Editoriale

Prima di tutto la salute

E’ notorio che la carità sia, al di là degli aspetti culturali, religiosi e di business, inutile come i placebo che illudono senza curare. Eppure qualcosa, possibilmente di nuovo, bisogna pur inventarsi per far fronte al disagio sociale che sta per colpire grosse fette della popolazione. Con inflazione galoppante e uno stato confusionale culturale e politico occorrerebbe mettere da parte conformismi mentali per dar vita in ogni modo a centri di sostegno personalizzati in ogni cellula territoriale del Paese.
Purtroppo non è semplice per la nostra scarsa propensione a un pensiero davvero libero di pensare. Uso spesso, disperato, questa strana locuzione ma non saprei come altro dire dell’ossigeno che si ricava, dopo i rapporti, in solitudine per liberare dalle croste formatesi con le delusioni le immagini più sane di cui si dispone.  E non ci sono solo le delusioni. C’è il contesto ambientale con le sue tv, i social e i tabloid. C’è infine il cosiddetto senso di appartenenza a qualcuno o qualcosa quasi sempre di effimero. O anche no. Sta di fatto che in ogni realtà c’è chi crede di poter monopolizzare un patrimonio di conoscenze senza peraltro averne fatto tesoro con l’unico scopo di creare consenso in uno sciagurato inseguimento alla sopravvivenza.  Sono infiniti insomma i nodi che ci incatenano al “Mors tua, vita mea” nelle mille piccoli o grandi sfaccettature e declinazioni.
Ecco perché, penso, sia arrivato il tempo di smontare dall’unicorno per fare piccoli passi per noi stessi e per chi ci sta intorno.  Lascio pertanto agli altri le polemiche sulla campagna elettorale e sulle credenze che finiscono per divenire esse stesse ideologiche e quanto mai ovviamente più religiose delle religioni. Personalmente, col tremore di chi non ha né arte né parte, vorrei solo far presente che bisogna prendersi cura delle persone fragili (soprattutto giovani e anziani) per avviarle semmai, fatto salvo la soddisfazione dei bisogni primari (al caldo e a stomaco pieno) verso la cura medica sia organica che psichiatrica.
E qui non parlo di Caf, centri di assistenza comunali e quant’altro (organismi poco empatici non sempre di facile accesso) bensì di 10, 100, 1000 centri di assistenza sociale (chiamateli se volete counseling) da formare liberamente al bar o al parco, al campetto o sotto casa, ovunque si può fare anche, auspicabilmente, in accordo con i centri istituzionali.
Cosa mi porta a lanciare l’allarme salute di prossimità?. E’ il fatto che, dal mio punto di vista, non ci si renda conto di quanto la cura incida profondamente sulla qualità della vita delle persone sole. Probabilmente più del cibo. Potrei portare esempi personali, ma mi astengo per pudore. Posso solo dire che oggi scrivo senza problemi perché son riuscito a cambiare le lenti degli occhiali che, come sapete, non te le regalano. La ricetta da portare all’ottico l’ho ottenuta tramite visita oculistica in quel che un tempo chiamavamo Mutua. Così farò probabilmente per curare denti e varie. Tutto ciò riesco a farlo perché ho una rete di persone che mi sostiene e mi consiglia altrimenti ci metterei poco anch’io, probabilmente, a lasciarmi andare. Non sono per me, infatti, più i tempi  d’oro quando da giornalista ero coperto dalla Casagit. Con la Cassa autonoma non avevo scrupoli a fare analisi e interventi. Mi facevo controllare, di tanto in tanto, ogni cosa. Ricordo di essermi fatto esaminare un giorno anche il pisello: lo vedevo sbattuto. Poi mi dissero che era solo preso da invidia per i suoi amici più giovani e vivaci.  Per carità, si fa per sorridere in conclusione.

 

 

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