Diritti

Sbarcati 426 migranti a Lampedusa, tra loro anche palestinesi. Violento intervento della motovedetta libica finisce in tragedia, ma il governo blocca la Sea-Eye-4

Sono 426, fra cui 15 donne e 11 minori, i migranti sbarcati a Lampedusa dopo che il peschereccio di 25 metri sul quale viaggiavano è stato soccorso dalle motovedette Cp319 e Cp306 della Guardia costiera. Tra loro anche dei migranti di origine palestinese oltre a persone provenienti da Siria, Egitto, Bangladesh, Pakistan, Marocco, Etiopia, Iraq, India. I migranti hanno dichiarato di essere salpati da Abu Kammash, in Libia, alle ore 21 di lunedì.



Pubblichiamo in sequenza la traduzione italiana di tre comunicati diffusi venerdì sera 27 ottobre, lunedì mattina 30 ottobre 2023 e martedì pomeriggio 31 ottobre dall’Organizzazione tedesca SEA EYE.

Mediterranea – Restiamo Umani

I comunicati ricostruiscono i drammatici sviluppi e la conclusione delle operazioni di soccorso condotte negli ultimi giorni dalla nave civile SEA-EYE-4. 

Si tratta dell’ennesima testimonianza del comportamento criminale tenuto in mare dalla cosiddetta “guardia costiera libica”, il cui violento intervento, nel tentativo di catturare le persone in difficoltà per riportarle in Libia, ha provocato ancora una volta morti e dispersi nel Mediterraneo Centrale. 

Protagonista è l’ultima motovedetta che Governo Italiano e Commissione Europea hanno consegnato lo scorso 6 febbraio ad Adria (in provincia di Rovigo) al governo di Tripoli, tra l’altro sottraendola all’impiego, originariamente previsto, per la salvaguardia della vita umana in mare sotto le insegne della Guardia Costiera italiana. 

Protagoniste di questo caso sono, ancora una volta, quelle stesse “autorità libiche” a cui l’Italia continua a riferirsi come se si trattasse di un attore legittimo e affidabile. Si tratta invece, con tutta evidenza, di milizie che nulla hanno a che vedere con standard e procedure di una vera Guardia Costiera. Milizie cui i nostri governi e le istituzioni europee insistono nel delegare il ruolo di brutale “polizia di frontiera” nel Mediterraneo. Milizie, ben note agli osservatori delle Nazioni Unite e agli investigatori della Corte Penale Internazionale, per la loro complicità con la gestione dei campi di detenzione in Libia e per i loro intrecci con l’attività dei trafficanti di esseri umani. 

L’esito di questa vicenda è paradossale: dopo aver sbarcato nel porto calabrese di Vibo Valentia le 48 persone soccorse e i 4 corpi di chi invece non ce l’ha fatta, la nave civile SEA-EYE-4 è stata sanzionata dal Governo Italiano per la violazione del Decreto Legge Piantedosi, per non aver obbedito agli ordini della motovedetta libica di allontanarsi dall’imbarcazione in pericolo. In pratica, per le nostre Autorità, l’equipaggio di Sea-Eye avrebbe dovuto lasciare che le milizie libiche finissero il loro sporco lavoro di violenta intercettazione e cattura, magari con un bilancio ancora peggiore. 

Dopo il caso della nostra MARE JONIO, per la seconda volta il Decreto Piantedosi viene utilizzato per affermare la presunta legittimità delle cosiddette “Autorità Libiche”, in aperta violazione del diritto internazionale, dei diritti fondamentali delle persone e dell’obbligo di salvaguardare la vita umana in mare di fronte a tali violazioni.

Venerdì 27.10.2023

Quattro morti e tre in grave pericolo di vita dopo il violento intervento della cosiddetta guardia costiera libica, durante un’operazione di soccorso della nave civile SEA-EYE 4.

Venerdì sera, una donna incinta a bordo della nave di soccorso SEA-EYE 4 stava lottando per la vita. Il capo missione aveva già chiesto più volte al Centro italiano di soccorso marittimo un’evacuazione medica urgente. Ogni volta, però, l’Italia ha fatto riferimento al Centro di controllo del soccorso marittimo libico e al servizio di telemedicina italiano.

Il centro di coordinamento del soccorso marittimo libico non ha risposto alla richiesta di aiuto nemmeno dopo diverse ore. Il servizio di telemedicina italiano contattato è giunto alla conclusione che fosse necessaria un’evacuazione medica. Tuttavia, il centro di coordinamento delle emergenze italiano a Roma ha continuato a negare ogni responsabilità e ha fatto nuovamente riferimento alla Libia.

Oltre alla donna incinta che lottava per la vita a bordo, altre due persone erano cadute in acqua durante l’operazione di salvataggio e sono state portate a bordo della nave di soccorso dall’equipaggio di Sea-Eye. Le persone erano quasi annegate, il che significa che c’era già molta acqua nei loro polmoni. I pazienti sono stati immediatamente trattati con ossigeno puro. Tra loro c’è una donna incinta. Il battito cardiaco del nascituro non è più rilevabile, il che ha creato una situazione di pericolo di vita per la madre e il bambino.

