Editoriale

Superare il modello femminista è doveroso. Meglio amare che odiare

Lo chiamano ‘”ormone del’amore”.  In verità non è null’altro che la combinazione di nove amminoacidi, la cui attività si concentra prevalentemente sulla mammella e sull’utero. Parliamo, in pratica, di uno degli ormoni maggiormente coinvolti nella gravidanza. Il suo ruolo biologico è particolarmente evidente durante il parto, quando stimola le contrazioni della muscolatura liscia dell’utero in travaglio, e l’allattamento. Ma sono infinite le virtù magiche che gli si attribuiscono: dalla seduzione all’orgasmo fino alla cura della casa. L’ossitocina contribuisce, si sostiene, a creare e mantenere i legami affettivi con il partner e con i figli. Leggenda vuole che subito dopo il parto, quest’ormone promuova un comportamento “materno”, favorendo il senso di gratificazione emotiva e la ricerca di vicinanza con il neonato e con il creato, scodelle e padelle, strofinacci e aspirapolvere compresi. Ma lasciamo ai medici il compito di separare il grano dal loglio e occupiamoci adesso del trionfo di fregnacce esploso, assieme alla speranza di una rivoluzione culturale, col caso Cecchetin.

Dotti, medici e sapienti non si sono risparmiati nei giorni scorsi: è stata tirata in ballo persino la famosa “ossicitina” per sostenere che le donne sono geneticamente predisposte ad accudire il maschio.

A dovuta distanza sono stati tenuti, invece, gli psichiatri, fatto salvo brevi apparizioni per far brodo. Vietato aprire gli occhi la parola d’ordine nelle redazioni e nei talk show. Meglio continuare a negare la malattia mentale e non affrontare l’annoso corto circuito giuridico affinché si eviti di curare il “pazzo”. Il mostro diventato animale agli occhi del razionale pensiero comune va espulso dalla società: che finisca i suoi giorni tra altri animali, torturato e umiliato dai suoi simili rinchiusi con lui in gabbia.

Considerando tutto ciò viene spontanea la domanda: è questo il risultato di tante battaglie femministe? Quale il progresso registrato dalle “odiatrici del diverso da sé” che per decenni vanno urlando alla luna l’utero è mio e me lo gestisco io”.

Storici gli scontri delle femministe con i gruppi operaisti negli anni ’70. Presto  Fotosintesi proverà a raccontarli attraverso varie testimonianze, ora qui possiamo dire che probabilmente avevano entrambi torto per assenza teorica.

Allora come purtroppo ancor ora si fatica a scrollarci di dosso duemila anni di storia per concepire un nuovo concetto di essere umano.

Fermiamoci un attimo e analizziamo lo stato dell’arte. Abbiamo da una parte una destra con una leader donna che s’identifica col maschio, non a caso si fa chiamare presidente del consiglio. Il resto della destra è volgarmente conservatrice e svolge la sua missione: duce, dio, patria e famiglia. Sono quelli delle campagne “Non sei sola, ti difendiamo noi”.  Un modello sub culturale su cui è inutile discutere, va solo combattuto con tutte le armi intellettuali disponibili.

Poi c’è la “donna tosta” che ce l’ha più lungo del maschio.

Dulcis in fundo il movimento femminista che mescolando istanze LGBTQ+ con Freud e Basaglia ha espropriato la politica dall’idea di egualitarismo per farne una guerra a oltranza al maschio.

Pur tuttavia una speranza c’è, viene dal grido di dolore di Elena Cecchettin che ha smosso come mai tutte queste culture dominanti. La crisi del modello maschilista è forte, oserei dire epocale. Il re è ormai nudo. Finalmente si può ridiscutere sul rapporto uomo donna nell’ambito di una moderna concezione dell’essere umano senza peccato originale e inconscio perverso e un’unica certezza: alla nascita tutti i bambini sono uguali e nutrono la stessa speranza che esiste un seno da succhiare e poi, più in là, un volto per perdersi e una bocca da baciare senza mordere. Può diventare una bella storia d’amore. Molto, certo, dipende da quando riuscirà a non deludere quel primo seno. Ma tutto è recuperabile prendendo in più seria considerazione la “cura” e meno il “prendersi cura”. Auguri.

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