Editoriale

Israele/Palestina: mors tua vita mea. Ogni 15 maggio si rivive la Nakba, la catastrofe che dura da 76 anni

Come ogni anno, il 15 maggio si ricorda la cacciata del popolo palestinese dai territori che occupava da secoli per far posto al costituendo stato di Israele. Questo atto crudele viene ricordato dal popolo palestinese con il termine “Nabka” che in arabo significa “la catastrofe”.  E’ un momento fondamentale nella loro storia moderna. La Nakba si riferisce al periodo che va dal 1947 al 1949, durante il quale centinaia di migliaia di palestinesi furono espulsi o costretti a fuggire dalle proprie case, mentre il nascente stato di Israele veniva istituito. L’evento non può essere considerato solo come un esito naturale di un conflitto tra due parti, ma deve essere visto come un atto di aggressione deliberato contro il popolo palestinese, motivato da una combinazione di interessi politici, nazionalistici e sionisti.

In primo luogo, la Nakba fu il risultato diretto di decisioni politiche prese dagli attori chiave dell’epoca. Il piano di partizione delle Nazioni Unite del 1947 assegnava il 56 per cento della Palestina storica agli ebrei, nonostante costituissero solo il 30 per cento della popolazione e possedessero solo il 7 per cento delle terre. Questo piano fu accettato dagli ebrei, ma respinto dagli stati arabi e dai palestinesi che giustamente lo vivevano come un’ingiustizia e una violazione dei loro diritti fondamentali. Tuttavia, poco dopo la dichiarazione di indipendenza dello Stato di Israele nel 1948, scoppiò la guerra, durante la quale le forze sioniste eseguirono operazioni militari volte a espellere i palestinesi dalle loro terre. Questo non era semplicemente un effetto collaterale del conflitto armato, ma una strategia deliberata per creare uno stato ebraico omogeneo in Palestina. In secondo luogo, la Nakba rappresenta un’aggressione contro il popolo palestinese perché ha comportato la pulizia etnica e la distruzione delle comunità palestinesi. Centinaia di villaggi palestinesi furono distrutti e molte città furono spazzate via dalla mappa. Le testimonianze dei sopravvissuti e le prove storiche indicano che queste azioni non erano casuali o spontanee, ma parte di una politica sistematica per eliminare la presenza palestinese dalla terra. Migliaia di persone furono uccise e molte altre furono costrette a vivere come rifugiati, in condizioni disumane e prive di diritti, in campi sparsi in Medio Oriente. La Nakba ha lasciato un’impronta indelebile nella memoria collettiva dei palestinesi, che continuano a lottare per il riconoscimento dei loro diritti e per il diritto al ritorno nelle loro terre ancestrali. Infine, la Nakba ha avuto conseguenze durature sulla situazione politica e sociale in Medio Oriente. La mancanza di giustizia per i palestinesi e la loro continua privazione dei diritti fondamentali ha alimentato il risentimento e il conflitto nella regione. La situazione dei rifugiati palestinesi rimane una delle questioni più urgenti e divisive nel dibattito politico globale. Senza affrontare le radici della Nakba e senza garantire i diritti fondamentali del popolo palestinese, non ci sarà mai pace duratura in Medio Oriente.

E’ del tutto evidente che la Nakba non può essere ridotta a una semplice conseguenza del conflitto tra Israele e i suoi vicini arabi. È stato un atto di aggressione deliberata e pianificata contro il popolo palestinese, che ha avuto conseguenze drammatiche e durature sulla loro vita e sul destino della regione nel suo insieme. È fondamentale riconoscere la Nakba e lavorare per porre fine alla sofferenza del popolo palestinese, garantendo loro giustizia, dignità e il diritto di autodeterminazione. L’attualità ci impone una rappresentazione iconica oltreché politica e militare della tragedia palestinese nell’aggressione disumana che si sta perpetrando a Gaza in questi mesi. L’aggressione del 7 ottobre e la presa degli ostaggi da parte di Hamas e la disumana e criminale rappresaglia “dell’unica democrazia del Medioriente” rappresentano l’ennesima tragica pagina di questo romanzo dell’orrore che è il conflitto israelo/palestinese. La smettano gli stati “amici” dell’uno e dell’altro dei contendenti di perseguire i loro loschi interessi egemonici sulla pelle di questi due popoli. Non fermiamoci all’attualità, guardiamo la storia, diamo pace a questi due popoli destinati, loro malgrado, a convivere, in un modo o in un altro, su questa terra insanguinata.

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