Sono più di 15 gli agenti di polizia uccisi negli attacchi simultanei avvenuti nella regione russa del Daghestan, dove uomini armati hanno dato alle fiamme due sinagoghe e due chiese ortodosse nella capitale della repubblica, Makhachkala, e nella città costiera di Derbent. Nell’attacco hanno perso la vita anche diversi civili, tra cui padre Nikolaj, che ha prestato servizio per più di quarant’anni nella chiesa ortodossa di Derbent, e almeno quattro miliziani. Numerosi i feriti. Presi di mira anche un posto di blocco della polizia, dove sono stati uccisi sei agenti.
Il Daghestan è una regione russa a maggioranza musulmana confinante con la Cecenia, vicino anche alla Georgia e all’Azerbaigian, dove le autorità russe compiono frequenti operazioni antiterrorismo.
In un altro episodio, uomini armati hanno aperto il fuoco contro un veicolo che trasportava agenti di polizia, ferendone uno, a Sergokala, un villaggio situato tra Makhachkala e Derbent e che ricade nel distretto di Sergokalinsky il cui capo, Magomed Omarov, è stato arrestato per il presunto coinvolgimento dei suoi figli negli attacchi.
Il Comitato antiterrorismo russo ha annunciato in tarda serata la fine della “fase attiva” dell’operazione antiterrorismo a Derbent , dove due attentatori sono stati uccisi. Secondo il ministero dell’Interno del Daghestan, le forze dell’ordine hanno anche “eliminato quattro aggressori a Makhachkala”. Il presidente del consiglio pubblico delle comunità ebraiche della Federazione Russa, Boruch Gorin, ha confermato che le sinagoghe di Derbent e Makhachkala sono state date alle fiamme.
Il leader del Daghestan, Sergei Melikov, ha definito gli attacchi “un tentativo di destabilizzare la società”. Il patriarca Kirill, capo della Chiesa ortodossa russa e convinto sostenitore del Cremlino, ha assicurato che il “nemico” cerca di distruggere la “pace interreligiosa” in Russia piantando “i semi dell’odio”.
Anche l’uomo forte della Cecenia, Ramzan Kadyrov, ha definito gli attacchi “una vile provocazione e un tentativo di causare scontro tra religioni”. I responsabili delle stragi, ha detto a Ria Novosti “non hanno fede nè nazione”, sono non-persone “che devono essere uccise sul posto”.
La Russia nel mirino del terrorismo
Il Daghestan è stato teatro in ottobre di violenti disordini antisemiti all’aeroporto di Makhachkala: una folla di uomini invase la sua pista all’atterraggio di un aereo proveniente da Israele.
La Russia è stata presa di mira in più occasioni dall’Isis e a marzo un attacco al centro eventi Crocus, alla periferia di Mosca, costò la vita a più di 140 persone. Lo scorso fine settimana, diversi membri dell’Isis sono stati uccisi dopo aver preso in ostaggio due agenti penitenziari in una prigione nel sud della Russia.
Il vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo Dmitry Medvedev ha definito il “massacro in Daghestan” un “vile attacco terroristico, come l’attacco a Sebastopoli”.
“Tutto ciò che è accaduto in Crimea non è stata un’azione militare, ma un vile e atroce attacco terroristico contro il nostro popolo, commesso in una festività ortodossa, come il massacro in Daghestan, compiuto da estremisti. Per noi non c’è differenza tra il regime di Bandera (leader ultranazionalista ucraino durante la Seconda Guerra Mondiale, ndr) e i pazzi fanatici”, ha scritto su Telegram.
In conclusione la chiosa del prof. Francesco Dall’Aglio
Repubblica nega fortemente qualsiasi coinvolgimento esterno nelle azioni dei jihadisti in Daghestan e potrebbe tranquillamente avere ragione (per i motivi sbagliati, ma nondimeno ragione). Repubblica però è anche quella che il 5 novembre 2023, tramite niente poco di meno che Maurizio Molinari in persona, ci informava che Putin aveva arruolato gli jihadisti di cui sopra “nella sfida contro l’Occidente”, e che “le mosse del Cremlino parlano da sole”.