Editoriale

Hai l’epatite C e vuoi salva la vita? Ricoverati al Cairo

Ci dicono che da qualche settimana l’Egitto fornisce in ospedale il Sofosbuvir. Non è ancora chiaro quando sarà messo in vendita in farmacia e a quale prezzo, ma se stai male e ti fai ricoverare, lì non corri il rischio di morire. Viceversa in Italia, dove almeno 20/30.000 pazienti con cirrosi epatica rischiano la “pelle”, il tema fatica a farsi spazio tra i dibattiti su Ballarò Renzi Clooney Camusso Renzi Armani gli immigrati sporchi cattivi che tolgono il lavoro portano la tbc non pagano le tasse e intascano 40 euro di mancia al giorno.  Di fatto la soluzione a portata di mano per debellare questa pericolosa malattia non rientra in nessuna agenda istituzionale. Così fino a stamane quando l’Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa) ha espresso parere favorevole per l’attivazione di un ‘programma di uso terapeutico di un medicinale sottoposto a sperimentazione clinica’ nei pazienti affetti da epatite cronica C ad alto rischio di progressione della malattia. Si tratta del nuovo farmaco senza interferone prodotto dall’azienda AbbVie.

L’AbbVie ha già presentato all’Agenzia Europea per i Medicinali (EMA) la richiesta di autorizzazione all’immissione in commercio per il suo regime sperimentale – completamente orale e privo di interferone – per il trattamento di pazienti adulti affetti da infezione cronica da virus dell’epatite C (HCV) di genotipo 1. Ora, la decisione dell’Aifa di consentire l’uso del nuovo medicinale nei casi più gravi. Ma che vuole dire tutto ciò? “Che saranno messe a disposizione di qualche altro centinaio di pazienti altre cure compassionevoli”. sostengono le associazione dei malati. “Poi – chiariscono – vedremo a chi esattamente. Lodevole, ma assolutamente ancora insufficiente per coprire il vero, grande fabbisogno dei pazienti a rischio vita”.

Rivolgiamo la stessa domanda ai medici dello Spallanzani di Roma. Per loro: “Vuol dire che si è autorizzati a usarlo se lo compri all’estero o in qualche maniera lo rimedi in uso compassionevole”. Ovvero? “Se un medico riesce a ottenerlo almeno per i trapiantati che non possono fare Interferone”.

Bene così (non per Ivan Gardini, ideatore di EpaC, che contesta l’affermazione forse troppo tranchant di alcuni camici bianchi dell’ospedale specializzato in infettivologia). Intanto, è ancora aperta la discussione in merito all’altro farmaco di ultima generazione che promette di eradicare il virus dell’epatite C nell’arco di 12-24 settimane, il sofosbuvir dell’azienda Gilead: il suo arrivo in Italia e in diversi Paesi europei e’ infatti ancora in discussione per il prezzo molto alto, che si aggira sui 58mila euro a paziente. Il sofosbuvir verra’ però prodotto in versione low cost per 91 paesi in via di sviluppo. Ma per i malati in Italia ci sono comunque ragioni di speranza: sono 700 i malati di epatite C che hanno fatto già domanda per ricevere il trattamento per uso compassionevole con Sofosbuvir, e che hanno ricevuto o riceveranno a brevissimo la cura, ha annunciato nelle scorse settimane Luca Pani. In Italia, i pazienti che sono stati inclusi nel programma per l’uso compassionevole del Sofosbuvir sono complessivamente circa 1300.

Ne mancano quindi altri 600, che sono ancora in attesa perche’ devono farne richiesta. A ricevere il farmaco saranno anche i pazienti con carcinoma epatocellulare (HCC) e cirrosi compensata (MELD15) in lista d’attesa per trapianto e che presentino una lesione del massimo diametro di 5 cm o al massimo tre lesioni, la maggiore delle quali con diametro sino a 3 cm.

 In Europa si stima siano nove milioni le persone con infezione da Hcv che, se non trattata, può causare gravi danni al fegato, fra cui la cirrosi (le cicatrici dell’infiammazione distruggono via via il fegato funzionante) e il tumore (carcinoma epatocellulare, in parte evoluzione negativa della cirrosi) al fegato. L’infezione da Hcv è, di conseguenza, anche la principale causa di trapianto di fegato in Europa. E, per chi non è al corrente, un trapianto d’organo ha costi (tra intervento, rianimazione, degenza, farmaci anti-rigetto e complicanze varie) che superano i centomila euro in un servizio sanitario nazionale come il nostro. Questo per spiegare come un farmaco, seppur costoso, può rivoluzionare la situazione se come sembra azzera del tutto il virus dell’epatite C e può anche fare regredire situazioni avanzate di cirrosi. Se l’obiettivo è un Paese epatite C free, il costo vale la candela. E attenzione ai numeri: sebbene le nuove diagnosi di epatite C siano in calo, dal momento che occorrono circa 20-30 anni prima che i sintomi si manifestino, si prevede che tra il 2030 e il 2035 si verificherà un picco di casi di epatite C. Oggi, però, si è aperta finalmente la via di cure risolutive.

