Editoriale

A forza di spararle grosse qualcuno ci farà male

Finora ce la siamo cavata. Vuoi per una politica estera, diciamo, oculata (certamente non quella della Meloni e Tajani magnificata dall’ottimo Giannini di Repubblica), vuoi perché non abbiamo il vizio di bruciare libri a favore di telecamera, vuoi per merito dei “Servizi” nazionali, vuoi per altro, comunque sia, non abbiamo subito finora attacchi terroristici brutali. Qualche svastica sui muri e un paio di pietre d’inciampo, preziose per la memoria, scavate dicono solo che non pochi imbecilli hanno cittadinanza italiana. Null’altro. 

Finora dunque ce la siamo cavata. E ce la potremmo scampare anche in futuro se mettiamo a tacere il brillante senatore d’Italia Maurizio Gasparri e l’intero partito di Salvini che istigano quotidianamente all’odio.  Ma di questi, si spera, se ne occuperanno le piazze “non violente” che, non dimentichiamo, rappresentano la maggioranza del Paese, nonostante il Parlamento sia occupato da inetti e neofascisti. Noi occupiamoci invece di negazionisti, nella fattispecie della  Carta di Roma, il codice deontologico per i giornalisti italiani, dedicato all’informazione su richiedenti asilo, rifugiati, vittime della tratta e migranti. 

Il documento, ricordiamolo, nasce da un’iniziativa dell’UNHCR, Agenzia Onu per i Rifugiati, dopo la strage di Erba, nel gennaio 2007: una lettera ai direttori delle maggiori testate giornalistiche italiane, per sottolineare come il drammatico evento fosse stato reso ancora più grave da ciò che ne era seguito a livello mediatico. Ma di quell’irresistibile voglia di distruggere gli altri se ne è già occupato, su Fotosintesi, Giovanni Savino in un bellissimo editoriale che, se non l’avete già fatto, consiglio di leggere. E nulla posso aggiungere alla sua efficace analisi sugli odiatori che, dividendosi in curve opposte, impediscono un sano processo di pacificazione che può partire solo dalle parole e dalle idee.

Parole che quando vengono invece sparate a effetto fanno un gran male: “Un terrorista tra di noi, Urla ‘Allah Akbar’ con il coltello in mano, Donna fatta a pezzi: fermati due albanesi, tre marocchini, dodici roccaseccani”.  Non devo stare qui a spiegare come sia facile, e criminale, organizzare attraverso un titolo e un articolo con notizie falsi, o servizio televisivo banalmente fazioso, una campagna  mediatica per criminalizzazione tutta l’immigrazione o un’intera popolazione. E qui venendo ai servizi di copertura del conflitto in Medioriente faccio mie le domande che si pone Selvaggia Lucarelli su X: Quale il senso di dar conto di dettagli macabri? A che serve? Quello che ha fatto Hamas è atroce. Quello che sta facendo il governo israeliano è atroce. Una bomba non uccide meglio di un terrorista.  Non c’è più compassione nel bombardare sganciando ordigni da un aereo che nell’ammazzare con un fucile. Non è meglio un bambino spappolato che uno stupro. Capisco che si voglia disumanizzare il nemico per giustificare la vendetta, ma non facciamo classifiche dell’orrore perché perdono tutti.

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