Mentre il mondo intero segue con giusta preoccupazione lo sviluppo della crisi israelo-palestinese, la guerra tra Russia e Ucraina continua. Ne sanno qualcosa gli abitanti di Kryvyi Rih, la città natale del presidente Zelensky, nell’Ucraina centrale bombardata pesantemente da giorni dall’artiglieria e dall’aviazione russa. Molti osservatori cominciano a chiedersi se l’occidente nel suo complesso e, più realisticamente, gli Usa saranno in grado di sostenere contemporaneamente i due loro alleati storici (Israele e Ucraina) specialmente se la crisi mediorientale dovesse virare verso un conflitto allargato ad altri attori dell’area. Per ora il presidente Biden sembra intenzionato ad essere protagonista su entrambi i teatri. Ma c’è un ma. Il 5 novembre 2024 ci saranno le elezioni presidenziali e la domanda che molti si fanno è: che effetto avrà il coinvolgimento americano sul fronte russo-ucraino ed, eventualmente, anche su quello mediorientale?
In generale la tendenza dell’elettorato americano (come quello di tutti i Paesi per altro) è quella di orientare il voto sulla base di altro che non della politica internazionale: l’economia anzitutto, e poi la sicurezza, le questioni etiche su aborto, genere, etnia, la concorrenza con la Cina, la valutazione della persona del candidato. Ma questa volta il coinvolgimento, anche economico, sul teatro di guerra è piuttosto impegnativo e presenta risvolti che potrebbero determinare uno spostamento non irrilevante di una parte dell’elettorato a favore dell’uno o dell’altro candidato.
È fuor di dubbio, infatti, che Joe Biden abbia giocato sull’Ucraina molto del suo prestigio personale e internazionale. Lo dimostrano i conti. Gli Usa hanno inviato a Kiev, oltre 140 miliardi di dollari dal giorno dell’invasione russa del 24 febbraio 2022. Una cifra considerevole, se si pensa che nei venti anni di invasione e occupazione dell’Afghanistan, gli Stati Uniti hanno speso 849 miliardi.
Quella sorta di Gianburrasca della politica americana che risponde al nome di Donald John Trump, probabile antagonista di Biden, ha più volte deprecato la perdita di vite umane e di risorse dichiarando che fosse stato lui al posto dell’attuale presidente la guerra non sarebbe iniziata e che è pronto a farla terminare nel breve lasso di tempo di 24 ore. Si dirà che sono sparate elettorale anche perché nessuna indicazione del come ciò potrebbe avvenire ci è stata data. Va detto però che, per il particolare meccanismo elettorale delle presidenziali Usa è, spesso su margini minimi che si gioca la partita.
La distanza tra i candidati, nel 2020, per esempio, è risultata in alcuni Stati chiave minimo: lo 0,23 per cento in Georgia, lo 0,63 per cento in Wisconsin, l’1,16 per cento in Pennsylvania. Ecco dunque perché diventa fondamentale catturare il voto di quella minoranza di elettori per i quali la guerra è un tema centrale. Che poi tanto esiguo quel numero non deve essere se è vero che, secondo un sondaggio della Cnn dello scorso 5 agosto il 55 per cento degli americani ritiene che gli Stati Uniti non dovrebbero mandare più soldi in Ucraina e il 51 per cento pensa che gli Stati Uniti abbiano già fatto troppo per Kiev.
E’ vero che, stranamente, l’ala progressista del Partito democratico, i vari Alexandria Ocasio-Cortez, Bernie Sanders, Ilhan Omar, Rashida Tlaib, Ayanna Pressley, che solitamente si sono dimostrati riottosi ad appoggiare le avventure belliche dei vari presidenti che si sono succeduti negli ultimi decenni, hanno votato senza indugi l’“Ukraine Democracy Defense Lend-Lease Act of 2022” e tutte le successive richieste militari e finanziarie a favore dell’Ucraina che Biden ha mandato all’approvazione del Congresso (unica eccezione, lo scorso luglio, il voto di 49 deputati democratici contro l’invio di bombe a grappolo a Kiev). E quindi, in teoria, l’ala “sinistra” del partito dovrebbe reggere ma il portafoglio ha sempre un peso importante nelle scelte elettorali e vedere risorse importanti che potrebbero essere veicolate verso più domestici obiettivi, destinate allo sforzo bellico, potrebbe far vacillare più di qualche elettore.
Tutto ciò fa sì che sia Joe Biden a rischiare di più in tema di Ucraina alle prossime elezioni.Sarebbe un grande aiuto per Biden se la guerra terminasse con una sostanziale vittoria ucraina anche se questa eventualità sembra, al momento, remota. La famigerata controffensiva non ha dato i risultati sperati e il fronte sembra debba rimanere fermo sostanzialmente sulle posizioni attuali almeno per tutto l’inverno. Inoltre c’è da definire cosa si intende per vittoria, se la riconquista delle regioni contese dell’est del Paese o anche l’annessione all’Ucraina della Crimea. Tra le due opzioni c’è tutta la differenza del mondo.
E quindi è presumibile che la guerra continui, sia pure a bassa intensità, per diversi mesi ancora. Per Biden sarebbe determinante che la pace, o quanto meno una tregua, fosse raggiunta in tempo per le elezioni presidenziali. Ma è altamente probabile che almeno una parte della campagna elettorale si terrà a conflitto in corso. In questo caso Joe Biden dovrà trovare il modo per spiegare la guerra agli americani togliendo al suo competitor, chiunque esso sia, un argomento di polemica politica urticante. Nel frattempo le bombe continuano a cadere e civili e militari continuano a morire.