Ambiente

RIVOLTE Inceneritore fanghi, i comitati occupano la Eni Station di Villabona e lanciano la campagna di boicottaggio “Stop Veleni”

Sabato mattina un centinaio di attivisti del Coordinamento e dei movimenti climatici, vestiti con tute bianche e mascherine, hanno occupato per ore la Eni station di Villabona. Mentre alcuni erano intenti ad attaccare striscioni e adesivi sulle strutture, altri hanno distribuito volantini agli automobilisti dissuadendoli dal fare rifornimento. L’azione si è svolta senza tensioni e al termine i più giovani hanno appeso un grande striscione sulla copertura della stazione con scritto a carattere cubitali “Boicotta Eni, boicotta chi ci avvelena – No Inceneritore”.

Esplicito il messaggio del Coordinamento: “Invitiamo tutti i cittadini a smettere di rifornirsi ai distributori Eni, e a cambiare subito fornitore di luce e gas per chi ora ha un contratto con Eni Plenitude, scegliendo operatori che producono elettricità cento per cento da fonti rinnovabili e in modo etico, o che almeno compensano le emissioni del gas erogato. È molto importante far vedere che siamo in tanti ad essere ostili a Eni, che con questo inceneritore vorrebbe smaltire 190mila ton di fanghi inquinati a due passi dalle nostre case, accaparrandosi un affare da almeno 32 milioni di euro/anno a discapito della salute di centinaia di migliaia di persone e dell’ambiente”.

E lo scontro è destinato a farsi sempre più duro: “Fino ad ora ci siamo limitati alle osservazioni tecniche e al dialogo con le istituzioni – dichiarano alcuni esponenti del Coordinamento – ma l’occupazione di oggi segna un cambio di passo. Se Eni Rewind non ritira il suo progetto non avrà tregua, abbiamo già in cantiere molte altre iniziative e azioni dirette per sostenere la campagna di boicottaggio e svelare il vero volto della società, che non è quello “green” della loro propaganda. Il vero volto di Eni è nero come i miliardi di tonnellate di carbone e di petrolio che produce, e come i fumi mefitici che escono dalle sue industrie chimiche che hanno avvelenato per decenni interi territori, qui a Porto Marghera, come in Basilicata, in Africa e in altre parti del mondo”.

Il messaggio è rivolto a Eni, ma nel mirino dei comitati ci sono anche istituzioni e politica: “Dove è la politica, dove sono Zaia, Brugnaro, Dori e tutti gli altri Sindaci dei Comuni della zona? Sono pienamente consapevoli della portata di questo impianto, e dei gravi rischi sanitari che comporta, soprattutto per quanto riguarda il tema PFAS, ma tacciono tutti. Chi tace acconsente, e nascondersi dietro al formalismo burocratico della procedura è pura ipocrisia pilatesca. Nella conferenza dei servizi, che a fine marzo potrebbe concedere l’autorizzazione, siedono molti tecnici, ma il mandato è tutto politico. Un mandato indicibile perché con questa operazione si vorrebbe risolvere il problema dei fanghi inquinati da PFAS, affidando lo smaltimento a chi questo problema ha contribuito a crearlo, e provocandone uno ancora più grande”.

L’inquinamento da PFAS costituisce un problema gravissimo: in Veneto centinaia di migliaia di persone sono state contaminate dopo che la MITENI di Trissino (di cui era socia proprio Eni) ha sversato per anni grandi quantità di PFAS in falda. I fanghi dei depuratori veneti sono inquinati da PFAS a causa di questo disastro ambientale, ma anche e soprattutto perché molte industrie scaricano i loro reflui tossici nei depuratori consortili; è il caso delle concerie del vicentino, così come di molti impianti di Porto Marghera.

“A livello scientifico è ormai noto che bruciare PFAS è estremamente pericoloso – sottolineano i comitati – perché molte di queste sostanze non si degradano nemmeno ad altissima temperatura, e come le diossine, fuoriescono dai camini degli inceneritori, andando a contaminare suoli, acque, animali e piante. Ciò trova conferma addirittura nelle relazioni che il Cnr ha elaborato a seguito della sperimentazione commissionata da Eni Rewind nel tentativo, evidentemente fallito, di rassicurare sulla bontà del progetto. Questi documenti importanti sono stati trasmessi a tutti gli Enti, e nessuno ora può più fare finta di niente. Su questi aspetti i nostri legali stanno mettendo a punto una diffida che presto trasmetteremo a amministratori e tecnici per chiedere l’applicazione del principio di precauzione.

Porto Marghera e il territorio metropolitano sono uno dei posti più inquinati al mondo: le popolazioni di Malcontenta, Marghera, Mestre, della Riviera del Brenta e del Miranese sono esposte da troppo tempo a livelli di inquinamento intollerabili. In queste zone ci si ammala e si muore di più rispetto alla media italiana, lo dice l’Istituto Superiore di Sanità. È ora di finirla, non siamo la pattumiera del Veneto, la nostra vita non è sacrificabile sull’altare degli affari di Eni, di Veritas o di chiunque altro”.

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