«È in atto una rivoluzione dopo quasi trent’anni di stallo – spiega al Corriere della Sera Mario Rizzetto, epatologo delle Molinette di Torino -. Per questa malattia c’era negli scorsi anni solo l’interferone, cui alla fine degli anni ‘90 è stata aggiunta la ribavirina. Un trattamento empirico, di modesta efficacia, di lunga durata (da 24 a 48 settimane), con effetti collaterali tossici e a volte molto gravi. Sono ora divenute disponibili almeno tre combinazioni di farmaci contro il virus dell’epatite C, capaci di guarire dal 93% al 99% dei pazienti trattati, senza distinzione di età, sesso, profilo patologico del fegato, genotipo del virus Hcv, fattori genetici dell’ospite. Per cicli di cura di sole 8-12 settimane la risposta è ottima anche nei pazienti più difficili, sopra il 94% in quelli che non hanno prima risposto all’interferone e del 90% in chi ha già una cirrosi in atto compensata». I farmaci in questione hanno già in alcuni casi nomi commerciali, come il sofosbuvir in combinazione con ledipasvir oppure l’ombitasvir in combinazione con dasabuvir, il simeprevir in varie combinazioni. Altri sono in avanzata fase di sperimentazione clinica e sono noti con sigle: come MK-5172 o MK-8742. Tutti si assumono per via orale, hanno scarsi effetti collaterali e richiedono una minima sorveglianza medico specialistica. «Ne consegue – continua Rizzetto – che la gran maggioranza dei pazienti con epatite cronica C è candidabile a una cura di facile amministrazione, rapida e senza problemi».

Per l’accesso a questi farmaci, però, c’è un forte ostacolo, sottolinea il servizio realizzato dal quotidiano di via Solferino. L’aggiunta del ledipasvir o simeprevir aggraverà di certo la spesa, per non parlare dei controlli, test diagnostici e visite mediche (nettamente minori di quelle previste per i trattamenti attuali). Anche se un’eventuale guarigione taglierebbe poi altri importanti costi, diretti e indiretti, per epatiti, cirrosi, tumori. Fino a quelli di un eventuale trapianto. E mentre, in Italia, si affronta lo scoglio prezzo che deve tener conto di un servizio sanitario pronto alla sfida di “azzerare” del tutto l’epatite C, si è aperto un mercato per pazienti ricchi. Pericoloso quello virtuale delle farmacie online, più sicuro quello di San Marino e Vaticano. Comunque quasi “illecito”, perché i nuovi farmaci ancora non sono stati autorizzati in Italia (scoglio prezzo da sciogliere entro il 29 settembre) dall’Aifa ma lo sono stati dall’agenzia europea (Ema).

Un’inchiesta giornalistica dell’agenzia AdnKronos, a firma Barbara Di Chiara, ha svelato questo mercato parallelo. Tre pazienti hanno ordinato uno dei nuovi farmaci, il primo in vendita negli Stati Uniti e in altri Stati europei (il sofocon), a San Marino, due avevano già completato il ciclo di 3 confezioni. Costo: 19.000 euro a ciclo di cura (28 compresse da 400 milligrammi). Prima di spedire, le farmacie della Repubblica del Titano richiedono un bonifico per procedere con l’ordine, e il saldo avviene nel momento del ritiro. Disponibilità in tutte le sei farmacie Sanmarinesi, ma occorrono comunque una o due settimane per averlo. Da evitare invece le farmacie virtuali, come la Indian Pharma Network: se va bene e non becchi il “pacco” ottieni, nel migliore dei casi, qualcosa di non garantito per efficacia e sicurezza dirottato dal Canada.

Tutto ciò non sorprende considerando che si tratta di un nuovo mercato emergente, a cui sono molto interessati anche gli usurai. Perché di pazienti disposti a indebitarsi per guarire dall’epatite C ve ne sono. Soprattutto chi ha la malattia in fase molto avanzata e teme che l’attesa sia fatale. La criminalità organizzata poi sta fiutando un nuovo business. E’ ora di portare l’Egitto in Italia.

 

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