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Due fregate italiane nel mare di Gaza. E’ terza guerra mondiale? No, solo controllo sullo sviluppo degli armamenti

Mentre Antonio Tajani e Ursula von der Leyen rilasciano, sereni, imbarazzanti interviste sul futuro del Medio Oriente, le fregate della Marina militare italiana ‘Fasan’ e ‘Margottini’ navigano nel mare antistante Gaza e il Libano. Le due fregate italiane possono trasportare elicotteri. In Libano, ricordiamolo, sono presenti 1300 soldati italiani nell’ambito delle missioni di pace dell’Onu (Unifil). Ieri le Forze armate israeliane si sono dette pronte “in qualsiasi momento” ad un attacco del nord, dove sono presenti le milizie di Hezbollah.  

La Marina militare statunitense ha reso nota ieri un’esercitazione congiunta nel Mediterraneo per marinai e aviatori tra le portaerei Usa ‘Gerald R. Ford’ e ‘USS Dwight D. Eisenhower’, insieme alla nave comando ‘USS Mount Whitney’ e alle fregate italiane ‘Fasan’ e ‘Margottini’.  
Stiamo insomma entrando in guerra? Militarmente parlando conforta sapere dall’esperto analista Francesco Dall’Aglio che mancano le navi d’appoggio. “Si deve capire – ci spiega- se sono lì in “missione umanitaria” o per evacuare i nostri concittadini dal Libano se le cose si mettessero male.” In che senso. “Se davvero iniziano a sparare, oltre a tutti i problemi che la cosa comporterebbe, come si riforniscono? Io credo -aggiunge Dall’Aglio- che se vedremo arrivare da quelle parti navi appoggio con relativa logistica, sarà quello il segno che la situazione peggiora, o si teme seriamente possa peggiorare.” Staremo dunque a vedere.  

Questo tipo di guerre, proprio per la bassa capacità degli antagonisti, per lo più  identificati come terroristi, sembra sia stato pensato per alterare di poco lo stato di pace globale , Vengono, in pratica, create attorno al concetto del controllo del rischio, paradigma funzionale ad introdurre la società della paura, costruita sulla percezione anziché sul pericolo reale. In questo contesto si costruisce il mito della superiorità dei sistemi d’arma occidentali.  

“Nell’apice delle guerre Mediorientali Usa, rammenta Roberto Iannuzzi, Obama, nel maggio 2013,alla National Defense University, teorizzava l’essenza della dottrina liberista applicata alla guerra, erroneamente pensata sulla visione di un mondo inesorabilmente destinato al dominio perpetuo degli Stati Uniti, in cui l’idea di conflitto si limitava ad interventi asimmetrici ad elevata innovazione tecnologica, su cui costruire profitti miliardari attraverso l’immissione sul mercato di sofisticati e costosissimi progetti. Produzione di prezzolata qualità a discapito della grezza quantità,associata prevalentemente alla sconfitta della dottrina sovietica ed a un concetto di guerra considerato superato nella visione unipolare”.

“Questa è l’epoca dei grandi trattati internazionali sul controllo condiviso della proliferazione degli armamenti e della cosiddetta cooperazione progettuale, guidata essenzialmente dai colossi americani come Raytheon, Lockheed Martin, General Dynamics, Boeing, Northrop Grumman e dall’israeliana IMI System Ltd. Progetti e Know-how condiviso con industrie amiche,con ovvie limitazioni di segretezza, per generare profitti miliardari e detenere uno stretto controllo sullo sviluppo mondiale degli armamenti”. Ecco, grazie alle teorie di Iannuzzi ci sentiamo più tranquilli.

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