La strada che porta da Oaxaca verso la costa del Pacifico ci immerge in un paesaggio tipicamente tropicale. Siamo nel periodo delle piogge, nuvole minacciose coprono le cime delle montagne più alte. Intorno a noi una vegetazione rigogliosa e varia fa da cornice a questo trasferimento a Puerto Escondido, la nostra terza tappa.
Scendendo dalle montagne del massiccio centrale verso l’oceano il paesaggio cambia repentinamente, il sole squarcia le nuvole aprendo la vista alla costa del Pacifico. Puerto Escondido è un luogo molto particolare dove si incontrano persone delle più varie. Il tema del luogo è il surf, ogni cosa ricorda questo sport, dai cartelli pubblicitari alle insegne ai vecchi surf tenuti come dei totem nei giardini.
Siamo alloggiati in un ostello che in tutto ricorda quelli precedenti. Un ampio rigoglioso giardino dove insistono un edificio principale che deve aver visto tempi migliori e due strutture in legno sui lati del giardino. Laprima ospita una camerata con otto letti, l’altra una stanza protetta solo da una tenda e i servizi comuni. Anche in questa circostanza le persone ospitate provengono da vari Paesi.
I ragazzi e le ragazze che incontriamo provengono da Belgio, Russia, Olanda, Corea, Messico, una specie di ONU in miniatura. Ascoltando le loro esperienze si riscontra un tratto comune che è quello di sentirsi liberi, non vincolati a luoghi e persone. Si intuiscono legami familiari molto allentati, amicizie che si formano di volta in volta, incontri che diventano coppie con progetti che si uniscono. Anche qui c’è il filo conduttore dell’informatizzazione di qualsiasi forma di relazione sia essa lavorativa che personale.
Resta lo spirito giovane, scanzonato, la voglia di vivere fino in fondo la vita per cui frequenti sono le uscite per una serata insieme. Ognuno ha il suo ritmo di lavoro poi ci si ritrova e ci si scopre giovani prima che viaggiatori, uomini e donne della parte di mondo che può permettersi di dirsi globalizzato.
C’è un luogo che più di tutti sintetizza lo spirito di Puerto Escondido, quello che tutti chiamano la Punta. E’ l’angolo estremo sud est della lunga Playa Zicatela. Qui si susseguono negozi che offrono tutto ciò che serve per il surf dall’attrezzatura ai corsi, all’abbigliamento intervallati da pub e piccoli ristoranti. Inutile dire che qui regna sovrano lo spirito scanzonato del popolo del surf.
Il posto per surfare per i più bravi è nel tratto dove le potenti onde dell’oceano vanno ad infrangersi sulle rocce, qui si deve essere bravi a prendere l’onda sapendosi fermare prima che questa ti scaraventi sulle rocce. I meno pratici si accontentano delle onde che finiscono la loro energia frangendo sull’arenile, forse meno epico ma sicuramente più sicuro.
La laguna di Chacahua, più a nord, è per gli amanti della natura più selvaggia, fitte boscaglie di mangrovie formano finte isole che si alternano a isole vere ricoperte di vegetazione. Una piccola comunità di alcune decine di persone vive in questo paradiso, ci avviciniamo con la nostra lancia alla minuta banchina e una bambina ci mostra il suo piccolo coccodrillo che da lì a poche settimane sarà costretta a rilasciare in mare.
Si torna a Oaxaca per prendere il volo con destinazione Cancun. E’ solo una tappa verso la meta finale di questo viaggio messicano, Tulum. Cancun è una mal riuscita combinazione tra Las Vegas e Miami in un ambiente naturalistico di grande bellezza. I tre giorni di soggiorno sono giustificati da escursioni a Chichén Itzá e Valladolid, entrambe tappe imperdibili nella penisola dello Yucatan. Ma la nostra meta finale è Tulum.
Qui incontriamo una vera e propria comunità composta da due categorie diverse di viaggiatori. La prima categoria è quella sulla quale ci siamo concentrati in questo viaggio, i nomadi digitali, la seconda è quella che si muove di Paese in Paese proponendosi alla pari. C’è un sito, ca va sans dire, che mette in contatto strutture ricettive di tipo ostelli con viaggiatori che vogliono risparmiare sull’alloggio proponendo in cambio ore di lavoro. L’indirizzo web è www.workaway.info.
Le due tipologie di viaggiatori si integrano perfettamente nonostante le differenze di orari e di tipologia di impegno, un momento per condividere storie tempo libero e voglia di divertirsi c’è sempre. Succede così che all’arrivo di un’italiana si mettano tutti, ma proprio tutti, a fare gli gnocchi di patate.
E’ la fine del viaggio, almeno per me, mia figlia continuerà la sua avventura. Ho incontrato tanti giovani, persone con uno spirito libero e una mente aperta alle novità e alle opportunità che da queste derivano. E’ ciò che ci si sarebbe aspettati all’uscita dalla pandemia, un mondo capace di trarre da questa tragica esperienza una lezione capace di cambiare il punto di vista sulla vita e sulla società, in grado di trasformare il mondo del lavoro rendendolo più funzionale alla qualità della vita e non il contrario. E invece, dopo qualche modesto cambiamento, stiamo tornando indietro, le aziende stanno restringendo, almeno in Italia, la concessione del lavoro da remoto, il lavoro rimane centrale nella scala dei valori, il profitto continua ad essere la divinità alla quale far riferimento. Rimane l’esempio di questi ragazzi e ragazze che, ostinatamente, continuano ad andare controcorrente come dei caparbi salmoni mentre il resto dell’umanità scorre tumultuosamente verso la pace di un mare che spesso, troppo spesso, non raggiungerà mai.
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