Editoriale

Mi sia concesso di essere triste

Siamo una grande potenza. Tra le prime dieci del pianeta, si diceva un tempo. Una nazione (così si chiama da quando governa l’estrema destra) democratica. La civiltà da noi sgorga dalle fontanelle pubbliche. Nel Belpaese è vietato essere tristi. In piazza ti guardano con sospetto se non fai battute spiritose, figuriamoci se non ridi alle battute del comico in tv.
Se ti hanno mollato, se sei stufo di lavorare per due soldi, se non te ne può fregare di meno di far carriera, se non hai soldi per pagare le bollette devi ridere. Devi comunque essere contento. Se ti hanno diagnosticato le emorroidi devi ridere. Sorridi ragazzo, la vita è bella.
In questo mondo è vietato essere triste. Meglio assumere farmaci, bere alcolici, meglio drogarsi o diventare stupidi che ritirarsi in casa a mettere a posto i panni e i pensieri. Che brutta cosa vivere in una grande potenza dove non puoi essere triste ma puoi liberamente ammalarti, diventare un depresso grave e ammazzarti o uccidere, magari tuo figlio.
E’ quanto potrebbe essere successo questa mattina a Voghera, in provincia di Pavia, dove una mamma ha tolto la vita a suo figlio di un anno, strangolandolo. La donna di 45 anni, sola in casa quando ha compiuto il gesto, subito dopo ha chiamato i soccorsi, ma per il piccolo non c’è stato nulla da fare. Potrebbe, tagliano corto le agenzie stampa, aver agito in preda a un raptus.
La donna, in stato di fermo, si trova ora nel reparto di Psichiatria dell’ospedale San Matteo di Pavia, in attesa di essere interrogata dai magistrati. Un’altro paradosso.
Cosa potrebbe dire una persona così gravemente malata di utile al magistrato. Come potrebbe mai giustificare quell’omicidio, sempre che se ne renda conto. In nessun modo. Sarebbe invece utile sapere adesso se e come è stata curata la donna. E cosa deve ancora succedere di tremendo in questo Paese balordo affinché si possa sperare in una trasformazione culturale (anche e soprattutto a sinistra) che permette di essere di malumore, ma non consenta più di negare la malattia mentale.

Clicca qui per piccole donazioni




Condividi