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Agronotizie: “Suini in recupero”

Aumenta il prezzo dei suini da macello, ma il confronto con l’anno passato resta negativo. Dodici mesi fa, infatti, si avevano prezzi superiori del 6,5% rispetto ad oggi. Va meglio se il confronto lo si fa con gli ultimi 30 giorni. A novembre, infatti, i prezzi sono aumentati del 2,4% rispetto ad ottobre, raggiungendo quota 1,421 euro per chilogrammo. Un aumento che insieme al calo del prezzo del mais ha favorito un miglioramento della redditività degli allevamenti, cresciuta del 5,4 % nell’ultimo mese. Sono questi, in sintesi, i dati diffusi dal Crefis (il centro di ricerche economiche dell’Università Cattolica di Piacenza) sull’andamento del settore suinicolo nel mese di novembre.

I macelli “tengono”
Come sempre accade, il miglioramento del segmento allevamento si riflette in modo contrario su quello della macellazione che ha così accusato una flessione della redditività del 2,4%. Un calo che non sposta però il segno più dall’andamento complessivo del 2014, che resta positivo con un +6,3%. La minore redditività della macellazione ha come causa non solo l’aumento dei costi di approvvigionamento dei suini da macello, ma anche il contemporaneo calo del prezzo delle cosce da avviare alla stagionatura. I dati del Cun (Commissione unica nazionale) riportano prezzi di 3,647 euro al chilo per le cosce fresche destinate al circuito del prosciutto tipico, con un calo dello 0,5% rispetto a ottobre. Flessione ancor più sensibile (-0,6%) per le cosce leggere destinate ai prosciutti generici.

Stagionatori in vantaggio
Di questo andamento dei prezzi sulle cosce fresche ne hanno beneficiato gli stagionatori che hanno visto crescere i propri margini (+3,2% per la tipologia leggera e + 3,7% per la pesante) a dispetto del calo dei prezzi del prodotto finito. I dati del Crefis evidenziano per il prosciutto di Parma leggero quotazioni a novembre di 6,850 euro al chilo, dell’1,4% inferiori a quelle di ottobre e del 3,6% più basse rispetto ai dodici mesi precedenti. Più stabili le quotazioni per le tipologie di prosciutto pesante.

Il divario fra Dop e generici
La “tenuta” dei prosciutti tipici non è però sufficiente a recuperare il divario con la redditività dei prosciutti generici, che restano in posizione di vantaggio. “Prosegue dunque l’anomalia che attanaglia da molto tempo la filiera del suino. Le ragioni – sottolinea Gabriele Canali, direttore del Crefis – risiedono nello squilibrio tra offerta e domanda. La domanda nazionale, in particolare, continua a risentire della difficile situazione economica, mentre il buon andamento dei mercati esteri non è sufficiente a garantire una collocazione di prodotto in quantità adeguate rispetto ai quantitativi offerti. Preoccupa, in particolare, l’ulteriore discesa dei prezzi dello stagionato che si verifica proprio in questa parte dell’anno, in genere più favorevole per i consumi”.

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