Editoriale

Due popoli in stato confessionale. La storia di Alina Falahati: poco ebrea per essere sepolta

Se ci fosse bisogno di un esempio per far capire quanto Israele sia diviso al suo interno, la storia di Alina Falahati la ragazza israeliana di 23 anni uccisa nel massacro del 7 ottobre racconterebbe molto delle contraddizioni che si vivono all’interno di questa società.

Alina non avrà una sepoltura secondo i dettami della Halakha, la legge ebraica. Il rabbino ha ritenuto che “Alina non aveva ancora completato le procedure religiose per la conversione all’ebraismo e dunque non ha diritto di essere sepolta in un cimitero ufficiale controllato dal rabbinato”.

Il caso di Alina ha infiammato il dibattito all’interno della comunità. La famiglia protesta sostenendo che la figlia “è morta come ebrea tra gli ebrei e che dovrebbe avere il diritto di essere sepolta nel rispetto delle tradizioni religiose”. Il rabbino Eliezer Simcha Weiss, rappresentante del comitato del “Rabbinato Capo” per il rispetto dei morti, ha riconosciuto che c’è stato un errore nella gestione della sepoltura. Oded Forer, presidente del comitato e membro di Yisrael Beiteinu, ha affermato che è un disonore per coloro che hanno sacrificato la propria vita per Israele:“Abbiamo insultato gravemente coloro che hanno santificato la terra d’Israele con il loro sangue, che sono venuti qui e hanno lasciato il loro posto in esilio”.

Sembrerebbe una questione marginale ma così non è. Le proteste contro il governo e i partiti di ispirazione confessionale che avevano anteposto principi religiosi alla pratica laica della gestione democratica dello Stato che sono andate avanti per settimane prima del 7 ottobre sono state offuscate dall’attacco di Hamas e l’inizio dell’attuale crisi. Ma basta, appunto, un episodio come quello di Alina per far emergere la necessità che all’interno della società israeliana si avvii una profonda riflessione su quale debba essere l’assetto dello Stato e come debbano essere composte e organizzate le varie componenti istituzionali e sociali dello stesso. In breve, Israele deve decidere se essere uno Stato confessionale quindi ebraico nella sua totalità come rimarcato più volte da Benjamin Netanyahu e da vari esponenti del suo governo o aprirsi ad una pluralità di soggetti sia laici che religiosi e accettare quella distinzione tra governo del Paese e organizzazioni religiose che è tipica degli Stati laici.

Fare chiarezza su questi temi faciliterebbe anche una eventuale soluzione del conflitto con i palestinesi. La soluzione “due popoli due stati” sembra ormai tramontata quindi una delle possibilità è quella “tedesca”, una riunificazione all’interno di uno stesso Stato dei due popoli. Questa soluzione però ha come precondizione che nessuno dei due agisca in base alla propria appartenenza religiosa. La più ferrea separazione tra lo Stato in quanto tale e le due confessioni religiose (ebraica e musulmana) sarebbe obbligatoria. In attesa di miracolose soluzione del conflitto israelo-palestinese aspettiamo di vedere come va a finire il più limitato conflitto interno alla comunità ebraica per dare ad Alina la sepoltura che merita.

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