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A Gaza si mangiano foglie e resti di cibo lasciati dai topi. Non lasciamo spegnere una luce di speranza e verità

Affamare la popolazione di Gaza come strumento di guerra è un atto criminale: affamare deliberatamente i civili è proibito dal 1977, dalla Convenzione di Ginevra.

Da allora, impedire l’accesso a cibo e acqua – anche durante un assedio – è un crimine di guerra.

La scorsa settimana l’Alto rappresentante dell’Unione europea per gli affari esteri Josep Borrell ha dichiarato che Israele «sta usando la fame come un’arma di guerra»: 1.1 milioni di bambini a Gaza rischiano di morire di fame a causa della rapida diminuzione degli aiuti. Chi finora è riuscito a sopravvivere ai bombardamenti sta morendo di fame.

Un disastro provocato deliberatamente.

Un mese fa i Giudici della Corte penale internazionale hanno ordinato a Israele di «adottare provvedimenti immediati ed efficaci per consentire la fornitura di servizi di base e aiuti umanitari urgentemente necessari». Ma Human Rights Watch riporta che «Israele continua a ostacolare la fornitura di servizi di base e l’ingresso e la distribuzione all’interno di Gaza di carburante e aiuti salvavita».

I palestinesi uccisi dal 7 ottobre da bombardamenti e combattimenti sono più di 30mila, il 70% dei quali sono donne e bambini. Neonati, bambini piccoli e donne in gravidanza e in allattamento sono attualmente i più vulnerabili: in questo quadro il World Food Programme ha sospeso le consegne di aiuti nel nord di Gaza a causa di problemi di sicurezza, citando “livelli di disperazione senza precedenti”.

La mente vacilla al pensiero di quello che sta succedendo, in un contesto di sostanziale passività dei governi internazionali e nello sconcerto dell’opinione pubblica. A Gaza si mangiano resti di cibo lasciati dai topi e foglie.

Ma le nostre coscienze dolenti sono con le amiche e gli amici palestinesi, i contadini, i cuochi, gli attivisti del nostro movimento che ci hanno sempre raccontato di una terra difficile ma amata e curata oltre ogni immaginazione. Non li dimentichiamo, continuiamo a scrivere e tenere accesa una fiamma di speranza e verità, per loro e per noi. Per non soccombere tutti.

il Consiglio Direttivo di Slow Food Italia

 

 

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