Editoriale

Qual è la giusta distanza per raccontare i fatti. Per noi “Gira così”. Ecco perché è importante sostenerci

Possiamo stare tranquilli. Ci separano da questo bambino disperato che trascina il corpo della madre ben 5.186 chilometri. E’ la distanza che separa l’Italia dalla Repubblica democratica del Congo dove è stata scattata questa foto. Immagine straziante che, stando ai parametri giornalistici convenzionali, non ha diritto di cittadinanza nei nostri notiziari. Spiego perché. La notiziabilità di un fatto viene stabilita in base al rapporto tra numero dei morti e distanza dal lettore. L’equazione fa sì che l’impellenza della nostra premier a fare la pipì merita l’apertura del telegiornale mentre tutto il resto dipende dal modello di calcolatrice in uso nelle redazioni.
La vescica della nostra presidente del consiglio e i salmi (sempre uguali a se stessi) dei rappresentanti di partito recitati con mono-tono a favore di telecamera, davanti palazzo chigi, ove inviati speciali rischiano ogni sera il raffreddore, scavalcano così le morti in mare di poveri disgraziati che tentano di sfuggire dai loro tiranni. L’emergenza di nuove identità nel nostro Paese diventa in tal caso emergenza per la sicurezza della nostra nazione. E sì perchè bisogna tener in conto anche dell’approccio ideologico del padrone.
Un morto in Ucraina vale almeno dieci vittime nei Territori occupati e cento afgani che scappano dal Pakistan, mille in Siria e chissà quanti nel resto del pianeta dove neanche le più ardite organizzazioni umanitarie mettono più piede.  Ci sono poi altri fatti che prima di diventare notizia devono essere scovati e denunciati da qualche perditempo che non si fa mai gli affari suoi. Gente che riesce a superare alti recinti, molti cancelli e tante sbarre. Lì troviamo rinchiusi oltre al delinquente abituale, qualche criminale, molti tossici che con immigrati sbandati e non pochi malati di mente non fanno una bella vita. Posti dove la tortura è consentita e tollerata finché un fuori onda non svela misfatti e indicibili sofferenze. Ma le prigioni sono tante e non tutte considerate tali nonostante siano disseminate dappertutto dando vita ai più efferati delitti. Cose da pazzi che ben conosce chi segue la “nera”. E’ la cronaca preferita dai seguitissimi talk show pomeridiani. Avete capito, stiamo introducendo nel ragionamento la patologia che più di altre viene oscurata, annullata e negata purché non se ne parli. Non si trova il coraggio di prenderla in esame neanche con il drammatico fenomeno dei femminicidi esploso in reazione, forse, alla recente rivoluzione femminile. Un’altra emergenza d’identità che ci impone di riconsiderare il concetto di essere umano basato sull’uguaglianza a partire dal rapporto tra uomo e donna. La malattia mentale da sempre negata anche a sinistra sembra ora trovare nuova considerazione tra i marxisti. Un’attenzione che fa ben sperare sul “prendersi cura”, un tratto certamente necessario ma non sufficiente a portare il ragionamento alla ricerca e quindi alla cura. Fondamentale. A questo punto dovrebbe essere un po’ più chiaro perché Fotosintesi.info, perché la pretesa/speranza di dare nuova linfa all’informazione introducendo nuovi parametri sulla notiziabilità per dar conto dei fatti. Noi ci siamo messi in gioco, ma senza il vostro sostegno non si va da nessuna parte anche perché, causa hackeraggi vari, veniamo oscurati dai principali motori di ricerca. E se non ci aiutate a condividere sui social i servizi più importanti, difficilmente riusciremo a raggiungere altre persone curiose e potenzialmente interessate al nostro progetto. Poi c’è il discorso più antipatico che riguarda i costi. Anche lì il vostro contributo è, direi, vitale. Ancor più importante, infine, sono le critiche e le idee per migliorare. Ecco, se ci alluvionate di lettere non ci ferma più nessuno. A noi “Gira così”,  come titola il bellissimo libro del professor Marcelo Enrique Conti che una fantastica sostenitrice, Silvia Luminati, presenta così:

Marcelo spazia nella Storia fra professione e vita privata, rendendo evidente che la Storia e le storie seguono un unico filo e si muovono in un unico scenario pure in movimento. E soprattutto, con la sua elegante calma e riservatezza, ribadisce che nessun atto di resistenza è inutile e che la vita diventa tale quando si supera l’odio – attraverso un grande lavoro su se stessi – separandosi da chi ti ha fatto violenza, senza nemmeno desiderare la vendetta, e si rinasce dando ad altri la possibilità di nascere attraverso la condivisione della conoscenza. Mi trova assolutamente concorde sul fatto che il capitalismo progressista non esista, sia un inganno totale, e che le donne siano la vera minaccia di questo sistema.
Grazie Marcelo 🌹❤️

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