Economia

Compra, bombarda, vendi, guadagna e lamentati. Performance dei titoli israeliani

Gli analisti finanziari di molti istituti internazionali stanno studiando i dati degli andamenti delle borse più importanti al mondo per verificare l’attendibilità dei un trend che ad una prima analisi sembra del tutto evidente e cioè che l’andamento dei titoli quotati nelle varie borse non hanno subito variazioni significative dopo il 24 febbraio 2022 e dopo il recente attacco di Hamas lo scorso 7 ottobre. Ci si sarebbe, infatti, potuto aspettare uno shock emotivo per evitare il quale, per esempio, dopo l’attentato alle Torri gemelle del 2001 la borsa di New York rimase chiusa per diversi giorni. Nulla di tutto questo è successo a seguito dei drammatici fatti citati.

Cosa possa voler dire questo fatto è difficile da comprendere. Sta di fatto che la sensazione è quella di uno stato di guerra/tensione internazionale ormai strutturale nella quale l’economia viaggia con un proprio orizzonte temporale e programmatico. I tempi delle crisi internazionali non corrispondono più a quelli della finanza e dell’economia globalizzata. La possibilità di operare in contemporanea su più mercati fa sì che si creino delle compensazioni tali nelle oscillazioni di borsa che neppure l’inizio di una guerra come quella ucraina può incidere in maniera significativa. In sostanza l’economia mondiale si è assuefatta ad un clima di tensione e riesce ad assorbire gli eventi bellici senza grandi oscillazioni o, peggio, crolli degli indici azionari.

Le uniche oscillazioni sono quelle speculative sui settori direttamente interessati da questi eventi globali. Lo abbiamo visto con il Covid quando il valore delle azioni delle aziende del settore farmaceutico è schizzato in alto e lo vediamo, forse (perché si tratta di un sospetto), nelle oscillazioni di alcuni indici della borsa di Tel Aviv.

Il portale Al-monitor riporta, infatti, uno studio uscito lunedì 4 dicembre pubblicato da due ricercatori statunitensi in cui si suggerisce che alcuni investitori erano a conoscenza in anticipo dell’attacco di Hamas contro Israele del 7 ottobre e di conseguenza hanno tratto profitto dai titoli israeliani. Martedì, il capo della borsa israeliana ha negato qualsiasi irregolarità.

I professori di diritto Robert Jackson Jr. della New York University e Joshua Mitts della Columbia University hanno pubblicato un rapporto intitolato “Trading on Terror?” Nel rapporto, i due hanno scritto che l’interesse a breve termine per l’MSCI Israel Exchange Traded Fund “è improvvisamente e significativamente aumentato” il 2 ottobre, e che le vendite allo scoperto sulla Borsa di Tel Aviv “sono aumentate drammaticamente” prima dell’attacco. Il rapporto cita i dati della Financial Industry Regulatory Authority, una società privata americana che regola i mercati.

Una posizione short si riferisce alla speculazione secondo cui il prezzo di un titolo diminuirà. I fondi negoziati in borsa, o ETF, seguono indici e settori particolari. L’ETF MSCI è costituito negli Stati Uniti e corrisponde alla performance dell’indice MSCI Israel Capped Investable Market, un indice che replica i risultati degli investimenti di una serie di azioni israeliane, secondo Bloomberg. Secondo il rapporto, il volume delle transazioni short per l’ETF MSCI è salito alle stelle da poche migliaia di settembre a oltre 200.000 il 2 ottobre.

Una cosa è certa, se fosse vera questa notizia sarebbe drammatica. Dal punto di vista strettamente finanziario sarebbe al massimo un reato da derubricare come insider trading (Lo sfruttamento di informazioni non di dominio pubblico, la cui divulgazione avrà effetti nelle quotazioni di titoli, per effettuare operazioni in Borsa traendo vantaggio dalla loro conoscenza anticipata.), grave ma non gravissimo.

Molto più grave, infatti, il fatto che sarebbe la conferma di quanto accurate fossero le informazioni nelle mani dell’establishment israeliano sull’imminente attacco di Hamas. Se fino ad ora si è parlato di illazioni e ipotesi adesso cominciano a uscire fatti che ne dimostrano la fondatezza. Se così fosse saremmo di fronte ad un crimine di proporzioni enormi. Un vero e proprio alto tradimento di un numero non precisabile di politici, uomini di affari, alti esponenti delle forze di sicurezza ecc. responsabili di non aver agito preventivamente per evitare questa tragedia.

Non è la prima e non sarà l’ultima notizia che ci consentirà di profilare con maggiore precisione i limiti di questo è successo e del significato di questi eventi. Fermo restando che, come sempre, sarà la storia, dopo la desecretazione dei dossier a dirci con chiarezza cosa sta succedendo. Ma allora sarà troppo tardi per fare qualcosa di utile per formare questa follia.

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