Politica

Contrordine compagni. Raccogliamo le firme per abolire il disastro che abbiamo combinato con il Titolo V

E’ in iniziata la campagna di raccolta firme a sostegno del quesito referendario depositato dal Segretario della CGIL e appoggiato da tutti i partiti dell’opposizione che richiede l’abrogazione della legge 26 giugno 2024, n.86 “Disposizioni per l’attuazione dell’autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario ai sensi dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione”. La battaglia per avere maggiore autonomia nella gestione delle risorse economiche e delle attuazioni di spesa è un tema che condiziona la politica italiana da decenni. La Lega dei primi anni, quella con Bossi leader assoluto, fece del federalismo la sua quasi unica bandiera e ragion d’essere. Negli anni il cambio di classe dirigente, favorito anche dai noti problemi di salute del vecchio leader, ha fatto virare questo partito verso posizioni più nazionaliste pur mantenendo una forte attenzione verso gli interessi delle regioni del nord. Ma non è l’unica componente politica ad aver modificato la propria posizione. Proprio sulla questione dell’autonomia differenziata si è registrata una vera e propria inversione dei ruoli. Vale la pena ripercorrere, pertanto, alcuni passaggi fondamentali per comprendere come si sia arrivati all’approvazione della legge attuale e quali responsabilità hanno i promotori del referendum.


La riforma dell’autonomia differenziata in Italia ha le sue radici nella modifica del Titolo V della Costituzione italiana, avvenuta con la legge costituzionale n. 3 del 2001 con il sostegno delle forze politiche di centrosinistra.
In particolare, il governo di Giuliano Amato, in carica all’epoca della proposta e approvazione della riforma, e i partiti che lo sostenevano sono stati i principali promotori della modifica. Questa riforma ha ampliato le competenze delle regioni, introducendo la possibilità per alcune di esse di ottenere maggiori forme di autonomia in ambiti specifici, come previsto dall’articolo 116, terzo comma, della Costituzione. La legge costituzionale è stata sottoposta a referendum confermativo il 7 ottobre 2001, nel quale è stata approvata con il 64,2 per ceto dei voti favorevoli.

Il processo di autonomia differenziata ha iniziato a prendere forma concreta nel 2017. Era Primo ministro Paolo Gentiloni, quando le regioni Lombardia, Veneto e Emilia-Romagna hanno avviato negoziati con il governo per ottenere maggiore autonomia su materie specifiche (l’Emilia-Romagna aveva chiesto la competenza diretta su 15 materie, Veneto e Lombardia tutte le 23 possibili).  L’iniziativa è stata seguita da un referendum consultivo in Lombardia e Veneto, tenutosi il 22 ottobre 2017, dove la maggioranza dei votanti si è espressa a favore di una maggiore autonomia. Successivamente, il governo ha iniziato le trattative con le regioni interessate per definire i contenuti e le modalità di attuazione dell’autonomia differenziata. Tuttavia, il percorso è stato lungo e complesso, con diversi governi e maggioranze politiche che si sono succeduti nel tempo, influenzando l’avanzamento delle trattative.

Vale la pena, a questo punto, fermarci e fare un “recap”: per contrastare l’avanzata delle Lega la sinistra avvia una riforma della costituzione che concede maggiori poteri alle regioni con le devastanti conseguenze in termini di coordinamento (vedi il disastro di 20 regioni che hanno deliberato autonomamente sul tema Covid) e di aumento della spesa a scapito dei servizi che abbiamo visto in questi anni. Il popolo di sinistra plaude e approva con ampia maggioranza al voto referendario. I vari cambi di governo hanno impedito che fosse portata a termine la vera e propria autonomia differenziata alla quale stava lavorando il governo Gentiloni approvata invece dall’attuale maggioranza come marchetta elettorale alla Lega di Salvini dall’ultranazionalista Meloni.


A questo punto la CGIL e i partiti di opposizioni si compattano attorno a questa battaglia.
Il popolo della sinistra che fu chiamato a sostenere il referendum a sostegno della riforma che spianava la strada a questo nuovo attacco all’assetto amministrativo disarticolando i principi costituzionali di unità e di cooperazione nazionali viene chiamato a firmare per un referendum che impedisca che la deriva da loro stessa provocata non arrivi alle estreme conseguenze. Mai come in questo caso i valori e gli interessi collettivi vengono messi al servizio delle solite battaglie di posizione. Come non vedere un intento strumentale dietro a questa iniziativa? Si sta al governo e si fa una cosa, si va all’opposizione e si fa il suo opposto. Con buona pace di tutte quelle componenti della società civile (Associazioni, ONG, Comitati ecc…) che si troveranno, per perseguire una giusta battaglia di principio a fare il gioco dei soliti politicanti. D’altra parte se abbiamo questa destra è per tutto lo spazio politico che la sinistra le ha concesso con le sue contraddizioni e la cattiva gestione delle opportunità, che sono state tante, che i governi ai quali ha a vario titolo partecipato le hanno concesso. Facciamoci pure questa raccolta firme, ma permetteteci almeno di dire che lo facciamo turandoci il naso.


anche quando le notizie sono gratuite, il giornalismo non lo è

sostienilo consapevolmente

 

Condividi