Editoriale

Contro l’invasione dei barbari, apriamo le frontiere: ci guadagniamo tutti

Il tema dei flussi migratori ha pesantemente condizionato le scelte degli elettori europei nelle elezioni che si sono svolte lo scorso fine settimana. Non v’è dubbio che il mix tra fatti concreti e la propaganda elettorale spesso esercitata con contenuti lontani dalla realtà, abbiano guidato la mano degli elettori a porre la famigerata “decima” sui simboli di partiti di destra più meno estrema, più o meno xenofoba.  In molte occasioni su questa testata giornalistica così come su altre fonti di informazione si è cercato di contrastare la vulgata dell’immigrazione come male assoluto, dell’idea dell’invasione, del pericolo della sostituzione etnica. Il ruolo dei media, secondo le indagini svolte dal rapporto “Notizie da paura: quinto rapporto carta di Roma” nella produzione di stereotipi e pregiudizi è importante. Negli ultimi anni abbiamo assistito all’aumento dell’interesse da parte dei mass media sui temi in merito alla gestione dei flussi migratori e a temi come la criminalità e la sicurezza a volte associati proprio alla presenza di stranieri, mentre diminuisce la visibilità data al tema dell’accoglienza. Non è mai troppo parlare di questi aspetti ma qui vogliamo cercare di andare oltre, di superare l’attualità e fare un ragionamento che guardi ad ipotesi esattamente opposte alle prospettive repressive proposte dalle destre.

La tesi che vogliamo provare a mettere al centro della riflessione è l’ipotesi di apertura di tutte le frontiere, senza alcun vincolo se non quello di possedere regolari documenti di identità. In sintesi, cosa succederebbe se, al contrario di ciò che viene praticato in tutti i Paesi di arrivo dei migranti, si aprissero le frontiere e si facesse entrare chiunque ne faccia richiesta?

Esistono diversi studi e ricerche che hanno analizzato l’impatto della libera circolazione delle persone e l’apertura delle frontiere. Alcuni di questi studi suggeriscono che, con adeguate politiche di integrazione e gestione, l’apertura delle frontiere potrebbe non rappresentare una minaccia significativa per la stabilità dei paesi di destinazione dei flussi migratori. Questi studi hanno dimostrato che i migranti tendono a occupare posti di lavoro in settori complementari a quelli dei lavoratori locali, contribuendo alla crescita economica senza aumentare significativamente la disoccupazione locale. Michael Clemens, (“Economics and Emigration: Trillion-Dollar Bills on the Sidewalk?”) sostiene che l’eliminazione delle restrizioni alla migrazione potrebbe raddoppiare il PIL globale, beneficiando sia i paesi di origine che quelli di destinazione attraverso le rimesse dei migranti. Questa teorie è suffragata anche da innumerevoli report dell’OCSE nei quali si dimostra come i migranti tendano a integrarsi meglio di quanto l’opinione pubblica dei Paesi ospitanti percepisca nel mercato del lavoro e contribuiscono positivamente alle economie di questi Paesi.

Per dimostrare quanto sbagliate fossero le analisi di chi chiedeva l’uscita del Regno Unito dalla UE fu condotto uno studio “The Fiscal Effects of Immigration to the UK” (UCL Centre for Research and Analysis of Migration). Questo studio ha dimostrato che i migranti europei nel Regno Unito hanno contribuito più di quanto abbiano usufruito in termini di servizi pubblici. Nonostante questo la poderosa macchina della disinformazione messa in piedi dal deputato Nigel Farage ha spinto i sudditi di Sua Maestà fuori dalla Comunità europea. Gli stessi dati ci vengono forniti, per quanto riguarda l’Italia, dall’ISTAT che rileva come gli immigrati contribuiscono al sistema pensionistico per oltre l’11 per cento pur essendo in termini numerici meno del 9 per cento. In molti paesi sviluppati con una popolazione in invecchiamento, i flussi migratori possono aiutare a bilanciare il declino demografico, sostenendo la forza lavoro e i sistemi pensionistici.

Gli studi citati e molti altri pubblicati negli anni scorsi sottolineano però che una stabilità dei paesi di arrivo con l’apertura delle frontiere si ottiene con una serie di interventi che facilitano il processo di integrazione delle comunità immigrate. Sono essenziali programmi efficaci di integrazione culturale e sociale per facilitare l’inclusione dei migranti. Questo si ottiene anche offrendo opportunità di istruzione e formazione professionale per migliorare le loro competenze e contribuire maggiormente all’economia anche attraverso la cooperazione tra Paesi per gestire i flussi in modo equilibrato e sostenibile.  Le analisi sottolineano come i migranti tendono a mostrare alti livelli di imprenditorialità, creando nuove imprese e posti di lavoro spinti anche dalle difficoltà ad essere accettati lavorativamente se non per posizioni molto basiche. Queste imprese possono contribuire positivamente alle finanze pubbliche attraverso il pagamento di tasse e contributi sociali, spesso più di quanto usufruiscano in termini di servizi pubblici.

Come si vede l’ipotesi più estrema e più lontana dalla vulgata attuale è sostenuta da molti più dati, analisi e studi di quanto non lo siano le teorie allarmistiche delle destre. Se avessimo coraggio, senso di responsabilità sociale, visione del futuro saremmo in grado di gestire il fenomeno migratorio non solo senza danni ma ottenendo risultati positivi anche nei Paesi di accoglienza. Una classe politica così lungimirante e intellettualmente onesta non si vede all’orizzonte così come la volontà da parte di tutti noi di non essere piegati sul nostro piccolo mondo e capire che questi fenomeni sono molto più complessi di quanto la nostra individuale esperienza ci possa insegnare.

 

 

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