“L’Italia ci costringe a trattare con la Libia, uno Stato fallito, invece di inviare direttamente gli aiuti. Un elicottero potrebbe raggiungere la donna incinta in grave pericolo di vita in meno di un’ora. Invece l’Italia si presenta come uno Stato che non rispetta né la vita di una donna incinta né quella di un bambino non ancora nato. È uno scandalo medico, etico e umanitario che dovrebbe essere portato davanti a tutti i tribunali del mondo”, ha dichiarato Jan Ribbeck, direttore della missione di Sea-Eye e.V. .

Intorno alle 20 di venerdì, l’Italia ha finalmente dato istruzioni alla SEA-EYE 4 di dirigere verso Lampedusa stessa per effettuare le evacuazioni mediche.

“Invece di inviare aiuti in prima persona, l’Italia ha manovrato per ore sull’opportunità di inviare evacuazioni mediche per persone in grave pericolo di vita. Infine, l’Italia continua a costringere i sopravvissuti a una traversata di otto ore verso Lampedusa. Chiediamo che l’Italia prenda immediatamente tutte le misure per proteggere la vita della donna incinta a bordo della SEA-EYE 4 e invii un elicottero per l’evacuazione medica il prima possibile”, ha dichiarato Gorden Isler, presidente di Sea-Eye e. V..

L’Italia ha anche dato istruzioni alla SEA-EYE 4 di procedere verso il porto di Vibo Valentia dopo l’evacuazione medica a Lampedusa per sbarcare le restanti persone salvate.

Lo svolgimento dell’operazione di salvataggio

Venerdì mattina, Alarm Phone ha segnalato all’equipaggio della SEA-EYE 4 un’emergenza in mare, che la nave di soccorso ha raggiunto poco dopo. La cosiddetta Guardia costiera libica era già sul posto e l’equipaggio della Sea-Eye ha documentato la presenza di persone in acqua.

La cosiddetta Guardia costiera libica ha ordinato via radio alla SEA-EYE 4 di allontanarsi dalla scena o sarebbe stata attaccata. Mentre la cosiddetta Guardia costiera libica cercava di far uscire le persone dall’acqua, il gommone si è staccato dalla nave. Le persone sono fuggite dalle milizie violente. Durante il tentativo di fuga, alcune persone sono cadute in acqua e l’equipaggio di Sea-Eye ha messo in campo attrezzature di salvataggio e una scialuppa. L’equipaggio è riuscito a portare a bordo tutte le persone.

Tuttavia, tre persone erano incoscienti e prossime alla morte. L’equipaggio ha trovato anche quattro corpi nel gommone. Inoltre, alcune persone del gommone risultano disperse e non è chiaro se siano state riportate indietro dalla cosiddetta Guardia costiera libica o se siano annegate durante l’operazione.



Lunedì 30.10.2023

48 superstiti a bordo del SEA-EYE 4 raggiungono Vibo Valentia. Quattro corpi consegnati alle autorità italiane.

Domenica sera, tutti i 48 sopravvissuti, tra cui 32 uomini, 13 donne, un bambino e due neonati, hanno potuto sbarcare dalla SEA-EYE 4 a Vibo Valentia. I quattro corpi delle persone che non erano sopravvissute alla drammatica operazione di salvataggio di venerdì mattina (27.10.) sono stati consegnati alle Autorità italiane.

Durante l’operazione di salvataggio, i profughi erano fuggiti a bordo del loro gommone sovraffollato dalla cosiddetta Guardia costiera libica, che li aveva tormentati con manovre pericolose da parte della sua motovedetta. Nel corso dell’operazione, alcune persone sono cadute in acqua. Tre persone hanno rischiato di annegare e la loro vita era in pericolo. L’équipe medica di Sea-Eye è riuscita a stabilizzare due pazienti. La terza persona era una donna incinta di cui non si riusciva più a rilevare il battito cardiaco del nascituro, il che significava che si doveva ipotizzare una situazione di pericolo di vita, se non la morte del bambino. La donna incinta è stata consegnata alla Guardia Costiera italiana al largo di Lampedusa dopo che questa si era rifiutata di effettuare un’evacuazione medica urgente in elicottero.

Ieri una madre ha identificato una bambina di dodici anni come sua figlia tra i quattro corpi. Anche il fratello di nove anni è a bordo. Un giovane che ha rischiato di annegare ha identificato una donna deceduta come sua moglie. Almeno due persone risultano disperse dopo l’incontro con la cosiddetta guardia costiera libica.

“Le azioni della cosiddetta Guardia costiera libica di venerdì hanno dimostrato ancora una volta quanto sia pericolosa questa milizia. Non sono soccorritori in mare. Non si occupano di proteggere la vita. Documentiamo e pubblichiamo continuamente la loro spietatezza e incompetenza, ma non cambia nulla. La cooperazione degli Stati dell’Unione Europea con queste milizie violente deve essere finalmente interrotta”, afferma Gorden Isler, presidente di Sea-Eye e. V.

