebbe non solo aumentare le tensioni commerciali e diplomatiche, ma anche indebolire la cooperazione in ambito climatico, energetico e tecnologico, rendendo il contesto internazionale più imprevedibile e rischioso per l’Europa. Questa inversione della politica americana pone l’Europa in una posizione di maggiore vulnerabilità, con l’unica prospettiva di spingere la politica comunitaria a investire maggiormente nella propria autonomia strategica, cosa peraltro non riuscita nel precedente quadriennio trumpiano.
Durante il suo primo mandato, Trump aveva criticato aspramente i Paesi europei per non contribuire abbastanza al bilancio della NATO, minacciando persino un disimpegno statunitense dall’alleanza. Questa posizione avrebbe dovuto spingere la EU verso un allineamento delle politiche estere se non addirittura a una cessione di sovranità sulle questioni internazionali da parte degli stati membri, ciò non è avvenuto e si sono viste le conseguenze specialmente con la crisi ucraina. Le posizioni ambigue che Trump ha mostrato verso la Russia, hanno suscitato in passato preoccupazioni tra gli alleati europei, specialmente per quanto riguarda la sicurezza dell’Europa orientale. Il rischio è che arrivando ad un accordo favorevole alla Russia che metta fine al conflitto in Ucraina, Putin possa prendere in considerazione l’avvio di altre operazioni su paesi come la Moldova o, estremizzando, anche i Paesi Baltici.
Sul piano economico Trump è noto per una politica economica protezionista e per l’applicazione di dazi. Durante il suo primo mandato, aveva imposto tariffe su prodotti europei, scatenando una crisi con Bruxelles. In questa seconda presidenza potrebbe rinnovare le tensioni commerciali, con un rischio di inasprimento dei dazi su prodotti chiave come acciaio, automobili e beni di lusso.
Un altro punto di contrasto tra le due sponde dell’Atlantico è la politica energetica e la lotta ai cambiamenti climatici. Mentre l’amministrazione Biden ha spinto per una transizione energetica sostenibile, Trump potrebbe puntare nuovamente sui combustibili fossili e disincentivare investimenti verdi, rendendo difficile la cooperazione USA-Europa su progetti di sostenibilità. Trump aveva già ritirato gli Stati Uniti dall’Accordo di Parigi, dichiarandosi scettico sulle politiche climatiche globali. Il ritorno alla Casa Bianca potrebbe compromettere gli sforzi climatici condivisi con l’Europa, influenzando le politiche climatiche globali e riducendo l’impegno finanziario degli Stati Uniti sui temi ambientali.
Come si vede ci sono molti rischi per la EU con la nuova presidenza USA. Sono rischi che però potrebbero risultare anche essere una sfida alla nuova Commissione, sempreché i pachidermici tempi della burocrazia europea portino a termine la transizione dalla vecchia alla nuova Commissione presieduta sempre da Ursula von der Leyen. Purtroppo c’è la possibilità che governi nazionali come quelli di Italia, Ungheria, Slovacchia si facciano forte proprio di questi contrasti per rafforzare le politiche sovraniste disarticolando la struttura politica della Comunità europea. Si produrrebbe, in questo caso, un terremoto tale da poter mettere in serio pericolo l’intero progetto comunitario.
L’Europa, pertanto, si trova davanti ad un bivio. Può approfittare della politica trumpiana per rafforzare la propria autonomia dagli USA, far crescere un comune sentire in campo internazionale evitando di essere schiacciata tra i vari blocchi oppure soccombere sotto i colpi dal protezionismo americano da un lato e le rivendicazioni dei due blocchi antioccidentali, gli emergenti BRICS da una parte e la ormai consolidata potenza economico militare cinese dall’altra. Vista la qualità dei leader europei c’è poco da stare allegri. L’onda sovranista in Europa sembra, al momento, inarrestabile. Di tutto avrebbe avuto bisogno meno che di un aiuto dal biondo reazionario di Washington.