Ci sono tanti tipi di viaggi quanti sono i viaggiatori. Ogni persona che affronta un viaggio prima di partire lo immagina, lo desidera, si crea delle aspettative. Il viaggio poi si svolge mediando ciò che si è organizzato con la realtà che il viaggiatore incontra una volta raggiunta la destinazione. Delle tante forme di viaggio che nel corso degli anni si sono presentate all’attenzione dei viaggiatori l’ultimo (o forse penultimo visto che proprio nelle scorse settimane abbiamo visto partire i primi turisti spaziali), è quello dei cosiddetti nomadi digitali. E’ un fenomeno legato ovviamente alle possibilità offerte dalle nuove tecnologie informatiche e, in qualche modo, anche dall’esperienza del Covid. Sempre più spesso vediamo sviluppare per scelta ciò che fu una coercizione al tempo della pandemia, il lavoro da remoto. I nomadi digitali hanno portato questa pratica verso confini più avanzati, o addirittura hanno cancellato del tutto i confini, per lo meno dal punto di vista dell’impegno lavorativo. Si sono create nel mondo piccole comunità, gruppi di co-workers, che rappresentano un punto di riferimento per tutti coloro che viaggiano senza rinunciare all’attività lavorativa. Sono, come è ovvio che sia, in collegamento tra loro attraverso piattaforme digitali o, più semplicemente, attraverso i canali social tradizionali.
Ho voluto approfittare del fatto che mia figlia Gaia sia uno di questi nuovi modelli di viaggiatore per seguirla in una tratta della sua esperienza e vedere qual è la realtà di queste comunità. Il viaggio, che durerà complessivamente tre mesi, è cominciato a New York il mese scorso e terminerà in Colombia dopo aver attraversato il Messico. E’ un viaggio che ha richiesto un’attenta organizzazione per essere certi che ogni tappa avesse le caratteristiche necessarie per poter abbinare lo svago al lavoro. A cominciare, ovviamente, da una buona connessione internet. Altri elementi sono la forma comunitaria dell’alloggio, la condizione cioè che ci sia un certo numero di nomadi digitali con i quali poter condividere esperienze, informazioni e compagnia. Fondamentale è, ovviamente, non sottovalutare il fattore sicurezza. Dopo minuziosi preparativi, una serie di prenotazioni di voli e alberghi arriva comunque il momento della partenza.
Le prime settimane a New York poi Città del Messico. Nella capitale messicana raggiungo mia figlia pronto a condividere una parte del suo viaggio e vedere, nel contempo, da vicino questo microcosmo globalizzato e trasversale di lavoratori. Città del Messico con i suoi oltre 8 milioni di abitanti ha una estensione enorme. A parte il centro cittadino tutti i quartieri periferici sono formati da case ad un solo piano ciò fa sì che la città si espanda sulle colline circostanti tanto che uno dei più utilizzati mezzi di trasporto pubblico è una rete di funivie che raggiungono i barrios più periferici. Il traffico caotico a tutte le ore ne è una inevitabile conseguenza.
All’interno dell’area urbana ci sono delle vere e proprie oasi, quartieri dove la vita scorre con ritmi più lenti, parchi fanno da attrazione per ogni sorta di attività ludica e sportiva, locali notturni sono frequentati da giovani di ogni parte del mondo. La gastronomia di Città del Messico è un riflesso della sua diversità culturale e storica. Vale la pena visitare mercati come il Mercado de la Merced e il Mercado de Coyoacán che offrono una vasta gamma di cibi locali, dai tacos al pastor ai quesadillas, dalle sopas ai tamales. Ma tutta la città sembra essere una cucina a cielo aperto tanto il cibo di strada è popolare, e lungo i marciapiedi si alternano bancarelle per lo street food senza soluzione di continuità.
L’atmosfera è resa ancor più’ elettrizzante dalla festa dell’indipendenza che si tiene il 15 di settembre. E’ in uno di questi quartieri, Roma norte (quando dici il destino) che si trova l’ostello che ci ospiterà: Once uppon a time, un nome da favola è dir poco. L’ambiente è accogliente e coloratissimo, nella sala comune tavolini dove poter lavorare, il bancone con la macchina del caffè americano sempre accesa. Le camere un po’ claustrofobiche sono sia doppie che con letti a castello. E’ il mio primo contatto con questo mondo e non è affatto negativo.
Le giornate si organizzano in base agli orari di lavoro. Chi deve stare collegato con un ufficio deve necessariamente sottostare alla scomodità del fuso orario. Tra il Messico e l’Italia ci sono otto ore di differenza che costringono a collegarsi dalle ore 1,00 alle 9,00 lasciando libero il resto della giornata per recuperare il sonno perduto e godersi la città. Meglio va a “gringos”, gli americani, che hanno poche o nulle differenze di orario.
Arriva il tempo di lasciare Città del Messico. La prossima tappa è Oaxaca che raggiungiamo con un breve volo interno. Anche qui ci accoglie una esplosione di colori nel bellissimo giardino dell’ostello Azul ciel. Anche qui le camere sono miste, tra private e dormitori. Gli ospiti che troviamo la mattina seguente vengono da diversi Paesi, ci sono due ragazze irlandesi, una coppia francese, un americano ed altri, tutti accomunati dallo stesso stile di vita, dallo stesso desiderio di vivere il mondo liberamente. Si fa colazione tutti insieme sull’unico tavolone, poi ognuno si dedica alle proprie attività. Mia figlia si unisce alla colazione in quella che è una pausa anche per i suoi colleghi di Berlino dopo che ha partecipato ad una riunione con loro dalle 4,00 ore locali.
Oaxaca è una scoperta, famosa per il suo centro storico ben conservato, che è stato dichiarato Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO. Le strade acciottolate e le piazze affascinanti sono fiancheggiate da edifici coloniali con facciate colorate e portali ornamentali. Anche qui continuano i festeggiamenti per la festa dell’indipendenza, bancarelle multicolori ovunque, adulti e ragazzi vestiti con abiti tradizionali e l’immancabile street food. La città ospita numerose chiese storiche, tra cui la Chiesa di Santo Domingo, un magnifico esempio di barocco messicano, e la Cattedrale di Oaxaca, con la sua facciata imponente e i suoi dettagli architettonici raffinati.
Le prossime mete saranno Puerto Escondido, Cancon e Tulum prima di lasciare il Messico e proseguire per la Colombia. Ma qui termina la prima tappa del nostro reportage, per il resto: chi vorrà saprà, dal prossimo articolo.