31.10.2023

La nave di soccorso SEA-EYE 4 bloccata a Vibo Valentia

L’Italia chiede alla Sea-Eye di seguire le istruzioni della cosiddetta Guardia costiera libica

Lunedì pomeriggio, il capitano della SEA-EYE 4 è stato informato che la nave di soccorso sarà nuovamente punita con un fermo amministrativo di 20 giorni e una multa di circa 3.000 euro. In particolare, la Guardia Costiera italiana accusa l’equipaggio della nave di non aver seguito le istruzioni della cosiddetta Guardia costiera libica. 

Infatti, la cosiddetta Guardia costiera libica, sotto la minaccia di violenza, aveva chiesto alla SEA-EYE 4 in acque internazionali di cambiare rotta e lasciare la zona di mare in direzione nord. La cosiddetta Guardia costiera libica ha poi molestato un gommone che trasportava circa 50 persone a tal punto che le persone si sono fatte prendere dal panico e sono cadute in acqua.

Sea-Eye ha pubblicato un video dell’incidente che mostra chiaramente i libici che eseguono manovre pericolose nelle immediate vicinanze del gommone. “Il capitano della motovedetta della guardia costiera libica ha pericolosamente inseguito e molestato il gommone mentre il suo equipaggio stava contemporaneamente vicino al parapetto fumando sigarette e filmando con i loro telefoni cellulari. Questo non ha assolutamente nulla a che fare con il salvataggio in mare”, afferma Jan Ribbeck, capo missione di Sea-Eye e.V. A causa del comportamento sconsiderato e aggressivo della cosiddetta guardia costiera libica, almeno quattro persone hanno perso la vita. “Se il SEA-EYE 4 avesse lasciato la zona di mare, sarebbero morte ancora più persone e nessuno avrebbe saputo di questa tragedia”, continua Ribbeck.

Sea-Eye ha chiesto all’esperto Prof. Dr. Valentin Schatz, professore di diritto pubblico e diritto europeo presso l’Università Leuphana di Lüneburg, un parere legale. “L’ordine di detenzione e la multa non hanno alcuna base nel diritto internazionale e violano i diritti della Repubblica Federale di Germania, in quanto Stato di bandiera della SEA-EYE 4, garantiti dalla Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (UNCLOS). Secondo l’UNCLOS, è responsabilità esclusiva dello Stato di bandiera prescrivere e applicare le norme relative al salvataggio in mare applicabili alle proprie navi in acque internazionali. La competenza esclusiva dello Stato di bandiera in materia di diritto internazionale non è intaccata dalla Convenzione internazionale sulla ricerca e il salvataggio in mare (Convenzione SAR), alla quale l’Italia stessa fa riferimento nel suo provvedimento di fermo, ma anzi la conferma. La Convenzione SAR non trasferisce agli Stati costieri alcuna competenza aggiuntiva sulla base della quale essi possano legittimamente regolamentare e sanzionare il comportamento delle navi straniere in acque internazionali. La Germania, Stato di bandiera del SEA-EYE 4, ha emanato l’Ordinanza sulla sicurezza marittima (SeeFSichV) per attuare e far rispettare la Convenzione SAR alle navi tedesche. Il sospetto di comportamento illecito può essere segnalato all’Amministrazione federale delle vie navigabili e della navigazione. Esercitando una giurisdizione che, secondo il diritto internazionale, spetta esclusivamente alla Germania in quanto Stato di bandiera, le autorità italiane agiscono in violazione dell’UNCLOS. Questo dovrebbe essere chiaro anche al governo italiano, dato che il Tribunale internazionale per il diritto del mare di Amburgo ha già riscontrato una violazione delle stesse regole da parte dell’Italia in un caso simile, anche se forse ancora meno chiaro, nel 2019 (The M/V “Norstar” Case (Panama v. Italy), Ruling of 10 April 2019, para. 222)”, ha detto Schatz.

Sea-Eye farà ricorso anche contro il terzo fermo della nave di salvataggio nel 2023. Inoltre, l’organizzazione di soccorso marittimo chiederà di verificare se i ritardi nell’evacuazione medica di una donna incinta salvata dalla SEA-EYE 4 possano essere oggetto di un’inchiesta giudiziaria. Il capo missione a bordo aveva chiesto per diverse ore, venerdì, che la donna incinta venisse evacuata perché in pericolo di vita. Il Centro di coordinamento del soccorso marittimo di Roma ha quindi fatto riferimento all’area di responsabilità della Libia e si è rifiutato di coordinare l’evacuazione. Tuttavia, la Libia non ha risposto alla richiesta del SEA-EYE 4. Il MRCC di Roma ha infine dato istruzioni al SEA-EYE 4 di dirigersi verso Lampedusa. 

“Il viaggio è durato altre otto ore. Se un membro dell’equipaggio fosse stato colpito in prima persona, sicuramente non avrebbero chiesto che la persona colpita fosse evacuata a Tripoli o rimanesse sulla nave per altre otto ore. È qui che si fa una distinzione che deve essere chiamata per quello che è: razzismo”, ha detto Isler. I giornalisti italiani hanno riferito che la donna ha perso il figlio che portava in grembo. “Un’azione immediata da parte delle autorità italiane avrebbe potuto portare a un esito diverso”, continua Isler.

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